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Economia
Flat tax, vantaggi solo per pochi benestanti. Nessun rilancio della crescita

Intervento per Affaritaliani.it di Antonio Misiani, capogruppo del Pd in Commissione Bilancio al Senato e in pole position per diventare il nuovo responsabile economico del Partito Democratico guidato da Nicola Zingaretti

 

La flat tax tanto cara a Salvini è una misura costosa e ingiusta. Avvantaggia una piccola minoranza di benestanti e non serve a rilanciare l’economia.

Vediamo perché.

Nella versione iniziale del contratto di governo la flat tax prevedeva un’aliquota del 15 per cento per redditi familiari fini a 80 mila euro e 20 per cento per quelli superiori. Il costo? Un botto: 50 miliardi secondo alcune simulazioni, metà dei quali sarebbero andati al 10 per cento più ricco dei contribuenti. Una follia, fortunatamente archiviata dopo pochi mesi.

Ma “a volte ritornano”, come recitava il titolo di un vecchio film horror.

E Salvini, a corto di cartucce propagandistiche, ha deciso che la flat tax deve ritornare nel cuore dell’agenda politica del governo.

In una forma mignon: aliquota del 15 per cento ma per redditi familiari fino a 50 mila euro (anziché 80 mila), con l’idea di favorire il ceto medio.

Cosa cambierebbe con questa mini-flat tax?

Per le famiglie con più di un componente che lavora, quasi nulla. Una famiglia con due lavoratori dipendenti con redditi lordi da 15 mila euro ciascuno (totale 30 mila) non avrebbe alcun beneficio. L’aliquota media di questi contribuenti, per effetto della no-tax area (8.174 euro), è più o meno la stessa. Idem per due redditi da 20 mila ciascuno.

Per una famiglia monoreddito con imponibile di 30 mila euro il vantaggio della flat tax sarebbe significativo: 2.524 euro. Per un imponibile di 40 mila salirebbe a 5.187. E così via.

In pratica: i veri beneficiari sarebbero le famiglie monoreddito con imponibili superiori a 30 mila euro. Una piccola minoranza: 2 milioni su 26.

Tutte le altre pagherebbero il conto. Un conto comunque salato, perché la mini-flat tax costerebbe 17 miliardi. Soldi impossibili da trovare, se non tagliando la spesa pubblica (leggi: sanità, trasporto pubblico, spese sociali) o aumentando le altre tasse. Un suicidio, visto che sul biennio 2020-2021 incombe già il maxi-aumento IVA da 23 miliardi il primo anno che salgono a 29 miliardi nel 2021. Una stangata scritta nero su bianco nella legge di bilancio 2019 e confermata dal DEF recentemente varato dal governo gialloverde.

Decisamente non il massimo, come “ricetta” per il rilancio dell’economia.

Meno ancora sotto il profilo dell’equità fiscale a cui hanno diritto gli italiani.

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