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Economia
Exor, le scommesse vinte da Partner Re. Gioie per Yaki anche dalla Juve

Giornata da dimenticare per il titolo Exor che in borsa perde oltre il 3%, contro lo 0,75% ceduto dal Ftse Mib (per il rapido deteriorarsi dei rapporti tra Usa e Russia a seguito della minaccia di Donald Trump di lanciare un attacco missilistico contro la Siria). Eppure proprio oggi la holding guidata da John Elkann aveva pubblicato dati 2017 più che lusinghieri, con utile netto di competenza di 1,39 miliardi di euro, più che doppio rispetto ai 588,6 milioni segnati nel 2016 e un patrimonio netto (Nav) salito di quasi il 57% a 22,972 miliardi di dollari dai 14,642 di fine 2016.

john elkann ape
 

Numeri che non hanno indotto il Cda a modificare il dividendo, rimasto stabile a 35 centesimi per azione (con un “dividend yield” striminzito dello 0,6%) anche se sembrano essere piaciuti agli analisti, con Ubs che ha alzato da “hold” (mantenere) a “buy” (acquistare) il giudizio sul titolo, elevando al tempo stesso il target price da 56 a 73 euro per azione (stasera il titolo ha chiuso a poco più di 58 euro, dopo un massimo intraday poco sopra i 60 euro).

Lo scarso entusiasmo, per usare un eufemismo, con cui il mercato ha accolto i numeri dell’esercizio da poco concluso di Exor ha accentuato lo sconto a cui il titolo tratta rispetto al suo patrimonio netto: un tema che lo stesso John Elkann nella sua annuale lettera agli azionisti ha affrontato, notando come vi siano due possibili spiegazioni in merito: si ritiene che le holding diano un vantaggio più che proporzionale ai loro azionisti di controllo e che vi sia una minore trasparenza e maggiori costi rispetto all’alternativa di quotare (e poter investire) direttamente le società controllate.

Sergio marchionne fca
 

Eppure, nota Elkann, negli ultimi 20 anni investire in titoli di holding diversificate (ossia gestite attivamente come Exor) ha consentito di ottenere un rendimento complessivo medio annuo del 13,8%, nettamente superiore al ritorno medio dell’indice Msci World nello stesso periodo (+6,5% all’anno). Così, investire in titoli Exor significa investire “a sconto” anche nelle sue controllate, quasi come investire “gratuitamente” in Partner Re (riassicuratore di cui il gruppo è socio al 100%).

Ma cosa ha pagato di più e cosa meno nel “business model” di Exor, che anche nel 2017 ha registrato in significativo incremento del valore dei propri investimenti (+50,1% a 26,55 miliardi di euro, dopo il +60,2% già segnato l’anno precedente) ed un decremento dei valori riferiti agli investimenti puramente finanziari (-99% a soli 4 milioni dopo il -39,5% del 2016) e della liquidità (-40,9% a 127 milioni, dopo il -95,1% del 2016)? Sicuramente è andata bene Fiat Chrysler Automobiles (controllata al 29,18%, ma col 42,34% dei diritti di voto), che pur vendendo 4,7 milioni di veicoli per un fatturato di circa 111 miliardi di euro, in linea con l’anno precedente, ha visto la redditività aumentare del 50% a 3,8 miliardi e il suo indebitamento industriale ridursi da 4,6 a 2,4 miliardi, dopo la decisione di uscire dal segmento delle berline in America per concentrarsi sui Suv e puntare sul rilancio di Maserati (le cui vendite sono salite del 20% circa e la cui redditività è aumentata del 65%) e Alfa Romeo (le cui nuove vetture, Giulia e Stelvio, hanno avuto una buona accoglienza) e sull’ulteriore rafforzamento del marchio Jeep (che ora rappresenta il 90% circa delle vendite del gruppo in Asia ed è il Suv più venduto in Brasile). Gli obiettivi 2018 fissati quattro anni fa dal piano industriale “sembravano irraggiungibili ma, avvicinandoci, sembrano sempre più fattibili”.

(Segue...)

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exorjohn elkannlettera agli azionisti exor





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