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Economia
Generali/ Benetton, Caltagirone e Del Vecchio: i movimenti nel capitale

C'era una volta il "salotto buono" per eccellenza di Mediobanca, dove le azioni si pesavano più che contarsi. Un salotto che controllava a cascata altri salotti nell'editoria (Rcs Mediagroup) e nella finanza (Generali). Col tempo quel salotto si è sostanzialmente trasformato in una banca d'affari "ordinaria". E a guardare i movimenti nell'azionariato del Leone,  l'abitudine a intrecciare relazioni che vanno al di là del mero aspetto industriale è rimasta nella più importante delle ex "province dell'impero" che fu di Enrico Cuccia. Ovvero Assicurazioni Generali.

Caltagirone Francesco
 

E' quello che osservano gli esegeti del potere finanziario in Italia tirando le fila della trasformazione negli ultimi 10 anni delle presenze e dei legami azionari nella Galassia del Nord Mediobanca-Rcs-Generali

Piazzetta Cuccia, del resto, dal 13% attuale dovrà come più volte ribadito da Alberto Nagel, ridurre la propria partecipazione al 10% (a patto di trovare investimenti altrettanto redditizi), il che lascerà spazio ad altri soci per cercare di affiancare la merchant bank sul ponte di comando di un gruppo che sotto la guida di Philippe Donnet sembra in grado di valorizzare le competenze acquisite nell'asset management (con Generali Investments) e nel wealth management (con Banca Generali) per cambiare pelle, offrendo anche ad altri intermediari competenze in ambiti di business complementari ai tradizionali rami Vita e Danni.

Del vecchio leonardo ape
 

Non solo: Generali, nel cui capitale attualmente dietro a Mediobanca si notano Francesco Gaetano Caltagirone (3,55%), Leonardo Del Vecchio (3,16%), Vanguard Group (2,12%), Benetton (2%) e Norges Bank (1,9%), che staccano altri nomi blasonati della grande finanza mondiale come Artisan Partners (0,96%) e BlackRock (0,58%), resta costantemente sotto i riflettori di quegli investitori che scommettono su un ulteriore "risiko" del comparto assicurativo europeo, dopo l'acquisizione di XL Group da parte di Axa per 12 miliardi di euro. Il che potrebbe riaccendere anche qualche manovra all'interno dell'azionariato.

I primi a muoversi potrebbero essere proprio i Benetton, che secondo voci starebbero valutando un incremento della propria partecipazione sino al 5% circa (un'operazione da 700 milioni di euro ampiamente alla portata del gruppo di Ponzano Veneto, che in cassa ha liquidità per quasi 1,85 miliardi di euro e che non dovrà svenarsi per rilevare asset di Abertis dopo l'accordo con Acs-Hoctief). Possibile, se non probabile, che anche Caltagirone e Del Vecchio, sono i rumors, possano decidere di arrotondare la propria quota, mentre i Boroli-Drago (gruppo De Agostini) potrebbero semmai essere tra i potenziali venditori, pur avendo ribadito di non aver al momento alcun programma di cessione dei titoli a breve o medio termine, ma al tempo stesso avendo ricordato di ritenere la partecipazione (1,7% circa) ormai meramente finanziaria.

gilberto benetton
 

Se tutti questi movimenti si concretizzeranno e se avranno natura unicamente di gestione ottimale dell'asset allocation delle partecipazioni finanziarie di ciascun gruppo o se non porteranno a richieste in termini di governance lo si capirà probabilmente dopo l'estate, visto che nell'aprile del prossimo anno scadrà l'attuale Cda e potrebbe dunque esservi spazio per un rimescolamento di poltrone.

Nel frattempo Donnet, che si dichiara "non preoccupato" per l'esito elettorale italiano, sembra avere qualche maggiore incertezza per le prospettive di Argentina, Brasile e Turchia, tira dritto per la sua strada e conferma gli obiettivi del piano industriale (flussi di cassa opertivi cumulati superiori ai 7 miliardi di euro, dividendi cumulati superiori ai 5 miliardi, Roe operativo oltre il 13%) e ribadisce che tutte le iniziative strategiche stanno producendo risultati allineati alle attese.

Il nuovo piano industriale, atteso il prossimo 21 novembre, sarà poi ulteriormente focalizzato sulla crescita profittevole e offrirà maggiore visibilità sulla generazione di cassa e di capitale del gruppo, con l'obiettivo di generare un ulteriore miliardo di euro di incassi per le residue cessioni legate alla razionalizzazione della presenza geografica del gruppo che pare destinato a essere superato senza problemi (tanto più che al momento non si tiene conto dell'eventuale cessione di Generali Leben, posta in "run off" lo scorso anno).

Solidi risultati industriali, continuo "fine tuning" degli obiettivi strategici e tattici, appeal speculativo e possibili movimenti all'interno del capitale: decisamente anche come "salotto buono" Generali sembra voler rimarcare sempre più la propria differenza rispetto a quello che fu un tempo il modello della sua controllante, Mediobanca. Il mercato, in passato non certo tenero col Leone di Trieste, sembra apprezzare, col titolo che anche oggi fa meglio degli indici generali del listino azionario milanese e dei concorrenti diretti europei Axa e Allianz.

Luca Spoldi

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