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Economia
Fed alza i tassi e il dollaro cala: soffrono i bond di Fca Bank e Luxottica

La decisione di ieri sera della Federal Reserve di alzare di un quarto di punto i tassi di interesse (al 2,25%-2,50%), ma anche di ipotizzare solo due ulteriori rialzi nel 2019 e non tre (ma alcuni analisti non escludevano potessero essere quattro) come finora scontava il mercato, non piace alle borse dove tornano a prevalere ovunque prese di profitto che sembrano mettere a rischio anzitempo il rally pre-natalizio.

Per gli investitori, infatti, il bicchiere rischia di essere mezzo vuoto sia che la Fed faccia bene a rialzare i tassi in vista di una ripresa dell’inflazione, perché la pressione politica è sempre più alta e la banca centrale Usa rischia di muoversi tardivamente e “inseguire la curva”, sia che faccia male a insistere perché ormai la crescita è destinata a rallentare (la stessa Fed vede il Pil americano salire del 2,3% il prossimo anno, contro precedenti previsioni di +2,5%) e il rischio è che un rialzo, tardivo, dei tassi finisca col mandare in recessione il principale motore di crescita del mondo.

Tanto più che anche in Gran Bretagna la Bank of England potrebbe trovasi di fronte a dilemmi analoghi (mantenere i tassi stabili in vista di turbolenze legate alla Brexit o alzarli data l’accelerazione già evidente dell’inflazione?), mentre la Banca centrale europea ha già staccato la spina al suo quantitative easing, a fine anno, e l’anno prossimo, forse in autunno, dovrebbe iniziare ad alzare sia pure con grande prudenza il costo del denaro. Il venir meno di tutti questi stimoli monetari rischia di causare un drenaggio di liquidità sui mercati,  a distanza di 10 anni dal vero di politiche monetarie ultrarilassate che hanno finito col gonfiare le valutazioni di bond e azioni, ma quanto la mossa americana può incidere direttamente sulle maggiori società italiane quotate?

L’impatto verterà principalmente su due aspetti: anzitutto tassi più alti significano costi di finanziamento più elevati per tutte le società che ricorrono all’emissione di bond per finanziari sul mercato. Inoltre in prospettiva il dollaro è destinato a perdere terreno (già oggi l’euro sta riavvicinandosi alla soglia di 1,15 contro il biglietto verde) e questo a sua volta significa un effetto cambi negativo per gruppi come Stmicroelectronics, Cnh Industrial, Fca, Pirelli, Amplifon, Buzzi Unicem o Luxottica che vedono una parte consistente del proprio giro d’affari legato al mercato nordamericano, in parte compensato da un effetto positivo sugli eventuali costi espressi in dollari.

Vi è infine un effetto alquanto incerto sul settore delle materie prime, dato che un dollaro debole storicamente sostiene le quotazioni delle commodities espresse in tale valuta (come il petrolio e il gas naturale, ma anche l’oro o i metalli industriali), ma la prospettiva di un rallentamento della crescita può frenare la domanda. Occhio dunque a titoli ciclici (petroliferi, industriali o legati all’andamento dei consumi in genere come i titoli editoriali e delle telecomunicazioni) e ai finanziari, non solo per quanto riguarda l’andamento dei titoli azionari ma anche dei bond corporate, come quelli emessi da Fca Bank e Luxottica.

Nel primo caso sull’ExtraMot oggi sono in calo le emissioni a tasso fisso con scadenza 2020 (che rende l’1,25%), 2022 (1%) e 2024 (3,75%), tutte in euro, quella sempre in euro con scadenza 2021 ma a tasso variabile (Euribor a 3 mesi +0,33%) e le due emissioni in dollari scadenza 2020 (4,5%) e 2023 (5,25%). Nel secondo caso sono in rosso entrambe le emissioni, in euro, scadenza marzo 2019 (tasso fisso del 3,625%) e febbraio 2024 (tasso fisso del 2,625%). Se il buon giorno si vede dal mattino, il 2019 non sarà un anno semplice né per i tesorieri di molte società né per i bondholder.

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