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Economia
Ex Ilva, il piano del governo. Più lavoro e produzione. Si tratta con Mittal

Una nuova Ilva. Questo il piano a cui lavora il governo. Se il ministro Stefano Patuanelli lo ha anticipato, il premier Giuseppe Conte lo ha di fatto confermato. "Lo respingiamo", ha detto a proposito del nuovo piano presentato da Arcelor Mittal fatto di tagli e di ben 4700 esuberi. "Mi sembra molto simile a quello originario". Poi ha aggiunto: "Lavoreremo agli obiettivi che ci siamo prefissati col signor Mittal e che il signor Mittal si è impegnato personalmente con me a raggiungere, e ci riusciremo".

L’attesa quindi è ora per la contro-proposta del governo, che, come scrive Repubblica, prevede un iniziale, automatico ritorno all’amministrazione straordinaria Ilva (si ipotizza la nomina a commissario unico di Francesco Caio, il consulente dell’esecutivo nella trattativa) e il coinvolgimento di società pubbliche (Invitalia e Snam in primis) nella transizione tecnologica della fabbrica e nella realizzazione, al di fuori dello stabilimento, del “cantiere Taranto” promesso dall’esecutivo.

Il cuore del progetto è la riconversione dell’impianto pugliese ad un mix di produzione sostenibile: mantenimento dell’altoforno 4, riattivazione del 5 e sostituzione del 2 (quello sotto i fari della magistratura, ma ormai anche al termine della sua “vita fisiologica”) con un forno elettrico. Dunque una produzione “ibrida” che garantirebbe, da un lato, un minor impatto ambientale e, dall’altro, di non rinunciare all’acciaio di qualità garantito esclusivamente dal ciclo integrale. In questo senso, nel piano c’è l’utilizzo del “preridotto” (minerale trattato con l’idrogeno) per alimentare il forno elettrico, così da alzare il livello qualitativo anche di quell’acciaio, altrimenti impossibile con il classico impiego del rottame. In più il mix consentirebbe risparmi di costi produttivi e energetici, perché il preridotto è utilizzabile pure nell’altoforno (fino a quasi il 20%), e viceversa la ghisa dell’altoforno in quello elettrico (fino al 25%). E perché quest’ultimo, a differenza del ciclo integrale, in caso di crisi della domanda di acciaio può essere spento, vendendo magari il preridotto in eccedenza ad altre aziende siderurgiche italiane.

Da questa impostazione tecnologica, come spiega ancora Repubblica, derivano poi i numeri del piano governativo: un obiettivo di circa 8 tonnellate di acciaio annue e il mantenimento dell’attuale forza lavoro, o un massimo di 1.000 esuberi complessivi fra Taranto e gli altri siti del gruppo. Anche il piano aggiornato di ArcelorMittal gira intorno al mix tra due altiforni e un forno elettrico, conn una produzione di 6 milioni di tonnellate annue e un totale 4700 esuberi prevalentemente a Taranto.

Se si considera che il governo si è già detto disponibile a sostanziosi ammortizzatori sociali, come filosofia produttiva i due piani non si discostano più di tanto. La traccia, forse, di un possibile compromesso. 

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