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Economia
Fca e il metalmeccanico dei numeri: i magnifici 14 anni di Marchionne

A vederla in successione fotografica la pantomima messa in atto da “Long” John Elkann faceva quasi tenerezza. Il lungagione giovin Presidente di Exor che si sfila la cravatta (la cravatta!) e la passa a un Sergio Marchionne più spettinato del solito e insolitamente sorridente. Il motivo lo sanno anche i piccini delle elementari: il mostruoso debito accumulato da FCA si è sciolto come neve al sole della calda Primavera; l’azienda che pareva più fallita di un piano quinquennale sovietico è risanata e pronta ad affrontare nuove meravigliose avventure. (Resterebbe da chiedersi come Sergio il Magnifico riesca a sopravvivere indossando con questi caldi i suoi maglioncini d’ordinanza, ma questa è un’altra storia). Inutile nascondere ai miei amici lettori che guardando le cifre del prima e del dopo, ho sognato un altro tandem di governo, altri due vice-premier: pensate a cosa potrebbe combinare il duo Cottarelli-Marchionne alla guida dell’Italia.

Perché sarà questa principalmente l’immagine ricordo che lascerà Marchionne, non di grande inventore, industriale o designer, ma come l’ingegnere finanziario che con pochi modelli e grande abilità sui mercati è riuscito a fare miracoli, il metalmeccanico dei numeri che ha riparato il bilancio, l’uomo che veramente ha cavato sangue dalle rape, lo chef che con pochi ingredienti a disposizione non solo è riuscito a creare un piatto da gran gourment, ma a soddisfare il palato e la pancia di tutti i commensali, indistintamente: azionisti, obbligazionisti, dirigenti, dipendenti, operai e persino i creditori.

La storia comincia il 1 giugno 2004 quando a Marchionne viene data la carica di amministratore delegato di quella che ancora si chiamava “solo” Fiat, un insediamento che viene accompagnato da una dichiarazione chiara, netta e senza fronzoli, che poi sarà il tratto distintivo del personaggio: “il piano di rilancio della Fiat è confermato. E’ un piano approfondito e che abbiamo tutta l’intenzione di completare. L’importante è cominciare a lavorare, cominceremo e lavoreremo bene. Fiat tornerà a essere quella che è stata”.  A distanza di 14 anni possiamo dire che forse è quest’ultima l’unica promessa di quell’annuncio che non è stata mantenuta, per difetto però, perché oggi Fiat sebbene non sia più un’azienda italiana, è ancor più luminosa di quella che fu nel suo massimo splendore. FCA oggi è un impero diramato in ogni angolo della terra, una vera multinazionale.

La determinazione è la stessa, cambiano gli interpreti, allora c’era Montezemolo presidente (“di supporto” si definì lui) e alla proprietà c’era la saggezza e la lungimiranza di Umberto Agnelli, dei grandi protagonisti oggi è rimasto solo Marchionne.

Dimenticavo, alla vice presidenza c’era anche un giovane rampante, John Elkann a cui Marchionne affida subito grande responsabilità, come il ruolo chiave di collegamento tra la proprietà ed il gruppo.

Marchionne alla borsa piace, è sempre piaciuto, dando fiducia fin dal primo giorno, tanto da festeggiare le sue prime parole con un rialzo di quasi il 5%. Quanto quotava conta poco, perché il titolo negli anni ha subito maquillage di prezzo non facili da riscostruire con precisione e che al lettore, come all’azionista interessano poco, quello che conta è il rendimento costruito in tutto il suo regno. Marchionne piace alla borsa, un sentimento restituito perché con il mercato il “metalmeccanico dei numeri” costruisce un rapporto quasi di collaborazione e reciproco rispetto.

E di coraggio, con i fatti. Me li ricordo ancora i primi momenti, quando la maggior parte degli osservatori, sia che fossero dei media, come l’uomo della strada, si chiedevano chi fosse questo sconosciuto personaggio con il maglione che proveniva da chissà dove. Il mercato lo conosceva bene, conosceva i risultati conseguiti nel gruppo Lonza e in SGS, da quell’uomo che fin da giovane aveva accumulato l’esperienza di commercialista esperto nell’area fiscale alla Deloitte Touche. Coraggioso con il mercato, perché dopo l’accoglienza di festa nei primi giorni di dirigenza nell’estate del 2004, il titolo Fiat cambia rotta riprendendo la china discendente verso nuovi minimi, ed è in quei momenti difficili che Marchionne estrae il portafoglio e fa il gesto che ogni grande imprenditore deve mettere in atto nei momenti difficili per infondere fiducia: credere nella sua azienda, un gesto che finanziariamente si traduce in un acquisto massiccio di azioni e premi sotto forma di stock option. Un gesto che nel corso dei tempi lo premierà con una rivalutazione smisurata, calcolato in uno stipendio di 150 mila euro al giorno e un patrimonio di almeno 800 milioni solo in azioni Fca, Ferrari e Cnh, che incasserà una volta pensionato. Tutto meritato.

