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Economia
Ilva, accumulati debiti per 3 mld. Guerra al governo per manovre "illegittime"

Il conflitto tra Mittal e governo si intensifica con le accuse di "manovre abusive" e "norme ingiuste"

Continua la guerra al governo di Acciaierie d’Italia, la società che gestisce gli impianti ex Ilva. L'epicentro del dibattito ora ruota attorno all'azione governativa e al ruolo di Invitalia nella gestione della crisi di Acciaierie d’Italia per le politiche adottate, etichettate come "abusive" e tacciate di illegittimità. Con un debito che, a novembre, si attestava sui 3,1 miliardi di euro, la società, nonostante l'enorme fardello finanziario, sostiene la reversibilità della propria situazione.

Secondo quanto riporta il FattoQuotidiano, la proposta di Acciaierie d’Italia include una moratoria di due anni sul rimborso dei debiti, per un totale di 750 milioni di euro. Pertanto il ricorso inviato al  tribunale di bloccare le iniziative di Invitalia e le accuse di allarmismo si inseriscono in una strategia più ampia per affrontare la crisi. Al cuore del problema, c'è quindi la percezione che le decisioni governative stiano innescando una spirale negativa, con effetti deleteri sulla produzione e sulla sostenibilità dell'intero impianto di Taranto.

Nel contempo, Lucia Morselli, AD di Acciaierie d’Italia e rappresentante di ArcelorMittal, principale azionista, impugna le mosse di Invitalia, controllata dal ministero dell'Economia, con un ricorso di 56 pagine al Tribunale di Milano. L'ad chiede delle "misure protettive" temporanee (120 giorni) per i creditori, in attesa di una risoluzione, una richiesta che però si scontra con la scadenza imminente del contratto di affitto degli impianti e l'obbligo di acquisto connesso. 

In questa battaglia legale, le radici della crisi vengono principalmente individuate nei costi energetici del 2022 e nella mancata erogazione di supporti pubblici promessi. Inoltre, la situazione è stata ulteriormente aggravata dalle dichiarazioni che preannunciavano l'amministrazione straordinaria, ostacolando i negoziati di rifinanziamento con le banche. Secondo Morselli, la crisi impedisce a Acciaierie d’Italia di mantenere livelli produttivi tali da garantire una normale profittabilità, limitando l'acquisto di materie prime.

Nonostante le difficoltà, esiste un piano di risanamento, con una moratoria da 750 milioni di euro sui debiti totali di 3,1 miliardi. Tra i creditori principali, figurano istituzioni finanziarie e fornitori energetici. Oltre a Unicredit, ci sono principalmente i fornitori di energia come Snam Rete Gas, Eni, Enel Energia e A2A, per un totale di 263,6 milioni di crediti già scaduti. Ma altrettanti debiti commerciali riguardano altre realtà come Metinvest e Pellegrini. Ed è a loro che viene chiesto uno “sforzo” con una moratoria su tutte le obbligazioni scadute e future. Il piano propone un rientro graduale dei debiti, con la possibilità di interventi finanziari da parte dei soci per accelerare i tempi.

Il cuore della vicenda risiede nel persistente stallo tra Mittal e Invitalia riguardo le iniezioni di capitale per il rilancio produttivo, culminato nella richiesta di amministrazione straordinaria da parte di Invitalia, sostenuta da un decreto governativo. Una situazione che, come si evince dal ricorso, è oggetto di pesanti critiche e rappresenta il prologo di una lunga e complessa guerra legale. Nel documento emanato, i dirigenti di Acciaierie d’Italia individuano nel provvedimento "significative e incredibilmente calzanti novità" rispetto alle richieste di Invitalia. In una sorta di accusa di "legiferazione ad personam", la norma viene etichettata come "illegittima" sia sotto il profilo costituzionale che in relazione alle norme europee. Nonostante ciò, si sostiene che la norma non possa arrestare la richiesta di composizione negoziata della crisi, già avviata due giorni prima dell'approvazione del provvedimento.

L'approvazione stessa del decreto, secondo Acciaierie d’Italia, ha scatenato una "scriteriata e perdurante diffusione" di notizie sull'imminente amministrazione straordinaria. Questo ha generato "enorme preoccupazione" tra i creditori, portando a sospensioni contrattuali e minacce di interrompere accordi. Tali condizioni vengono definite come "condizionamenti ambientali". In sostanza, si afferma che, se non fosse stato per l'intervento governativo, la situazione, nonostante il pesante debito e le fatture scadute, sarebbe stata gestita senza intoppi.

La critica più severa rivolta a Invitalia è l'accusa di voler appianare le divergenze con Mittal in modo "del tutto abusivo", attraverso l'emanazione di norme d'urgenza. Acciaierie d’Italia rivolge una richiesta al Tribunale di bloccare la procedura di amministrazione straordinaria avviata da Invitalia. La richiesta comprende la sospensione dell'obbligo di rimborso a Unicredit entro maggio per un finanziamento da 250 milioni di euro del 2022, il ritardo nel pagamento dell'ultima rata di affitto degli impianti a Ilva in amministrazione straordinaria, e l'inibizione delle richieste di pagamento da parte di Eni per il piano di rientro dai debiti per la fornitura di gas. Inoltre, Acciaierie d’Italia chiede di fermare il rimborso di circa 28 milioni di euro a Banca Ifis per l'anticipo del saldo delle fatture ai fornitori, e di impedire alle banche di segnalare alle centrali rischi la sospensione dei pagamenti. L'argomentazione sottolinea che ciò renderebbe notevolmente più difficile l'accesso al credito, complicando ulteriormente la già intricata situazione finanziaria.

LEGGI ANCHE: Ex Ilva, corteo dipendenti a Taranto: "Di Arcelor Mittal non ne possiamo più"






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