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Economia
L'economia mondiale travolge l'Italia. Ma il Salvimaio cincischia sulla Tav

di Andrea Deugeni
e Luca Spoldi

Mario Draghi l’ha detto chiaramente ieri: “L’Italia è una delle cause principali del rallentamento economico europeo”. Un rallentamento tricolore che dal secondo semestre del 2018 ha cause sia endogene nella domanda interna che risente del calo degli investimenti sia esogene nel rallentamento dell’export verso il principale mercato di sbocco italiano. Ovvero la Germania. Ed Oltralpe, evitata per un soffio la recessione tecnica nel quarto trimestre dello scorso anno, la locomotiva d'Europa non sta dando segnali rassicuranti. Segnali di cui peraltro la Bce ha preso atto ieri abbassando le stime di crescita per il 2019 dell’intera Eurozona dall’1,7 all’1,1%.

volkswagen ape (4)
 

Nel primo mese dell’anno gli ordini dell’industria tedesca sono calati pesantemente del 2,6% rispetto al mese precedente (-3,9% il dato annuale). Uno stop nel cuore pulsante dell’economia del Vecchio Continente significa meno domanda di componentistica alle vicine industrie fornitrici di Italia e Francia, con rallentamento della produzione industriale tricolore (l’ultimo dato sul trimestre è il peggiore da sei anni) e dell’export francese (- 1% che ha contribuito al peggioramento del deficit della bilancia commerciale transalpina a gennaio).

Chi non ha acceso i motori nell’economia tedesca, portandosi dietro tutto il resto del mondo (oltre che per i dazi americani, l’export cinese a febbraio è crollato di oltre il 20% proprio perché il suo primo mercato di sbocco, ovvero l’Europa, cammina invece di correre) sono i tre colossi automobilistici tedeschi: Volkswagen, Daimler-Mercedes e Bmw che si portano dietro tutto l’indotto continentale dell’automotive.
 

trump xi jiping
 

Per capire di cosa si sta parlando, basta guardare alcuni numeri: il Pil dell’Unione Europea a 28, a fine 2017 di 15.300 miliardi di euro, è rappresentato per un quarto dal solo Pil tedesco (oltre 3.600 miliardi nel 2017, salito a 3.800 miliardi l’anno successivo). Ma il Pil di Berlino è per oltre un quarto (il 27,5%) dipendente dalla produzione industriale, a sua volta legata direttamente o indirettamente alla produzione automobilistica. E se Volkswagen, Bmw e Daimler riducono gli ordini industriali sono dolori quindi per tutta l’economia europea.

Volkswagen auto truccate ape (2)
 

Sin dall’esplodere del Dieselgate, l’automotive teutonico è in forte affanno, con immatricolazioni di auto nuove che nel 2018 sono calate di quasi un terzo. Lo sfogo, che finora aveva tenuto tutto a galla, era rappresentato dall’export, in particolare verso Cina e Stati Uniti. Ma il rallentamento della prima (Pechino punta per quest’anno a una crescita economica tra il 6% e il 6,5%, in calo quindi rispetto al 6,6% registrato nel 2018, livelli che non si vedevano da decenni) anche a causa delle tensioni commerciali con gli Usa e il rischio che Trump imponga dazi sull’import di auto europee e tedesche in particolare ha messo a rischio la prima economia europea. E, a cascata, la tenuta della crescita dell’intero Vecchio Continente.

Come dimostrato dal dato di febbraio sull’export di Pechino, se il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e quello cinese Xi Jinping non troveranno un accordo sulla riduzione dei dazi normalizzando i rapporti commerciali tra queste due macroaree e l’Europa non tornerà a chiedere più merci cinesi, il Dragone può scordarsi i tassi di crescita degli anni scorsi, dovendo rassegnarsi a considerare sempre di più nel proprio futuro economico scenari da hard-landing.

trump macron merkel
 

E qui, la frenata dell’Estremo Oriente agita di nuovo i produttori tedeschi di automobili. Il motivo? E’ presto detto: la Cina infatti è per tutti il principale mercato di sbocco. Nel caso di Volkswagen, le vendite nel Colosso d'Oriente hanno sfiorato lo scorso anno i 4,2 milioni di vetture su oltre 10,7 milioni di vetture vendute complessivamente. Daimler ha invece venduto quasi 678 mila Mercedes in Cina nel 2018, in crescita di quasi 59 mila unità, rispetto alle poco più di 327 mila vendute negli Usa (in questo caso con un calo di oltre 10 mila unità rispetto all’anno precedente).

Bmw infine ha venduto a Pechino e dintorni quasi 640 mila veicoli a fronte di poco meno di 2,5 milioni di veicoli venduti in tutto il mondo. E se si vendono meno auto in Cina (a febbraio -18,5%), la cinghia di trasmissione fa sentire i suoi effetti anche in Italia.

conte ape

 

E qui torniano alle quotidiano beghe giallo-blù. Ecco che, alla luce di questi meccanismi, piuttosto che occuparsi di Tav e di sperare che la Francia finanzi il proprio tratto di competenza, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini devono iniziare a preoccuparsi che il cuore pulsante dell’industria tedesca non torni a battere. Devono sperare dunque che Trump e Xi Jinping sotterrino l’ascia di guerra sui dazi e la Casa Bianca abbassi i toni bellicosi nei confronti dei colossi delle quattroruote tedesche. Minacciando barriere doganali. 

In palio, ci sono la crescita italiana, le correzioni contabili e la legge di bilancio del 2020 da scrivere in autunno. Le stime per il 2019 non sono promettenti: da ultima l'Ocse ha previsto che il Pil del nostro Paese a dicembre avrà il segno meno davanti (-0,2%). A quel punto al governo non basteranno semplici mediazioni o un "arrivederci a lunedì" per togliere le castagne dal fuoco. 

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