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Economia
Fca-Psa,l'economista Berta ad Affaritaliani: "Tagli occupazionali inevitabili"

La fusione fra Fca e Peugeot proietterà il gruppo italo-americano ai vertici dell'industria automobilistica mondiale ma porterà in dote tagli occupazionali. Ne è convinto l'economista Giuseppe Berta (nella prima foto sotto), storico dell'industria all'Università Bocconi e grande esperto di Fca che, intervistato da Affaritaliani.it, commenta le trattative in corso fra il gruppo controllato dagli Agnelli e la casa automobilistica francese. “Bisognerà mettere mano a una razionalizzazione dell’attività produttiva. Fra Fca, Psa e Opel, c’è una grande concentrazione della produzione in Europa", dice infatti l'esperto.

L'INTERVISTA

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Come valuta il progetto di fusione fra Fca e Peugeot-Citroen-Opel?
"L'operazione mi convince molto di più rispetto a quella che era stata avviata con Renault. Nozze difficili da effettuare perché il rapporto era nato con una grande zona d’ombra che era il rapporto di Renault con Nissan. Sembrava che il management della casa della Losanga volesse a un certo punto saltare il  passaggio del necessario chiarimento con il partner giapponese. Si trattava di una partnership che, come dimostrava la vicenda di Carlos Ghosn, era in crisi da tempo. Non si poteva quindi pensare di non chiarire preliminarmente la relazione con l’alleato prima di convolare a nozze. Quello fra Fca e Renault sarebbe stato un matrimonio che, per dirla con una battuta, iniziava viziato perché implicava un ménage a trois".

Mentre con Psa, la base di partenza per il merger è migliore?
"Sì, il valore aggiunto è che il gruppo francese è guidato da un manager eccellente come Carlos Tavares, un autentico fuoriclasse dell'industria delle quattroruote che ha dimostrato con i fatti di essere un gestore di prim'ordine. Ha condotto infatti benissimo l'operazione di fusione con Opel-Vauxall e ha realizzato margini doppi rispetto a quelli di Fca.  Risultati che si rispecchiano in una capitalizzazione di Borsa dei francesi più elevata. Tavares ha dimostrato di saper guidare il gruppo con una certa sicurezza. Tutti questi elementi mi fanno ritenere che, se i Cda accenderanno il disco verde sull'operazione, si arriverà a una fusione con delle basi più solide rispetto a quelle che c'erano con Renault". 

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Cosa guadagna Peugeot dal deal?
“I marchi Jeep e Ram e la presenza internazionale sul grande mercato americano”.

Ed Fca?
“La capacità realizzare sinergie nell’affrontare le costose sfide dell’elettrico, qualche razionalizzazione e il rilancio di brand come Alfa, in grande difficoltà e Maserati se il nuovo gruppo decidesse d'investirvi”.

Ed Exor?
“Il ruolo di un azionista di rilievo in un grande gruppo internazionale dell’industria automobilistica”. 

Secondo le indiscrezioni sulla governance, il ruolo di Ceo andrà a Tavares e quello di presidente a John Elkann. Sembra quindi che gli Agnelli proseguano nel loro impegno nell’auto…
“Sì, ma in un contesto più diluito e a fianco di altri soggetti. Non c’è un disimpegno della famiglia, come invece ha ritenuto qualcuno in passato. Anzi, gli Agnelli sono protagonisti di un’operazione che, anche se li porterà a perdere il ruolo di controllo che hanno in Fiat-Chrysler, assumeranno comunque un ruolo peso in uno dei primi gruppi mondiali”. 

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Il guadagno per Fca ed Exor c'è. Ma per il sistema Italia?
“Bisognerà mettere mano a una razionalizzazione dell’attività produttiva. Fra Fca, Psa e Opel, c’è una grande concentrazione della produzione in Europa. In più, il gruppo italo-americano ha appena avviato l’elettrificazione di alcuni modelli come  la 500 a Mirafiori, mentre Psa ha annunciato che presenterà sette modelli elettrici all’inizio del 2020".

E quindi?
"I francesi sono molto più avanti nell’utilizzo delle piattaforme elettriche. Mi chiedo, dunque, che fine faranno le nostre lavorazioni e la nostra struttura produttiva, già sottoutilizzata?”.

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Secondo le indiscrezioni che sono rimbalzate da Oltralpe la dirigenza di Psa ha già rassicurato i sindacati su eventuali tagli alla forza lavoro, spiegando che non ci saranno riduzioni di personale in Francia. Quindi, i tagli saranno concentrati in Italia?
“Quando si fanno delle operazioni del genere in un’epoca di transizione tecnologica come quella che stiamo attraversando, gli annunci e le rassicurazioni valgono poco. Nella creazione di un nuovo modello, le razionalizzazioni sono fisiologiche. Dipende da come procederà la transizione verso l’elettrico, ma è impensabile che si mantengano intatte tutte le strutture esistenti”.

Con Renault, è stata la politica a mettersi di traverso e a far naufragare la fusione. C’è questo rischio anche ora?
“No, primo perché si impara anche dalle lezioni del passato. Secondo, perché in Psa la presenza dello Stato è stata ed è più congiunturale che strategica di lungo periodo, come lo è invece in Renault. Ci sono maggiori probabilità per Fca che stavolta l’operazione di M&A vada a buon fine”.

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Nel capitale di Psa ci sono anche i cinesi di Dongfeng: vista la guerra commerciale con Pechino, il presidente Usa Donald Trump può mettersi di traverso a un deal che prevede l’ingresso del socio orientale in un gruppo italo-americano per cui il mercato statunitense è trainante?
“Dongfeng non è mai intervenuto nella gestione di Psa, Pechino ha sempre portato a casa i risultati economici  acquisiti e non è escluso che possa ridimensionare la sua presenza. Trump è imprevedibile, ma se il gruppo Fca manterrà un ruolo primario nel nuovo aggregato, non credo che la Casa Bianca si opporrà al deal”. 

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Quest’anno, le difficoltà dell’industria automobilistica tedesca, che hanno fatto venir meno il traino della domanda teutonica per tutto il settore dell’automotive in Italia, indotto compreso, si sono aggiunte al rallentamento delle vendite di Fca. Tanto che al Ministero dello Sviluppo economico gli attori economici dell'industria delle quattroruote hanno aperto un tavolo di crisi permanente sul settore. Una fusione Fca-Psa rappresenterebbe una buona notizia per il comparto, visto che darebbe vita al quarto gruppo automobilistico mondiale, con 8,7 milioni di auto prodotte…
“Non c’è dubbio. Purtroppo però in Italia abbiamo un limite storico che è quello che le istituzioni arrivano sempre con grande ritardo sulle trasformazioni della realtà. Intervengono quando i giochi sono già chiusi o stanno per chiudersi”. 

twitter11@andreadeugeni

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