L'Arabia Saudita rivoluziona l'economia
Il piano per uscire dalla recessione
Innumerevoli fuochi brillano nella notte, lunghe fiamme escono dagli alti camini... Ecco Jubail, nel deserto, ai margini del Golfo Persico. Un sito dieci volte più grande di Parigi, dove raffinerie, impianti petrolchimici e altiforni si incontrano nel più grande complesso petrolchimico del mondo.
Ma per il regno d'Arabia non è abbastanza. La città di ferro, acqua e petrolio, fuori dalla sabbia negli anni '80, un piccolo porto di pesca, deve raddoppiare le sue dimensioni. Più di 18 miliardi di dollari sono investiti in nuove infrastrutture, circa 20.000 km di tubi, un'università, dozzine di fabbriche e raffinerie, 50.000 case e 55.000 posti di lavoro. "L'economia saudita sarà molto probabilmente in recessione nel 2017", afferma Pascal Devaux, economista di BNP Paribas, ed ecco perché il governo saudita ha deciso di rilanciare l'economia del Paese con invesimenti enormi.
Il giovane principe saudita Mohammed Bin Salman, designato erede al trono solo cinque mesi fa, ha recentemente lanciato un piano faraonico – 500 miliardi di dollari di investimenti - per costruire dal nulla un gigantesco e innovativo polo industriale sulle sponde del Mar Rosso, nei pressi del Golfo di Aqaba.
Si chiamerà Neom, e si estenderà su una superficie pari a 26.500 km2, concentrandosi sulle industrie della “Nuova Arabia Saudita”, quella che vuole cercare di sopravvivere all'era del dopo petrolio. Energie (con le rinnovabili a far la parte del leone), settore idrico, biotecnologie, filiera alimentare, scienze tecnologiche e digitali, la produzione avanzata. E pure il comparto dei media e dell'intrattenimento (una novità per un Paese così conservatore). Sono questi i principali settori di questa enorme zona franca, quindi sottratta a tariffe, che, grazie a un imponente ponte sul Mar Rosso, sarà collegata all'Egitto e così abbraccerà tre Paesi (Arabia, Giordania ed Egitto).