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Economia
Il tribunale dà ragione a Foodora. Respinto il ricorso dei rider allontanati
Foodora

I giudici hanno dato torto ai rider, respingendo il loro ricorso contro Foodora accusata di aver interrotto il rapporto di lavoro con un gruppo di fattorini che avevano protestato in piazza contro paghe basse condizioni di lavoro inaccettabili.

Decine di rider hanno affollato l'aula in cui si è celebrato il primo processo in Italia contro Foodora, il colosso tedesco  delle consegne di cibo a domicilio. Ad appoggiare la battaglia legale intentata da sei fattorini tanti colleghi anche di altre società concorrenti e alle prese con i problemi della cosiddetta "gig economy", l'economia dei lavoretti a chiamata che per molti diventa un lavoro non dissimile da uno subordinato, per quanto precario.Torino, respinta la causa contro Foodora. L'accusa: "Rider controllati come se avessero il braccialetto elettronico"

Proprio su questo punto hanno fatto leva gli avvocati Sergio Bonetto e Giulia Druetta, che hanno evidenziato condizioni di lavoro "con contratti privi di tutela, sotto ricatto e al di fuori dalle regole previste da qualunque attività lavorativa".

"Nella vicenda Foodora c'è stata una discriminazione, un comportamento lesivo della dignità dei lavoratori" - ha proseguito Druetta. I rider, attraverso i loro legali, contestano l'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro, giunta dopo le proteste di piazza per le questioni relative alla paga oraria e chiedono il reintegro e l'assunzione, oltre al risarcimento e ai contribuiti previdenziali non goduti.

"I fattorini Foodora erano sottoposti a un continuo controllo - aggiunge il legale - ogni loro movimento era tracciato, come se avessero un braccialetto elettronico. Un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, nonostante fossero inquadrati come collaboratori autonomi. A Foodora non importava delle condizioni del lavoratore vi era una costante pressione psicologica sui rider, finalizzata al mantenimento del posto di lavoro".

Il legale ha quindi spiegato come "i fattorini fossero totalmente assoggettati al potere del datore di lavoro, con un controllo totale sugli orari che potevano essere modificati anche senza alcun preavviso". Druetta ha poi citato il caso di un fattorino che, dopo quattro ore di pedalate, scrisse nella chat aziendale di avere male alle gambe. "Il superiore rispose che gli spiaceva, ma che aveva bisogno di tutti i rider per l'intero turno". I rapporti tra alcuni fattorini e l'azienda si incrinarono definitivamente con l'inizio delle proteste inerenti il sistema di retribuzione. "L'azienda escluse dai turni chi non era d'accordo - spiega il legale - addirittura un rider ha raccontato che in cambio di notizie sui colleghi, avrebbe avuto un contratto".

"Foodora non ha violato la privacy dei rider. L'applicazione utilizzata sullo smartphone poteva accedere, attraverso il gps, soltanto al dato sulla geolocalizzazione, istantaneo e non memorizzato". Così l'avvocato Giovanni Realmonte, legale difensore di Foodora, al processo, il primo in Italia, contro la società specializzata in food delivery.  In precedenza i legali dei fattorini, lamentando la violazione delle norme che tutelano la riservatezza dei dati, hanno chiesto un risarcimento pari a 20 mila per ognuno dei rider allontanati. A cui si aggiunge un risarcimento di 100 euro (per ogni giornata di lavoro) per la presunta violazione delle norme antinfortunistiche. "Non c'è alcun rapporto di subordinazione - spiega l'altro legale dell'azienda Ornella Girgenti - i rider accedono alla piattaforma dei turni e decidono quando e in che misura dare la loro disponibilità. Non c'è scritto da nessuna parte che il rider debba offrire una disponibilità minima, di questa circostanza non c'è traccia da nessuna parte. Foodora decide chi far lavorare e quando far lavorare". L'avvocato ha poi osservato che "in caso di maltempo aumentavano gli ordini e più rider non si presentavano a lavorare, senza preoccuparsi di trovare un sostituto. Per questo motivo si decideva all'ultimo. In un mese poi si sono registrate addirittura 70 defezioni di ragazzi che, semplicemente, si sono dimenticati di aver preso l'impegno".

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