Economia
Fca, ancora la politica indigesta. Quando il Palazzo frena il business

Il naufragio del mega-merger dell'auto Fca-Renault-Nissan
Niente da fare. Ancora una volta la politica si mette di traverso alle strategie di business della famiglia Agnelli. Peccato che questa volta non sia stata quella italiana, che fino a qualche anno fa si opponeva alle varie chiusure degli stabilimento come Termini Imerese e alle richieste di cassa integrazione, non perdendo l'occasione per manifestare i timori su un carsico disimpegno della famiglia torinese in Italia. Questa volta è stata la politica d'Oltralpe, che in Renault è azionista con il 15%, a frenare.
I vari Emmanuel Macron, Bruno Le Maire e l'ombra nera di Marine Le Pen che ha appena superato l'ex enfant prodige di En Marche nel gradimento dei francesi. Quella politica transalpina che, nonostante il Dna da Les Italiennes, solo qualche mese prima dell'annuncio della proposta di fusione da parte di Fca aveva acceso il disco verde alle nozze con il gruppo italo-americano. Conveniva e conviene a Renault in crisi di sviluppo e che rischia di diventare preda nel consolidamento del settore auto.
Alzato il velo sull'operazione, Oltralpe si è scatenato il putiferio. Prima le rassicurazioni sul mantenimento della capacità produttiva e degli occupati, poi la richiesta della sede operativa in Francia, poi ancora la pretesa della poltrona per un rappresentante governativo nel nuovo Cda che sarebbe dovuto essere paritetico e, infine, la paura di Parigi di perdere l'alleanza con i giapponesi di Nissan. Veri convitati di pietra della fusione che avrebbe dato vita, con Tokyo, al primo gruppo mondiale delle quattroruote.

La doppia fumata nera del board della casa francese guidata da Jean-Dominique Senard, che fino a qualche giorno fa era stato il grande compagno di questa nuova avventura dell'auto per John Elkann, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Le nozze non si celebreranno "a qualsiasi condizione", aveva avvertito ieri il ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire, lasciando presagire che qualcosa non stava funzionando. Peccato che solo qualche settimana fa, nelle quattro stanze dei ministeri di Parigi, le parole di Le Maire nei confronti del presidente di Fca fossero state di altro tenore.
Meglio non rischiare avranno pensato in Fca. I potenziali stalli in Renault dettati da un azionista scomodo come lo Stato francese (soprattutto se nella prossima tornata elettorale a Palazzo Matignon arriverà la leader iper-sovranista di Rassemblement National) avrebbero rischiato di innescare "dinamiche nipponiche" (a Tokyo hanno sempre frenato sulla maggiore integrazione fra i due alleati) per il gruppo italo-americano. Gli scherzi del destino.
Intanto la Borsa, che non mente, ha espresso il proprio giudizio: il titolo Renault crolla (-7%) sul Cac 40 (Fca a Piazza Affari ha tenuto), a testimonianza che il naufragio fa più male a Parigi.
@andreadeugeni