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Economia
I guadagni di Cgil-Cisl-Uil? 2 miliardi. Ma la Triplice è in cerca di ruolo

di Piero Righetti

La crisi ormai quasi decennale del sistema economico e finanziario del mondo occidentale (un tempo) più industrializzato deriva da una serie complessa ed articolata di motivi, alcuni comuni a molte altre nazioni ed altri invece esclusivi, o quasi, del nostro sistema-paese. Intendo qui riferirmi in particolare a quanto contano oggi e a quanto potranno ancora contare domani i nostri maggiori sindacati. E cioè Cgil, Cisl e Uil che – insieme alle più importanti organizzazioni datoriali (Confindustria, Confcommercio, mondo cooperativo ed Abi) e, sia pure in misura minore, all’Ugl e ad alcuni sindacati autonomi, sono state per decenni, nel bene e nel male, uno dei più importanti punti di snodo dell’intero sistema produttivo e del mercato del lavoro, condizionandoli in modo rilevante nel bene e nel male e addirittura sostituendosi in alcuni momenti, in tutto o in parte, allo stesso sistema politico. Ma dalla fine degli anni ’90 non è più così.

Il loro ruolo, infatti, è divenuto via via meno rilevante, un po’ per l’incapacità e/o la non volontà di adeguarsi al sistema produttivo interno ed internazionale, sempre più globalizzato e condizionato dal mondo finanziario, e un po’ per il venir meno sia della loro unità di azione sia del sistema della concertazione. Già nel luglio del 2007, da un sondaggio coordinato da Tito Boeri, era emerso che solo il 5,1% delle persone intervistate si sentiva “adeguatamente rappresentato e protetto” dai sindacati, mentre il 61,6% dichiarava di non nutrire nei loro confronti alcuna fiducia. Da una serie di inchieste giornalistiche inoltre era emerso, in modo concreto e documentato, che il sistema sindacale per così dire “storico” era diventato via via sempre più burocratizzato e autoreferenziale, a volte lontano anni luce dai problemi più reali e concreti e caratterizzato da organici, fatturati e patrimoni immobiliari sempre più consistenti, a fronte dei quali i relativi bilanci erano caratterizzati da un segreto assoluto. Ad oggi si parla, per Cigl Cisl e Uil complessivamente considerate, di più di 25.000 dipendenti e di introiti annui vicini, se non superiori, ai 2 miliardi.

Cifre proprie di un grande gruppo industriale facilitato, sottolineo nuovamente, dalla assoluta mancanza di obblighi di bilancio e di controlli esterni. Due altri fatti devono essere presi in considerazione per avere una concreta percezione dell’importanza dei sindacati oggi, che pur, ripeto, hanno avuto il grande merito per più decenni di aver contribuito allo sviluppo e alla modernizzazione del nostro paese:
- l’importanza e la rilevanza, pari in pratica allo zero, che almeno fino a pochi mesi fa il Governo Renzi ha dato al loro ruolo e alle loro azioni, come si è avuto modo di vedere, in particolare, nel momento del varo dell’intero sistema del Jobs act, a differenza di quanto avvenuto in Francia dove i sindacati, sia pure a seguito di manifestazioni anche troppo violente e di scioperi che hanno paralizzato l’intero paese per giorni e giorni, sono invece riusciti a modificare in modo rilevante le proposte iniziali del Governo;
- la gravità di una serie di fatti e di comportamenti imputati, anche in questi ultimi giorni, a segretari e a ex segretari generali che, anche se giuridicamente accertati, sono finiti o finiranno nel dimenticatoio o saranno cancellati per intervenuta prescrizione, fatti e comportamenti cui vanno aggiunte retribuzioni e pensioni particolarmente elevate, un numero di distacchi sindacali a dir poco eccessivo e delegazioni partecipanti a procedure per la sospensione dal lavoro o il licenziamento formate, molto spesso, da un numero di sindacalisti vicino o addirittura superiore a quello dei lavoratori da tutelare. Da tutto ciò emerge un quadro a dir poco desolante e tale da indurre molti addetti ai lavori a ritenere che la “casta sindacale” sia addirittura più negativa e condizionante della stessa “casta politica”.

Ripeto: ci sono e ci sono stati tanti, anzi tantissimi sindacalisti, a tutti i livelli, davvero di valore e che hanno lavorato e continuano a lavorare per il bene dei singoli lavoratori e della nostra economia nel suo complesso. Ma, al di là di comportamenti illeciti e di favoritismi, è proprio il ruolo dei sindacali che è cambiato in modo molto rilevante in questi ultimi 10/15 anni. Da strumenti di lotta e di miglioramento delle condizioni di vita all’interno e all’esterno del posto di lavoro, e cioè da soggetti politici e contrattuali, i sindacati si sono trasformati in aziende erogatrici di servizi: assistenza fiscale (Caf), assistenza pensionistica e previdenziale (Patronati), assistenza legale (sportelli giuridici). E tutte queste attività, questi servizi, sono solo apparentemente gratuiti: la realtà è che sono a carico del bilancio dello Stato e cioè li paghiamo tutti noi, disoccupati, lavoratori, pensionati, per un importo complessivo di oltre 1 miliardo di euro l’anno, cui vanno aggiunte le trattenute mensili a carico degli iscritti, lavoratori e soprattutto pensionati.

Ed ecco il punto: Cgil, Cisl e Uil hanno un numero di iscritti formato in misura assolutamente prevalente da lavoratori anziani e da pensionati. I giovani, in particolare se disoccupati o lavoratori precari, non si iscrivono a nessun sindacato, fatta eccezione di alcuni sindacati cosiddetti “di base” o riguardanti specifiche professionalità (come ad es. il personale di volo). Sindacati questi ultimi che – mancando una legge che ne controlli efficacemente l’effettiva rappresentatività – sono in grado, anche con pochissimi iscritti, di condizionare pesantemente interi settori vitali, come quello del trasporto pubblico. Dicevo prima: in questi ultimi mesi la posizione dell’attuale Governo nei loro confronti sembra cambiata. Già da maggio sono stati aperti numerosi tavoli di contrattazione in cui trattare problemi come il probabile e ormai prossimo (?) anticipo pensionistico, l’aumento delle pensioni più basse, l’ampliamento dei cosiddetti lavori usuranti, la ricongiunzione di più periodi lavorativi, i contenuti propriamente previdenziali della prossima legge di stabilità.

Di particolare rilievo in questa prospettiva è inoltre l’intesa, sottoscritta il 1° settembre u.s., tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, contenente importanti proposte, già inviate al Governo, per dare il via ad una serie di strumenti, alcuni dei quali particolarmente innovativi come i “piani operativi di ricollocazione”, in grado di far fronte nell’immediato alle più gravi situazioni di crisi e di facilitare il passaggio tra il previgente sistema di ammortizzatori sociali e quello introdotto dal Jobs act, a cominciare dall’abolizione dal 1° gennaio 2017 dell’indennità di mobilità e dei trattamenti in deroga. E dunque per i sindacati nel loro complesso la situazione e l’orizzonte appaiono in via di miglioramento, ma se a questo miglioramento del loro ruolo e delle loro funzioni non si accompagneranno nel breve periodo radicali miglioramenti interni cui solo gli stessi sindacati possono porre mano, io credo che il loro ruolo, le loro funzioni e la loro stessa credibilità rischiano di cessare definitivamente.

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