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Economia

Anche a fronte di comuni choc globali, le banche centrali hanno la capacità di adempiere ai propri mandati. Ma nell’area dell’euro ciò necessita di una risposta di politica monetaria differente rispetto ad altre aree. Questo perché affrontiamo anche un secondo tipo di sfide che sono molto specifiche per noi. Sono il risultato della nostra struttura istituzionale: condurre una politica monetaria in un mercato bancario e di capitali segmentato e in assenza di una singola autorità fiscale come controparte per l’intera eurozona. Ci sono due tipi di sfide in particolare che emergono da questa situazione.(...)

La prima si riferisce alla trasmissione della politica monetaria. Molte banche centrali hanno dovuto affrontare impedimenti nel processo di trasmissione durante la crisi — questo è il motivo, per esempio, per il quale la Fed iniziò a intervenire nei mercati dei mutui ipotecari garantiti (mortgage-backed securities), o per il quale la Bank of England lanciò il suo programma «funding-for-lending» (finanziamenti-per-prestiti). Ma è chiaro che questi impedimenti sono stati molto più duri nell’eurozona. E inoltre, essi hanno avuto una dimensione regionale ben distinta che non era visibile in altre giurisdizioni. La nostra sfida specifica nasce dall’avere un mercato bancario e dei capitali incompleto che porta a una minore condivisione dei rischi. Rispetto a un mercato pienamente integrato, il portafoglio di beni privati nell’eurozona è meno diversificato geograficamente, concentrando l’effetto di congiunture negative locali. I mercati del credito sono meno integrati, rendendo più difficile per gli agenti ricorrere a prestiti da altre parti dell’unione per appianare questi choc. E le istituzioni per la condivisione del rischio tra diversi Stati sono meno sviluppate, ponendo l’intero peso di gestire gli effetti della crisi sui singoli Stati.

Questo ha due conseguenze per la trasmissione monetaria. In primo luogo ciò significa che alcuni dei principali canali di trasmissione — come il canale del prestito bancario e il canale del bilancio — sono più facilmente interrotti in caso di grandi crisi. In secondo luogo, visto che il rischio privato e il rischio sovrano sono collegati a livello nazionale, la frammentazione finanziaria ha luogo solo all’interno dello stato. Ciò intralcia la trazione della politica monetaria nelle regioni dove c’è più bisogno di stimolo monetario.

Niente di tutto questo significa che non possiamo adempiere al nostro mandato. Ma significa che dobbiamo progettare i nostri strumenti in modo che possano compensare questa situazione.

È per questo che per larga parte della crisi, le nostre misure sono state mirate anche verso l’eliminazione degli ostacoli alla trasmissione della nostra politica.

All’inizio della crisi, questo significò trovare una soluzione alla riduzione del mercato interbancario, incluse scadenze più lunghe, per garantire il flusso di liquidità tra i diversi Stati. In seguito, abbiamo eliminato i rischi di ridenominazioni ingiustificate dai mercati del debito sovrano, contribuendo ad attenuare il legame tra banche e debiti sovrani. Più recentemente, abbiamo lanciato un pacchetto di misure per facilitare il credito che punta, tra l’altro, a garantire che la riduzione della leva finanziaria delle banche non produca eccessiva dispersione nei tassi sui prestiti tra i paesi. Abbiamo le prove che ognuna di queste misure ha avuto successo.

Però è ancora chiaro che i rischi di frammentazione possano essere definitivamente rimossi solo affrontando le spinte istituzionali. Questo è il motivo per cui la creazione dell’Unione bancaria, che è l’argomento della conferenza di oggi, è un’aggiunta fondamentale all’Unione monetaria.

Il Meccanismo Unico di Supervisione fornisce la struttura per un mercato bancario maggiormente integrato, che sotto stress sarebbe più difficile frammentare. Il Meccanismo Unico di Risoluzione facilita una più ampia condivisione del rischio tra Stati diversi e l’impegno a sviluppare un’unione dei mercati di capitale è il primo passo verso una diversificazione geografica maggiore, specialmente nelle partecipazioni azionarie tra Stati diversi.

Ciò che continua a mancare, ad ogni modo, è un accordo sulla terza fase dell’Unione Bancaria — l’assicurazione sui depositi — che è una parte essenziale di una vera moneta unica. Per questo motivo, la proposta della Commissione di creare uno Schema europeo per l’Assicurazione sui depositi è fortemente benvenuta. (...)

La seconda sfida specifica che abbiamo affrontato nell’eurozona è arrivata quando abbiamo avuto bisogno di espandere la nostra posizione monetaria - nello specifico, quando siamo passati dai tassi di interesse come principale strumento di politica monetaria all’acquisto di asset attraverso l’APP (Asset Purchase Programmes). (...)

(...) L’acquisto di asset delle dimensioni che riteniamo appropriate deve inevitabilmente essere implementata in diversi mercati. E questo vuol dire che le operazioni di politica monetaria potrebbero involontariamente avere un effetto sull’allocazione del credito fra le diverse regioni e i tipi di debitori. Questo non è insolito - tutte le politiche monetarie hanno delle conseguenze nell’allocazione del credito. Nemmeno questo crea un limite al compimento del nostro mandato. Ma dobbiamo puntare a mitigare queste conseguenze, sotto il vincolo di ottenere il nostro obiettivo di stabilità dei prezzi.(...)

Tuttavia, non c’è alcun dubbio che se avessimo bisogno di adottare una politica più espansionistica, il rischio di effetti collaterali non intralcerebbe il nostro cammino. Puntiamo sempre a limitare le distorsioni causate dalla nostra politica, ma ciò che viene prima di tutto è l’obiettivo di stabilità dei prezzi. Questa è l’implicazione del principio di dominio monetario, che è incorporato nel Trattato e che dà alle politiche monetarie la loro credibilità.

Il dominio monetario significa che possiamo — e certamente dovremmo — riconoscere e dare attenzione a tutte le conseguenze, volute e involontarie, delle nostre operazioni di politica monetaria. Ma significa anche che non dovremmo mai mancare di adempiere al nostro mandato solo per via di queste conseguenze. Questo equivarrebbe a ridefinire il nostro mandato per legge, cosa che non abbiamo la libertà di fare. (...)

Lasciate che riassuma.

Ci sono forze nell’economia globale di oggi che concorrono a mantenere bassa l’inflazione. Queste forze potrebbero far sì che l’inflazione ritorni più lentamente verso il nostro obiettivo. Ma non c’è ragione perché debbano portare a un tasso di inflazione costantemente più basso.

Ciò che importa è che le banche centrali agiscano nei limiti del proprio mandato per adempiere al proprio mandato. Nell’eurozona questo potrebbe creare maggiori difficoltà di quanto non succeda in altre giurisdizioni. Ma queste difficoltà possono essere mitigate e non giustificano una mancanza di azione.

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