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Economia

Giovanni Tria, laurea in legge, è Ministro dell’Economia e delle Finanze ed è un tecnico, come quasi sempre è successo per questo delicato ruolo istituzionale. È docente di Economia politica all’Università di Roma di Tor Vergata ed è considerato un esperto della macchina pubblica, grazie alle sue passate frequentazioni in diversi ministeri economici e del lavoro.

È stato chiamato, all’ultimo momento, a sostituire il professor Paolo Savona, sospettato di anti-“eurismo”, ad un dicastero chiave per la formazione del nuovo governo giallo-verde. Naturalmente è il prezzo pagato da Salvini e Di Maio al Presidente della Repubblica Mattarella per far sì che il governo decollasse e non si tornasse al voto.

Tria più volte ha espresso idee moderate e diverse critiche alla flat tax e al reddito di cittadinanza e la sua funzione pare quella di annacquare il programma di governo, rallentandolo.

Savona invece fu spostato in un ministero in cui non poteva nuocere (o almeno non così tanto come all’Economia), quello degli Affari europei.

Il ministro Tria, d’altronde, parla solo con il premier Giuseppe Conte che a sua volta ha l’imprimatur di Mattarella. È una architettura di potere istituzionale complessa e difficile da mantenere, perché basta che ci sia uno scartamento di qualche centimetro e crolla tutto.

Tria ha avuto rapporti difficili con il governo giallo-verde da subito, anche perché viene visto come una sorta di longa manus di Mattarella e Draghi, ma, come detto, finora la sua presenza è stata imprescindibile. C’è di fondo una differenza ideologica tra Tria e il governo e non è una differenza di poco conto, è la stessa che passa appunto tra l’economia e la politica.

Ma Salvini e Di Maio fanno politica e se si sommano le asprezze dottrinarie di fondo a quelle contingenti di ogni giorno si capisce quanto la situazione sia critica.

Il caso della Cdp è paradigmatico di questo stato di cose: il 19 luglio era stata convocata a Palazzo Chigi una riunione tra Salvini, Di Maio e Conte, presente Tria, per le nomine dell’importante ente. Ma alla fine c’è stato solo l’incontro di Conte con Tria, con voci consistenti di dimissioni per il ministro dell’Economia che non vedeva accolto il nome del suo candidato Diego Scannapieco, tecnico della Bei, ma soprattutto uomo voluto fortemente da Mario Draghi.

Di poche ore fa è la nomina di Fabrizio Palermo come ad di Cassa depositi e prestiti. Hanno vinto i grillini e il governo contro Tria, Draghi e l’Europa.

Una faccenda di non poco conto.

In “cambio” c’è stata la nomina del direttore generale del Tesoro di Alessandro Rivera. Il 24 luglio ci sarà la prossima assemblea della Cdp con Tria di ritorno dal G20 di Buenos Aires.

La nomina di Palermo è un segnale forte è chiaro al trio Mattarella-Draghi-Tria; un segnale che rivendica il primato della politica e del governo su poteri esterni di stampo europeistico esemplificati dalla figura del governatore della Banca europea.

Il governo giallo-verde -evidente l’irritazione di Di Maio e Salvini- sembra avesse già pronto un piano di defenestrazione di Tria, che per ora è solo rimandato. Ma le forti tensioni permangono e vedremo come il ministro dell’Economia reagirà allo smacco della nomina di Palermo a Cdp e a breve ci sono provvedimenti fondamentali per la stabilità politica del governo, la flat tax e il decreto dignità.

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