Il resto è una storia che abbiamo raccontato più volte, una cavalcata trionfale che ha attraversato anche momenti difficili, uno su tutti la crisi finanziaria del 2007/2008, ma che ha sempre mantenuto la barra dritta verso l’obiettivo finale: l’azzeramento del debito, e il ritorno del marchio ai grandi fasti d’un tempo.

Una cavalcata vissuta anche in borsa, dove il titolo è stato sempre protagonista di grandi strappi repentini verso l’alto, brusche flessioni, ma che in un lasso di medio termine come può essere definito un arco temporale di 14 anni ha visto una rivalutazione di ricchezza di cui nemmeno Creso sarebbe stato capace.

I detrattori, gli eterni insoddisfatti, imputano a Marchionne uno scarsa elargizione di dividendi. Statisticamente è vero, prima della crisi 2007/2008 furono molto pochi, così anche dopo, visto che l’ultimo stacco di cedola risale al 2011, ma è un’inezia se confrontato con la rivalutazione del capitale investito nell’azione e nell’abbondanza dei “regali” ricevuti in tutti questi anni che mi hanno spontaneamente portato a definire Marchionne come il “Babbo Natale della Borsa Valori”. La fusione tra Fiat e Chrysler, lo scorporo tra Fiat Auto e Fiat Industrial (poi evoluta in CNH), le azioni Ferrari e quelle Rcs e una crescita del titolo in borsa che solo nell’ultimo periodo si può contabilizzare con un quasi 400% di rialzo in pochi anni. Il titolo nel 2012 viaggiava sotto i 4 €, venerdì ha chiuso sopra i 18€, a cui vanno aggiunti tutti gli omaggi. Non male questo Marchionne vero?

Venerdì 1 giugno, 14 anni dopo, nel giorno della celebrazione con il rito della cravatta, a Piazza Affari è andato in onda il più classico dei film di borsa di casa Fiat (da nostalgico a me piace ancora chiamarla così), e cioè la flessione del titolo sull’annuncio di grandi risultati. Qualcuno ha subito estratto il bignami finanziario adducendo la classica spiegazione: abbiamo comprato sulle voci, ora vendiamo sulla notizia. In effetti, osservando l’andamento del titolo, anche storico, si nota che il copione è sempre lo stesso, Fiat sale e molto prima degli eventi, e poi nel giorno in cui si verificano, scrosciano le vendite, momenti in cui di solito i pavidi scappano, costretti poi a rientrare nelle settimane successive, quando il titolo già in ripresa sfonda nuovi massimi. Poeticamente, potremmo dedurre che il titolo Fiat soffre della sindrome da sabato del villaggio leopardiano, il giorno prima della festa è più importante della festa stessa. Ma già dal lunedì successivo si torna a lavorare per la festa successiva, cioè verso nuovi massimi ancora.

La prossima meta? Nuovi investimenti, l’auto elettrica, il dividendo, ma su tutto, anche se nessuno ha pensato di ricordarlo, il grande matrimonio con un altro marchio internazionale, che consacrerà questo percorso. E che probabilmente farà esplodere verso lo spazio il pacco di stock option del “metalmeccanico dei numeri”. Ripeto, tutto meritato.

Il giorno dell’insediamento Montezemolo dichiarò “abbiamo fiducia nel presente e soprattutto nel futuro di Fiat. Mi spiace per la partenza di Morchio, anche se non ho capito”. Gli inglesi le chiamano sliding doors, c’è chi esce e chi entra e le fortune saranno diverse. Quel giorno il titolo Fiat che abbracciava Marchionne salì prepotentemente, mentre il titolo SGS che lo vedeva uscire crollò del 7%.

L’accoglienza come simbolo di un’epoca. Avete capito come funziona il gioco? Avete in mano le regole, ora non resta che capire quale altro bilancio vorrà riparare il “metalmeccanico dei numeri”.

@paninoelistino

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