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Economia
Generali, Minali propone i suoi successori. Ma Donnet li boccia tutti. Rumors

di Andrea Deugeni
twitter11@andreadeugeni

Che sta succedendo in Generali, si chiedono gli operatori in Borsa stamane? I francesi Jean Pierre Mustier Philippe Donnet, rispettivamente amministratore delegato di UniCredit e Ceo della prima compagnia assicurativa italiana, mentono spudoratamente quando sbottano di fronte alle continue insinuazioni su presunti piani transalpini di neocolonialismo economico con la loro silente-partecipazione, rilanciando invece con "l'indipendenza e l'italianità delle Generali"? Le ricostruzioni di questo weekend sulla battaglia finale in corso per il Leone, con Intesa a difendere la bandiera tricolore che sventola sul gruppo di piazza Duca degli Abruzzi dalle insidie di Allianz e Axa, sono un nuovo capitolo di fantafinanza delle telenovela Roma-Parigi?

E, ancora, Minali, è vero che se ne va? Sono le domande che fioccano nel parterre di Borsa mentre gli acquisti sui rumors sulle manovre intorno alle Generali stanno sostenendo il titolo che chiuede le contrattazioni con un progresso del 3,9% a 14,25 euro. 

Secondo quanto può riferire Affaritaliani.it, Minali sta aspettando solo la formalizzazione della sua uscita da parte del Cda e ha già proposto a Donnet delle opzioni per la successione al proprio ruolo di chief financial officer, fornendo una lista di candidature interne tutte però già bocciate dal vertice. L'uscita di Minali, sintetizzano alcune fonti, è maturata in fase di preparazione del nuovo piano industriale (le cronache rivelano di tensioni, con tanto di mail di fuoco, anche all'interno del General Market Committee) e che avevano avuto una chiara manifestazione, sono le indiscrezioni, in occasione dei due incontri natalizi (denominati "town hall" da Donnet a Milano al teatro Strehler e a Trieste in Stazione Marittima) in cui il Ceo aveva voluto fare gli auguri natalizi ai dipendenti. Incontri in cui Minali, nel suo intervento, era apparso ai presenti un po' sottotono. 

Secondo le ricostruzioni, le basi del divorzio fra Generali e Minali stavano già però nel ritorno delle Generali alla strana governance bicefala di Perissinottiana memoria in cui il Cfo, anche per il pressing di alcuni soci come Caltagirone, aveva ricevuto le deleghe alle operations che erano del Coo Carsten Schildknecht, in uscita e non rimpiazzato a luglio. Deleghe su temi che avevano finito per cozzare con i super-poteri attribuiti da Donnet a Frédéric de Courtois, ex collega in Axa e suo vero braccio destro, fa notare qualcuno, che l'amministratore delegato aveva ingaggiato a maggio per ridisegnare il business e il perimetro geografico delle Generali. In vista anche del perseguimento degli ambiziosi target che Greco, prima di fare le valigie per Zurich, aveva predisposto per il gruppo, lavoro che Donnet e Minali erano stati chiamati a proseguire.

E' probabile che le divergenze siano poi arrivate sulla strategia concreta su cui Donnet ha scommesso per raggiungere gli sfidanti obiettivi di dividendi cumulati per oltre 5 miliardi di euro, una generazione di cassa di oltre 7 miliardi e un Roe operativo medio superiore al 13% (target da raggiungere in un avverso contesto di mercato di tassi a zero) e su qualche corto circuito di fiducia fra i due manager.

Il ridimensionamento geografico del perimetro del business delle Generali di fatto, secondo qualche osservatore, rappresenterebbe la rinuncia del Leone a competere con gli eterni rivali Axa e Allianz e potrebbe preparare le Generali a un futuro takeover dei diretti competitor che già surclassano la compagnia italiana come market-cap. Un disegno che Donnet ovviamente ha sempre negato, alimentato dalla presenza di altri francesi in alcuni degli snodi chiave dell'ex salotto della finanza tricolore (Mustier e Bollorè) e sul quale Minali potrebbe aver chiesto dei chiarimenti.

Secondo alcuni rumors, le manovre per sferrare l'attacco finale al capitale delle Generali sono già in fase avanzata e Lettera 43 cita addirittura un incarico specifico di Banca Intesa a McKinsey e allo studio Pedersoli di Milano (non smentito da Ca' de Sass) di studiare non solo possibili sinergie bancario-assicurative, ma anche i modi con cui preservare l'italianità delle Generali (il Leone ha in pancia 70 miliardi di titoli di Stato italiano, è uno dei primary dealer del debito tricolore e ed è un asset manager da oltre 450 miliardi). Insomma, il modo per non far sì che il Paese registri un altro caso Amundi-Pioneer in cui è finito in mani straniere l'asset strategico del risparmio italiano. 

Mentre a Piazza Affari il titolo corre sulle speculazioni, gli analisti bollano le manovra difensiva di Intesa in tandem con Allianz come "improbabili" per i rischi Antitrust. Stessi rischi che si presenterebbero anche nel caso di un'operazione portata avanti dai transalpini di Axa.

Intanto, però la debolezza di Nagel (stretto fra l’incudine e il martello di Jean Pier Mustier, da una parte - con cui non corre buon sangue già dai tempi in cui il Ceo UniCredit guidava il Cib di Piazza Gae Aulenti - e un rapace Vincent Bollorè, dall’altra, entrambi però battenti bandiera francese), un Del Vecchio che è ormai di base a Parigi e la progressiva salita di Caltagirone nell'azionariariato delle Generali (dall'addio di Greco, il Calta è diventato il secondo socio, superando Mr Luxottica) non fanno che alimentare i timori sul futuro della compagnia.  

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