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Economia
Ex Ilva, mercato e Moody's a gamba tesa: ArcelorMittal via subito da Taranto

Non ci voleva. Non sono il mercato, ma anche le agenzie di rating. Mentre il Governo attende la risposta dei Mittal dopo il vertice di mercoledì al termine del quale il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha dato 48 ore al colosso dell’acciaio franco-indiano per una retromarcia sul recesso dal contratto di affitto di ramo d'azienda, Moody’s, la seconda delle tre sorelle del rating che stila la classifica del merito di credito seguita da tutti gli investitori mondiali, entra a gamba tesa nella drammatica vicenda dell’ex Ilva. Gruppo finito in amministrazione commissariale e preso in gestione da ArcelorMittal e di cui gli indiani ora vogliono disfarsi. In sostanza, per gli analisti dell’agenzia a stelle e strisce Lakshmi e Aditya  Mittal prima lo fanno e meglio è.

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Il presidente e Ceo di ArcelorMittal Lakshmi Mittal

"Stiamo cambiando le prospettive sulle valutazioni di ArcelorMittal in negativo, riflettendo il forte calo degli utili del gruppo registrato quest'anno nel contesto della lenta domanda del mercato finale", ha affermato Goetz Grossmann, infatti, analista principale di Moody's per ArcelorMittal in occasione della conferma del rating Baa3 all'azienda associato però a un taglio dell'outlook (prospettive), rivisto da stabile a negativo

"In particolare - ha aggiunto l’esperto - se la debolezza del mercato dovesse persistere più a lungo del previsto o addirittura peggiorare durante il 2020" ci sarebbe "una pressione negativa sul rating”, ha aggiunto.
 

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E poi il passaggio che ha fatto tremare i polsi non solo a Taranto, ma anche fra i partiti della maggioranza di governo che stanno cercando di scongiurare l'espolosione della bomba sociale (fra dipendenti diretti e indotto rischiano il posto oltre 20 mila lavoratori, oltre uno stop del Pil dello 0,2%). "Allo stesso modo - ha spiegato Grossmann - l’incapacità di eseguire il ritiro e la risoluzione proposti del contratto di locazione e successivo acquisto di Ilva (annunciato il 4 novembre 2019) in modo agevole e tempestivo aggiungerebbe ulteriore pressione di downgrade".

Una sforbiciata al rating del leader mondiale dell'acciaio significherebbe maggiori oneri sul debito che in seconda battuta, a condizioni costanti e cioè senza risoluzione della crisi dei dazi Usa-Cina che ha rallentato vistosamente la corsa dell'economia globale e conseguentemente la domanda di materie prime, impatterebbero sull'ultima riga del bilancio attraverso minori utili. Profitti già in picchiata quest'anno. 

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Avvalorando la tesi del Governo giallorosso secondo cui le reali motivazioni dell'addio a Taranto sono puramente economico, ArcelorMittal ha perso oltre mezzo miliardo in tre mesi (perdita di 486,52 milioni euro) e ha visto il risultato operativo crollare da 5,5 miliardi di dollari a 908 milioni (-83%), con una produzione di acciaio calata, nonostate l'aumento del perimetro aziendale e della capacità produttiva, da 22,8 a 20,2 milioni di tonnellate e un fatturato sceso del 4,5% rispetto al 2018 da 57,7 a 55,1 miliardi di dollari. Risultati annunciati al mercato ieri e che in Borsa non hanno pesato sul titolo dove ArcelorMittal ha sorprendentemente guadagnato quasi il 7%. Il motivo? E qui il secondo fatto che ha gettato allarme fra i ministri M5S-Pd. 

Secondo qualche analista finanziario, infatti, non è stata solo la tregua commerciale fra Stati Uniti e Cina a lasciar sperare in una ripresa del mercato dell'acciaio o che i risultati negativi fossero ampiamente anticipati (e anzi migliori del consensus) a sostenere i rialzi del prezzo delle azioni, ma anche la fermezza con cui il management del colosso franco-indiano ha ribadito la volontà di recedere dal contratto stipulato solo un anno fa per mettere le mani sull'ex-Ilva. Un affare a lungo inseguito da Lakshmi Mittal, ora diventato un problema, almeno nel breve termine e di cui liberarsi il prima possibile. 

twitter11@andreadeugeni

 

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