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Economia
La Bioeconomia in Italia vale 260 miliardi di euro.

In Italia l’insieme dei settori che trattano materie prime rinnovabili di origine biologica, ovvero la bioeconomia, vale 260 miliardi di euro (8,3% sul totale italiano). La sua vivacità è dimostrata da un elevato numero di start-up innovative (576 nel 2016, pari al 7% del totale) censite per la prima volta in un rapporto di Assobiotec Federchimica-Intesa Sanpaolo in collaborazione con l’università di Palermo. Rilevante, secondo l’indagine, è l’attività di depurazione e la conseguente produzione di fanghi. Il recupero e il trattamento dei reflui possono, infatti, costituire una fonte importante di biomassa, ancora solo in parte valorizzata visto il significativo ricorso alla discarica e la valorizzazione dei vari scarti organici attraverso materiali biocompatibili consentirebbe di trasformare il costo di smaltimento degli scarti in risorsa. Anche l’insieme delle attività legate allo sfruttamento delle risorse biologiche marine è particolarmente importante: l’Italia è il terzo paese europeo (dopo Norvegia e Spagna) per valore aggiunto nel settore della pesca e acquacoltura, con una occupazione di circa 30mila addetti, ma interessanti sviluppi sono attesi anche dallo sfruttamento delle alghe e dei batteri marini. Il comparto più rilevante in termini di valore della produzione è comunque quello dell’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, che copre oltre la metà del totale della bioeconomia (51%), per un valore superiore a 132 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2015 di oltre due miliardi. Stabili o in crescita moderata gli altri settori manifatturieri più tradizionali afferenti alla bioeconomia (tessile, concia, legno e carta) mentre è risultata più dinamica l’evoluzione dei settori a maggiore contenuto tecnologico: farmaceutica, bioenergia e chimica bio-based. L’indagine rileva in particolare la fase di sviluppo della farmaceutica italiana: nel 2016 le esportazioni italiane del settore farmaceutico hanno superato i 20 miliardi, in crescita del 7% circa rispetto al 2015, un ritmo più sostenuto di quello osservato per il settore manifatturiero. Buona anche l’evoluzione dei biocarburanti e produzione di energia elettrica da fonti biologiche che si inserisce in un contesto di sviluppo generalizzato di tutte le fonti rinnovabili (fotovoltaico, idrico, eolico, geotermico). In particolare, l’andamento delle bioenergie a partire dal 2008 ha evidenziato una chiara accelerazione, arrivando a coprire nel 2016 quasi il 7% della produzione nazionale. La crescita della componente bio-based della chimica, invece, trova giustificazione soprattutto nell’evoluzione positiva di alcuni settori a valle, come l’alimentare e la cosmesi, forti acquirenti di prodotti chimici di derivazione naturale.

Sono 576 le start-up innovative e la valorizzazione dei fanghi di depurazione

Per la prima volta nel Rapporto sono censite le start-up innovative afferenti alla bioeconomia. Sono localizzate in gran parte in Umbria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, ma anche in Sardegna, Sicilia e Puglia, tra le regioni a minore presenza di start-up innovative. L’analisi di dettaglio a livello provinciale evidenzia un ruolo importante giocato da alcuni poli universitari d’eccellenza che, insieme alla vocazione territoriale verso i settori della bioeconomia, sembrano costituire un driver importante per la nascita di imprese in questo segmento. Secondo il report, il recupero e trattamento dei reflui civili, industriali e zootecnici può costituire una fonte importante di biomassa, così come il riutilizzo dei fanghi per la produzione di compost e di energia. Gli ultimi dati dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) evidenziano infatti come il 22% dei fanghi di depurazione prodotti venga ancora smaltito in discarica tal quale o dopo trattamento. Fra le modalità di recupero, la più diffusa è il compostaggio (54%), seguito dallo spandimento in agricoltura (32%), mentre risulta ancora poco diffusa la termovalorizzazione (6,6% di cui circa la metà in cementifici). La scelta delle modalità di trattamento dei fanghi di depurazione è condizionata comunque dai vincoli normativi, dalla dotazione impiantistica esistente e dai costi di trattamento e smaltimento. In questo quadro, evidenzia il report, il recupero e il riciclo dei fanghi da reflui civili appare la procedura più promettente e con le maggiori opportunità di sviluppo.

 

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