Economia
L’incendio di Hong Kong. L’ultimo di una lunga serie
Il commento dell'avvocato Roberto Panetta, esperto in real estate, e founder partner Panetta Law firm

Incendio Hong Kong
L’incendio di Hong Kong. L’ultimo di una lunga serie
L’incendio avvenuto lo scorso 26 novembre ad Hong Kong si inserisce in un filone piuttosto lungo di eventi incendiari che, ormai, negli ultimi anni stanno interessando edifici a destinazione abitativa.
La gravità dell’incendio non attiene più soltanto all’innesco, alla velocità di propagazione, ma al fatto che, sempre più spesso, riguarda edifici residenziali anche di recente costruzione o ristrutturazione.
Nello specifico, l’incendio di Hong Kong ha interessato ben 7 grattacieli, estendendosi anche ad edifici limitrofi, ha trovato da subito una sua probabile causa nell’utilizzo, sempre più diffuso, delle impalcature in bambù di cui gli edifici erano rivestiti per alcuni lavori esterni.
Tra l’altro, ad esito di tale incendio, è emerso che nella maggior parte dei lavori edili eseguiti ad Hong Kong la struttura portante è interamente in bambù, mentre i metalli vengono utilizzati per componenti fondamentali come i triangoli di ancoraggio che collegano l’impalcatura alla facciata. I nodi sono poi legati con robuste strisce di nylon nero, resistenti agli agenti atmosferici, mentre, in passato, venivano realizzati con sottili fibre di bambù. Questo sistema ibrido è implementato in quanto sfrutta la straordinaria resistenza a trazione e la flessibilità del bambù, pur garantendo stabilità tramite alcuni elementi metallici.
Dalle indagini tecniche svolte nell’immediatezza dell’evento, è, inoltre, risultato che le reti installate non erano conformi agli standard di sicurezza antincendio e che le finestre erano ricoperte da pannelli di polistirolo per i quali i residenti avevano sollevato preoccupazioni.
Risulta dagli atti che, già a partire dal luglio 2024, sono state svolte 16 ispezioni dell’area di cantiere oggetto di lavori e che più volte gli appaltatori sono stati richiamati sul mancato rispetto delle norme antincendio.
Tali richiami, sorprendentemente, non hanno prodotto alcun effetto sospensivo dei lavori, rimanendo lettera morta. L’impianto antincendio, altresì, pare non aver funzionato adeguatamente, facendo così mancare agli edifici interessati dalle fiamme ogni presidio di autotutela.
Ciò che emerge con forza è indubbiamente la velocità di propagazione dell’incendio favorita dai materiali di cui gli edifici erano ricoperti e caratterizzati da una bassa resistenza al fuoco. Hong Kong è uno degli ultimi posti al mondo in cui il bambù - bene dal forte valore identitario che è altresì parte della storia e dell’estetica cittadina - viene impiegato sistematicamente nel settore edilizio. Ciò in virtù della sua malleabilità e a dispetto del fatto che sia altamente infiammabile. Del pari, i pannelli in polistirolo, ampiamente utilizzati anche in Italia per altre finalità, hanno indubbiamente contribuito a far propagare l’incendio che è stato domato solo due giorni dopo.
L’incendio al Wang Fuk Court di Hong Kong è solo l’ultimo di una serie di eventi incendiari di particolare rilevanza: nell’ordine, nel 2017 a Londra la Grenfell Tower risentì di un rovinoso incendio la cui propagazione fu facilitata dai rivestimenti esterni della torre che risultarono altamente infiammabili, nonché dalla presenza di un’intercapedine tra il rivestimento esterno e quello più interno della facciata che ha favorito un effetto camino idoneo ad alimentare le fiamme già innescatesi. Nello specifico, i pannelli incendiatisi erano un prodotto ACM (Aluminum Composite Material) composto da due sottili fogli di alluminio con un nucleo in polietilene per fornire rigidità. Il polietilene, in generale, brucia velocemente e, se utilizzato sotto forma di cassetta come nella Grenfell Tower, assume ancora maggiore pericolosità.
Nel 2021 a Milano un altro tragico evento incendiario ha interessato una struttura abitativa: un palazzo di 18 piani che si è incendiato in circa 30 minuti, diffondendosi in maniera irregolare tra i diversi piani e le varie zone del palazzo. In quel caso, i pannelli di rivestimento esterno hanno contribuito alla diffusione delle fiamme alimentate da una intercapedine che, anche in questo caso, ha provocato un effetto camino rovinoso. Le indagini tecniche svolte sui campioni dei pannelli di rivestimento hanno confermato come il materiale di cui i pannelli stessi erano ricoperti non fosse ignifugo e, quindi, si ritiene, non fosse idoneo ad un immobile di oltre 50 metri di altezza.
Nel 2024 l’incendio di Campanar a Valencia ha confermato come le modalità costruttive e la scelta dei materiali di rivestimento giochino un ruolo essenziale sulla sicurezza dell’immobile e sulla sua vulnerabilità rispetto ad un evento incendiario. In quel caso, i pannelli di rivestimento esterno hanno preso fuoco con estrema facilità, favorendo la propagazione sia orizzontale sia verticale dell’incendio. Il tutto anche in virtù dell’effetto camino già riscontrato nella Grenfell Tower e nella Torre Antonini, un effetto che nasce da un evidente errore progettuale che, consentendo la ventilazione della facciata, alimenta ulteriormente l’evento incendiario. I fatti di Valencia hanno trovato luogo in un edificio relativamente nuovo, non oggetto di ristrutturazione al pari della Torre Antonini di Milano e della Grenfell Tower di Londra e a differenza di quanto avvenuto nella Wang Fuk Court di Hong Kong.
