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Economia
Labriola, il manager che ama correre e che prova a risollevare Tim
Il Ceo di Tim Pietro Labriola

Chi è Pietro Labriola, il manager pugliese che ama i tatuaggi

Felix The Cat
 

Qualcuno lo ha già definito il manager che riuscirà finalmente a cambiare le sorti di Tim. Altri, più prosaicamente, ricordano che la “dottrina Labriola”, che da luglio del 2022 ha annunciato l’intenzione di scorporare le attività della rete da quelle dei servizi, sta giungendo a compimento. L’accordo con Kkr è fatto, e il manager pugliese ribadisce che indietro non si torna, anche a costo di dover dimostrare le sue ragioni in tribunale. In poco meno di due anni da amministratore delegato di Tim, Labriola ha saputo imporre la sua visione industriale del colosso delle telecomunicazioni. Un gigante che è stato gravato prima da un’opa folle – la più grande mai avvenuta in Italia – che ha gravato per sempre di debito l’ex-Telecom e ha distrutto Olivetti, la più importante centrale d’innovazione del nostro Paese.

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Ma chi è Pietro Labriola? Il manager, che nel 2022 ha guadagnato 3,6 milioni di euro, ha preso il posto di Luigi Gubitosi. L’ex amministratore delegato, che paradossalmente venne silurato dopo aver portato sul tavolo un’offerta di Kkr che riconosceva agli azionisti di Tim 0,505 euro per ogni titolo per un controvalore di 11 miliardi di euro, uscì di scena nell’inverno del 2021. E al suo posto arrivò il “mago” di Tim Brasil. In cinque anni da amministratore delegato della branch sudamericana, Labriola è riuscito a rendere questa azienda una vera gallina dalle uova d’oro. Tanto che il famoso piano di Alessio Butti, che Affaritaliani.it aveva anticipato a luglio, prevedeva la vendita del Brasile per ridurre drasticamente il debito di Tim.

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Ma Labriola, che in Sudamerica ha trovato anche l’amore, è andato dritto per la sua strada. Voleva vendere la rete, perché gli investimenti necessari erano troppo elevati, perché il ritorno in alcune zone d’Italia era nullo e perché il futuro delle telecomunicazioni passa dai servizi accessori come servizi in streaming e altri dispositivi. Perché la vendita della telefonia, complice la progressiva riduzione delle tariffe, rappresenta ora un asset assai poco fruttuoso. Ridotto invece il debito di oltre 10 miliardi, resa più snella la gestione dell’azienda, Tim potrà ripartire, magari guardando al mercato del M&A. perché le fusioni si devono fare, Iliad è sempre in agguato e, dopo il tentativo andato a vuoto su Vodafone, potrebbe avere in serbo altri tentativi.

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E allora ritorna la domanda di prima. Chi è Pietro Labriola, capace di mettere in un angolo i francesi di Vivendi, principali azionisti di Tim di cui detengono il 24%? La holding di Vincent Bollorè chiedeva 31 miliardi per la rete, ma è stata sconfessata da un doppio cda che ha dato il via libera all’offerta da 20 miliardi (più fino a due di roll-out nel caso di integrazione con Open Fiber) per la rete. E per Sparkle, valutta 800 milioni dagli stessi protagonisti del fondo Kkr, si parla di un’offerta da 2,5 miliardi del governo che dovrebbe così salvare “capra e cavoli”: mantenere l’italianità di un’infrastruttura strategica e sensibile e garantire il suo ingresso nell’azionariato della società che gestirà la rete. 

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Pietro Labriola, che oggi tutti celebrano come un grande stratega, è prima di tutto un manager con un cursus honorum di tutto rilievo, sempre nel mondo delle telecomunicazioni. Si laurea a Bari in economia, dopo aver abbandonato ingegneria. Prende l’abilitazione da commercialista (“perché nella vita non si sa mai” ha dichiarato alla Gazzetta del Mezzogiorno), quindi inizia uno stage in Kpmg prima di concludere un Master in Gestione dell’Innovazione e delle Tecnologie a Tecnopolis. Primo impiego, manco a farlo apposta, è in France Telecom. Poi Cable & Wireless, Infostrada e, il 1° ottobre 2001, Riccardo Ruggiero lo porta con sé in Telecom Italia.

Sempre alla Gazzetta del Mezzogiorno Labriola ha ricordato che  il principale problema è rappresentato dal livello di debito. Ma anche che il mercato europeo è piuttosto complesso: negli Stati Uniti, con oltre 300 milioni di abitanti su un territorio grande quanto l'Europa, ci sono solo tre operatori. In Brasile, con una popolazione di 210 milioni di abitanti, si contano anch'essi solo tre operatori. In Europa, invece, abbiamo una situazione con oltre cento operatori. Lo scorso anno raccontava a D Lui di Repubblica anche alcuni aspetti della sua vita privata. Prima di tutto, la passione per i tatuaggi: uno degli ultimi è una Daruma, una bambola giapponese che ha un occhio con la pupilla e l’altro senza: “Da completare solo quando l’idolo esaudirà il mio desiderio”.

“Gli amici del calcio – dichiarava nell’intervista - mi chiamavano "polmone umano", per la mia capacità di andare avanti e indietro per il campo per 90 minuti. A Rio de Janeiro, quando ero amministratore delegato di Tim Brasile, correvo la domenica sull'Avenida Oceanica, nei momenti migliori facevo 10 chilometri in 46 minuti, quei poveretti della scorta impazzivano a starmi dietro. Sono un agonista e a farmi superare non ci sto”. E poi l’aneddoto sulla prima riunione in Tim.

“Entrai nella stanza – raccontava a d DLui - e per cinque minuti restammo in silenzio. Allora domandai: "Chi aspettiamo?". Mi risposero: "Il Dottor Labriola". "Sono io". Avevo 33 anni, pieno di grinta e ambizione.I tatuaggi li ho fatti dopo, come opere d'arte sulla mia pelle. Il peccato di gioventù è stato l'orecchino a 16 anni. È vero che l'idea di una persona te la fai dall'apparenza nei primi due minuti di conversazione, ma a me è sempre piaciuto marcare la differenza. Dobbiamo valutare le persone non per il loro modo di essere, ma per i risultati che portano”. 

Infine, la passione per la musica. Nell’intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno ricordava: “C’è una canzone che cito sempre, è “I lived” dei OneRepublic. Ha strofe come “Ho posseduto ogni secondo che questo mondo mi ha dato”. Ecco, in ufficio ho una foto che la richiama. E c’è un’altra canzone che un po’ mi rappresenta: Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa di Random. Perché nel testo c’è un “Se lo penso lo dico, se lo dico lo faccio” che riflette anche il mio carattere. Dico sempre quello che penso, nel bene o nel male, piaccia o no. E una volta che dico una cosa, la faccio “whatever it takes”. Infine, avendone la possibilità, consiglio un’esperienza di vita all’estero, perché ti accresce culturalmente, apprendi, migliori. Vai fuori e, magari, poi torni a casa, perché qui è bello”. 
 

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