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Economia
Gas, l'eredità del governo Prodi: per l'ex Premier era "il male minore"

Ebbene ricordo che il punto di caduta cui si giunse nelle tante riunione preparatorie e poi nel programma e nell’azione concreta dell’esecutivo fu proprio il gas naturale. Infatti questo fu l’idrocarburo individuato per mediare tra Bersani e anche Prodi che volevano il carbone, seppure anche “pulito”, e gli ambientalisti dei Verdi che volevano solo le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Il gas è proprio l’idrocarburo con meno impatto sul temibile effetto serra che provoca i cambiamenti climatici (in primis riscaldamento) intrappolando l’energia riemessa dalla Terra.

Naturalmente si diede molto spazio (e grandi incentivi economici) anche al fotovoltaico, al solare termico, all’eolico e al piccolo idroelettrico, ma ricordo che Prodi diceva sempre che in Italia non esisteva una filiera industriale dei pannelli fotovoltaici e compravamo tutto dalla Cina e che occorreva sviluppare una filiera italiana che avrebbe portato anche posti di lavoro. Iniziammo anche una collaborazione istituzionale in tal senso con l’Eni, l’ENEA e il CNR, ma l’idea di Prodi non poté essere sviluppata per la breve durata della legislatura.

In ogni caso Enel ed Eni erano schierate con Bersani, pur collaborando anche alla parte ambientale. Di Pietro stava in mezzo perché da una parte l’ex magistrato era certamente uno sviluppista -anche per il ruolo che aveva come ministro delle Infrastrutture- dall’altro Italia dei Valori aveva tra i propri sostenitori molti ambientalisti (ereditati poi dai Cinque Stelle di Beppe Grillo) che erano contro i rigassificatori e gli idrocarburi e per le rinnovabili. Quindi noi cercavamo di mediare anche dentro il partito e cioè però si rifletteva poi nella politica energetica italiana, avendo allora IdV un certo peso.

Dunque la scelta di Prodi fu il gas come “male minore” con grande dispiacere di Enel e Bersani e parte dei DS poi PD, che in gergo venivano chiamati simpaticamente “i carbonari”. Il Pd aveva anche lui due anime ben distinte: una verde, ed infatti avevamo fondato io (per IdV) ed Ermete Realacci (per il Pd) gli Ecologisti democratici (Ecodem) ed una “nera” che era quella industrialista di Bersani. Bersani faceva spesso il doppio gioco nel senso che mostrava una faccia dolce e collaborativa ai suoi ambientalisti per tenerli buoni (soprattutto durante il periodo elettorale) e poi picchiava istituzionalmente duro, da ministro, con il carbone, la fonte più inquinante che esista.

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