Fs non va più in Borsa. L'Ipo non garantisce ridotti costi finanziamento
L'ad Mazzoncini: "La quotazione non garantisce dei costi di finanziamento ridotti"
Il progetto delle Fs di sbarcare a Piazza Affari sembra sempre piu' vicino ad un ritiro. Dopo l'annuncio che l'Ipo non sarebbe arrivata prima del 2019, questa volta l'a.d. Renato Mazzoncini ha dei dubbi proprio sull'operazione in se'. Parlando con il Sole 24 Ore, il top manager del gruppo ferroviario, ha spiegato che la quotazione non garantisce dei costi di finanziamento ridotti.
L'Ipo, il cui perimetro avrebbe dovuto includere i FrecciaRossa e gli Intercity, sarebbe stata uno strumento per procedere anche al finanziamento del rinnovo della flotta rotabile. Ma il successo del lancio del green bond - avvenuto a dicembre scorso - ha cambiato le carte in tavola.
"Dallo studio che abbiamo fatto capiamo che se l'obiettivo e' finanziare gli investimenti in treni delle Frecce ai costi piu' bassi, la quotazioni in Borsa per noi non e' una buona opzione perche' con il primo green bond che abbiamo emesso a dicembre da 600 mln, abbiamo pagato una cedola di 0,875%, la piu' bassa mai pagata da Fs, mentre con la quotazione dovremmo remunerare i nostri azionisti sicuramente a livelli piu' alti", ha detto Mazzoncini.
"Siamo in una condizione molto diversa da Italo che invece dalla quotazione avra' un beneficio in termini di taglio dei costi di finanziamento. Se sul piano finanziario per noi l'operazione non funziona, dovremmo capire se la quotazione possa darci ulteriori leve di stimolo ed efficientamento, che per altro non ci mancano per effetto della concorrenza", ha proseguito, sottolineando che quel progetto di quotazione "non sono stato io a volere". "Fin dal mio arrivo dico che sono due le direttrici in cui dobbiamo allargare il raggio di azione di Fs: una verso l'estero, l'altra verso modalita' della mobilita' diversa dal treno, in modo da garantire al nostro cliente un viaggio door to door con un biglietto unico, ha concluso.