A- A+
Economia
La reputazione dell’Italia e lo «spread civico»

 

di Enzo Manes (dal Corriere della Sera)

Lo spread è diventato uno degli indicatori più usati per valutare lo stato di salute dell’economia italiana. Lo stesso ministro dell’Economia esprime preoccupazione per il livello che ha raggiunto. Le pagine dei giornali sono piene di commenti che ne registrano ogni variazione negativa. Ma perché invece sono così poche le voci che si levano per far presente il rischio che stiamo correndo in termini di «spread civico»? La credibilità dell’Italia non si misura solo in termini di allargamento della distanza che separa il rendimento dei nostri titoli di Stato da quelli tedeschi. O meglio, la tenuta economica del Paese, inclusa la capacità di restituire i prestiti alla quale lo spread è così sensibile, non dipende da cause arcane e note solo agli esperti di finanza. Lo spread misura il livello di fiducia che altri Paesi hanno nei confronti del nostro sistema, che è fatto non solo di imprese e commerci ma anche di qualità del governo, della classe dirigente e della società civile. Per questo motivo lo spread civico, ovvero l’illusione che si possa perseguire l’interesse individuale a scapito dell’interesse di tutti, dovrebbe preoccuparci, eccome. Perché è una delle concause che pregiudicano la stabilità del Paese e la sua reputazione internazionale.

L’idea alla base è semplice ma non scontata. Cittadini non si nasce, si diventa. Tuttavia, alimentare un sentimento civico è difficile. A volte è la storia a incaricarsene, sotto la spinta di avvenimenti che generano un senso di appartenenza civica. È avvenuto negli anni della Ricostruzione, quando il Paese si è ripreso dalla guerra e si è impegnato in uno sforzo straordinario di coesione e sviluppo, suscitando un senso di solidarietà e la coscienza di una direzione comune. Anni in cui lo sviluppo sociale e la crescita economica sono state due facce della stessa medaglia. Ma poi la spinta si è affievolita fino a perdersi. Sono state molte le cause che hanno scolorito e quasi cancellato la nozione di bene comune. È stato un fenomeno non solo italiano, che ha accompagnato la diffusione di un’idea di benessere individuale in cui non sentivamo di aver bisogno gli uni degli altri. L’illusione, appunto, che l’interesse personale si potesse affermare in contrasto con l’interesse di tutti. Quasi che l’allentamento dei legami che ci tenevano insieme fosse una condizione necessaria per lo sviluppo economico. Ma ci siamo sbagliati. E le conseguenze oggi sono evidenti nelle forme di vulnerabilità che toccano le persone, le comunità, le stesse istituzioni pubbliche. Vulnerabilità che si traduce concretamente in disuguaglianze crescenti e solitudine dei più deboli, verso i quali sempre meno si è mossi da un senso di solidarietà.

La domanda è dunque come ripetere quel miracolo, al tempo stesso economico e sociale, con cui la generazione del Dopoguerra ha cambiato in meglio l’Italia. Perché i problemi che dobbiamo affrontare non troveranno soluzione senza una rinascita di spirito civico. È illusorio pensare che il problema del deficit pubblico si possa affrontare senza fare i conti con l’altrettanto oneroso deficit civico. Dobbiamo imparare di nuovo a sentirci coinvolti in un’impresa collettiva, a impegnarci nel proteggerci a vicenda dai rischi e dalle difficoltà. Ricostruendo un noi, un senso di ciò che siamo come cittadini e di ciò che dobbiamo gli uni agli altri. Essere popolo è avere una coscienza civica comune: condividere una visione e un senso di responsabilità. E tutto questo non nasce da un’appartenenza etnica o di sangue ma dall’impegno comune a rendere abitabile la realtà in cui viviamo insieme. Senza cancellare le differenze ma piuttosto valorizzandole per trascendere le appartenenze identitarie. Unendo il Paese attorno all’idea che solidarietà, senso del dovere e sviluppo non possono che procedere insieme. Come dimostra il fatto che in tutto il mondo le realtà più innovative e di maggiore sviluppo, anche economico, sono anche le più aperte e solidali. Sono realtà in cui il godimento dei diritti è in relazione diretta all’impegno di ognuno a compiere il proprio dovere, anche civico. A dimostrazione del fatto che il comportamento di chi si prende cura del bene comune genera una forza coesiva che estende i propri effetti positivi anche in termini di benessere economico. Mentre la condotta di chi si chiude in difesa dei propri interessi prima o poi si rivela un pessimo affare anche rispetto alle aspettative individuali. Curare l’interesse di tutti fa bene anche agli interessi di ognuno. Questa è la semplice idea che dovremmo contribuire a rendere normale.

Commenti
    Tags:
    spread




    
    in evidenza
    Al via le riprese del primo docufilm sulla vita privata di Alberto Sordi

    Guarda le immagini

    Al via le riprese del primo docufilm sulla vita privata di Alberto Sordi


    motori
    Alfa Romeo, dal DTM alle Super 2000 in scena al Museo Alfa di Arese

    Alfa Romeo, dal DTM alle Super 2000 in scena al Museo Alfa di Arese

    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.