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Economia
Lavoro a basso costo? No, politiche fiscali. Così gli Emirati Arabi ci battono

Un tema di grande attualità nella nostra bella Italia che oggi fatica a guarire e rimettersi in forze è quello dei lavoratori a basso costo: competitività o bassa qualità? Ne abbiamo parlato con Alberto De Franceschi, alias Fiscalista Pop.

Perché a basso costo?

In questi ultimi anni in Italia si è erroneamente, a mio avviso, pensato che globalizzazione e competitività fossero sinonimi di abbassare il costo di produzione per essere performanti con paesi “sotto-sviluppati” dove è evidente che la produzione senza alcuna norma, regolamento fiscale, etico ed economico fa costare meno… ma a quale prezzo! Purtroppo chi si occupa di economia sa bene che c'è un limite al di sotto del quale il prodotto/servizio è inevitabilmente carente. E' chiaro poi che leggere la tassazione fiscale tra i costi fissi e non tra quelli variabili è degradante oltre che per l'erosione totale del margine (guadagno), ma è anche quel componente che limita pure le assunzioni dei lavoratori ed il ciclo degli investimenti sia nella ricerca e sviluppo che nella pianificazione strategica dell'impresa. Il tutto oggi ha prodotto non poche ricadute territoriali, sociali ed economiche ovviamente negative.

alberto De Franceschi credit Alberto BuzzancaAlberto De Franceschi credit Alberto Buzzanca
 

Il basso costo vende di più o no?

Io direi di no: la risposta è sempre il giusto compromesso. Lo leggiamo chiaramente in paesi emergenti tipo gli Emirati Arabi, dove sono scappati i nostri imprenditori e i capitali attratti non dal basso costo ma dalle politiche economiche e fiscali accattivanti. Giusto per dire: le banche estere sono tassate al 20% del loro reddito imponibile negli Emirati di Abu Dhabi, Dubai e Sharjah. Le compagnie petrolifere pagano un tasso fisso del 55% sul loro reddito imponibile a Dubai e il 50% negli altri Emirati, oltre ad essere tenute al pagamento di royalties sulla produzione. Non sono previste imposte sulle plusvalenze, sul capitale e sui dividendi. Solo le società soggette ad imposta sul reddito sono tenute ad effettuare la dichiarazione fiscale. Per quanto riguarda le contribuzioni sociali non ne è prevista alcuna per gli stranieri, mentre ammonta al 12,50% dello stipendio per i cittadini dell’Emirato che lavorano nel settore privato e al 15% per quelli che lavorano nel settore pubblico. Non è prevista alcuna imposta sul trasferimento di beni mobili, mentre viene applicata una percentuale che ammonta al 2% del valore della transazione sul trasferimento di beni immobili. Per quanto riguarda le imposte sui consumi, è prevista una tassa che varia dal 5% al 10% a hotel, ristoranti e società che affittano case e appartamenti vacanza. E’ prevista un’imposta nominale sull’importazione di beni nell’area GCC (Area Consiglio di Cooperazione del Golfo), eccetto sull’importazione di prodotti e derivati di alcool e tabacco, per i quali il dazio è più alto. Una volta introdotti in area GCC, i beni non sono più sottoposti a tassazione nel caso in cui transitino nei 6 paesi membri. Nello specifico, viene applicata una tassa del 10% sui beni di lusso e del 4% su tutti gli altri beni. Alcol e sigarette sono soggetti ad un dazio pari al 30%. Le imposte comunali vengono riscosse sotto forma di un canone annuo pari al 5% del valore delle proprietà residenziali e al 10% per i locali commerciali.

Dubai applica una normativa di imposte sulle vendite come segue:

  • 30% sulle vendite di bevande alcoliche
  • 5% su servizi offerti dagli hotel (ristorazione, camere ecc.)
  • 5-15% sugli alimenti venduti nei ristoranti

La vita lì costa meno anzi, attrae interessi ed economie di chi ha denaro. Per dare un parametro di riferimento un appartamento in affitto a Dubai costa € 1.700,00 circa al mese.

Quando lo stato appalta, paga a valore di mercato o cerca la migliore offerta?

Un tema interessante: tempo fa ho moderato un incontro proprio su queste tematiche. Purtroppo, nonostante vi siano norme molto restrittive, leggiamo sulla cronaca dei giornali che è proprio lo stato che le aggira correndo tra i cavilli delle norme, arrivando in alcuni casi a crearne ad hoc per non pagare chi ha diritto; si pensi al ritardo nei rimborsi e nel pagamento degli appalti che si può leggere tra i conti in sofferenza tra diversi enti pubblici ritardi anche sopra 365 giorni.

Quando lo stato appalta cosa risparmia?

E' semplice: basta leggere ad esempio la partita oggi sbandierata del 730 precompilato. Lo stato ha costretto gli imprenditori ed i professionisti a caricare tutti i dati che un tempo facevano i propri funzionari; non solo: si è pure deresponsabilizzato sul tema rigirando le responsabilità a chi trasmette a costo zero vincolandolo con norme di sicurezza, obblighi di conservazione sostitutiva che ovviamente hanno un costo, per non parlare del costo delle procedure che imprenditori e professionisti hanno dovuto sostenere a beneficio zero. Concludiamo con la ciliegina: agli imprenditori, il tutto ha prodotto solo costi in aumento; ai professionisti (visto che alla fine erano quelli maggiormente coinvolti) dovevano elargire un compenso che veniva pagato dopo 360 giorni (invio telematico luglio/settembre, pagamento compensi fattura a Marzo con IVA fino a qualche anno fa esigibile subito e pagamento a luglio/settembre dell’anno successivo). Oggi l'apoteosi da ben due anni: prima stimano un compenso poi a ridosso del pagamento lo stato si norma pro domo sua (a proprio vantaggio) uno sconto del 30/35% di quanto dovuto. Tutto a norma vero?!

 

I sub appalti servono per risparmiare o abbassano il costo del lavoro?

Che dire? Visto l'esempio sopra riportato facciamo due calcoli: il caricamento e verifica di un precompilato quanto tempo può durare? Considerando la ricezione della persona, la verifica dei documenti (perché ne sei responsabile), l'archiviazione conservativa (perché lo stato può richiedere copia), il caricamento e la successiva stampa di quanto trasmesso, ivi compresa la ricevuta di trasmissione, facciamo “un'oretta” per essere corrett. Ora, quanto paga lo stato per questo servizio?  Euro 13,60, tutto incluso! Facciamoci una domanda se questo importo paga un dipendente che ne costa mediamente €uro 25 non considerando i costi della struttura che hanno una loro incidenza. E’ evidente che lo stato in questo modo sta sottopagando i costi minimi previsti dalle normative in materia del lavoro.  Non solo: ma poi si fa pure gli sconti del 30/35%!

 

Quali potrebbero essere le soluzioni?

In linea generale, come ho esposto per gli Emirati Arabi, serve gente competente che sviluppi norme e accordi che non partano dallo stariffare e svendersi al miglior acquirente ma tutelino realmente il ciclo economico interno; questo, come dimostrato, non è solo una questione di valore-prodotto basso. Per quanto riguarda i meccanismi tipo il 730 precompilato, mi chiedo, perché invece di valorizzare le professionalità già esistenti si è investito su un nuovo sistema informatico creando ulteriore burocrazia e costi per la macchina pubblica? O ancora, abbassare i rimborsi liquidati dalle tasse correnti evitando tutto il meccanismo fastidioso?

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