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Economia
Non solo medicine, prestazioni mediche in farmacia

I nuovi servizi offerti dalle farmacie: una ricetta per garantirne il futuro

In questi giorni si sono registrati i primi commenti sulle norme contenute nel ddl concorrenza e molta attenzione hanno richiamato le previsioni sull’ampliamento dei servizi disponibili presso le farmacie, ponendo giusta enfasi sui benefici per gli utenti, agevolati nell’accesso a prestazioni di natura medica e ambulatoriale. Ci si potrebbe allora interrogare sul perché tali previsioni siano state inserite in un disegno di legge in materia di concorrenza e non, ad esempio, all’interno di un intervento di riorganizzazione dei servizi prestati dalle diverse articolazioni (medici di base, pediatri di libera scelta, ambulatori e strutture ospedaliere) di cui si compone il servizio sanitario nazionale.

Una possibile risposta potrebbe trovarsi nella consapevolezza avvertita dal Legislatore di dover preservare la particolare natura del servizio farmaceutico, in larga parte incentrato su di un modello misto pubblicoprivato, nel quale l’attività d’impresa si coniuga con l’erogazione di un servizio pubblico. In molti settori si prevedono forme di collaborazione o cooperazione tra Amministrazione e privati e il c.d. partenariato pubblico-privato, o PPP, ha conosciuto una crescente espansione negli ultimi vent’anni, in concomitanza con l’introduzione di sempre più stringenti politiche di riduzione della spesa pubblica. Una delle implicazioni del ricorso del PPP talora sottovalutata è l’esigenza di assicurare al privato incaricato delle attività un’adeguata remunerazione del capitale investito, non essendo ipotizzabile un coinvolgimento delle imprese (e, spesso, degli istituti finanziatori) in assenza di un utile derivante dalla gestione del servizio.

In altre parole, solo garantendo all’impresa la possibilità di conseguire ricavi dall’erogazione dei servizi forniti agli utenti si può immaginare di ridurre il costo a carico del pubblico Erario. Queste considerazioni di natura generale assumono tratti peculiari nel caso delle farmacie: nell’esercizio dell’attività principale loro riservata (la distribuzione dei farmaci dispensati dal SSN) gli esercenti privati anticipano i costi dell’acquisto e sostengono il rischio delle giacenze e la remunerazione loro garantita, per tempi e criteri di rimborso, non consente in ogni caso il recupero degli oneri.

Per ovviare al paradosso della scarsa remuneratività del servizio caratterizzante la funzione pubblica delle farmacie negli anni è stata ampliata l’offerta dei prodotti a settori a vocazione più marcatamente commerciale, ma comunque collegati al concetto di benessere della persona (si pensi alla cosmesi, alla cura del corpo, all’alimentazione e così via). In questo modo le farmacie hanno potuto incrementare gli utili, in linea con la loro vocazione imprenditoriale, compensando i limiti economici intrinseci del servizio pubblico di distribuzione dei farmaci. Con il diffondersi dell’e-commerce, tuttavia, questo modello appare sempre più a rischio, se non già compromesso: i negozi virtuali godono di un vantaggio competitivo sulle strutture fisiche spesso non recuperabile in termini meramente economici e, ciò, vale anche nel caso delle farmacie, sottoposte ad una regolamentazione molto rigorosa per quanto riguarda alcune tipologie di prodotti, come i farmaci.

In questo contesto, interviene oggi l’art. 23 del ddl concorrenza che, ampliando il novero dei servizi erogati dalle farmacie, non opera solo sul piano delle prestazioni riconducibili al SSN, ma sembra operare una scelta politica di conformazione del mercato, diretta a rilanciare la funzione storica della farmacia come punto di riferimento presso il quale ricevere un’assistenza professionale e qualificata, di supporto (e integrazione) dei compiti di diagnosi e cura a favore dei cittadini. L’esperienza maturata durante l’emergenza pandemica, in tema di somministrazione di vaccini, e le potenzialità introdotte dall’innovazione tecnologica, come la telemedicina, possono infatti fornire un valido contributo sia al miglioramento dei servizi agli utenti, grazie alla capillare delle farmacie sul territorio, sia alla riorganizzazione delle strutture verso un modello imprenditoriale più remunerativo, nel quale i servizi alla persona assumono un maggior rilievo rispetto alla sola vendita dei prodotti.

Resta da vedere, tuttavia, se l’ampliamento dei servizi sarà sufficiente a garantire un adeguato ritorno sugli investimenti che le farmacie, come imprese private, dovranno inevitabilmente sostenere. Soprattutto nelle realtà di minori dimensioni – economiche e territoriali – si profila il rischio del venir meno della diffusa presenza delle farmacie, essenziale per un’efficace integrazione dei servizi nel SSN e, quindi, della garanzia (costituzionale) del livello di prestazioni assistenziali uniformi per tutti i cittadini. A fronte di dinamiche di mercato incerte, nelle quali la pressione sul versante dei prezzi di prodotti non sottoposti a regolamentazione potrebbe risultare insufficiente a garantire l’equilibrio economico d’impresa, non è escluso che possano essere recuperate (e valorizzate) le esperienze delle farmacie pubbliche, affidate in concessione a privati, anche ricorrendo a strumenti innovativi come il project-finance, con l’introduzione di eventuali compensazioni destinate a integrare i ricavi dell’attività commerciale.

*avvocato dello Studio Police & Partners






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