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Economia
Le Generali tornano a comprare. Occhi del Leone sul mercato cinese

Generali torna a voler crescere anche per linee esterne: dopo aver perfezionato a inizio anno l’acquisizione (annunciata nel maggio dello scorso anno e costata 425 milioni di euro) del 100% di Adriatic Slovenika e di Kd Funds in Slovenia e quella di Sycomore Factory, controllante di Sycomore Asset Management, in Francia (in questo caso l’annuncio era stato dato lo scorso settembre e il controvalore dovrebbe essere stato attorno ai 200 milioni), il gruppo triestino si prepara a mettere le mani su Tranquilidade, la seconda maggiore compagnia assicurativa portoghese, con una quota di mercato del 15%, messa in vendita dal fondo Apollo, che lo rilevò nel 2015 dal Banco Espirito Santo per 200 milioni. 

generali italia 1
 

Il gruppo guidato da Philippe Donnet avrebbe infatti ormai superato (l’annuncio ufficiale è atteso entro la prossima settimana) la concorrenza della spagnola Grupo Catalana Occidente grazie ad un’offerta di 500-600 milioni di euro, inferiore ma non di troppo rispetto ai 680 milioni di dollari (605 milioni di euro) della valutazione proposta da Apollo. Una decisa accelerazione della nuova strategia di crescita anche per linee esterne del Leone di Trieste, che potrebbe avere ulteriori sviluppi nei prossimi mesi. 

Agli operatori di Piazza Affari non appare casuale, infatti, l’auspicio formulato da Jaime Anchustegui, Ceo di Generali International, ma anche da Paolo Calcagnini, direttore finanziario di Cassa depositi e prestiti, in merito ad “una definitiva apertura del mercato agli investimenti italiani e stranieri” in Cina. Anchustegui in particolare si augura che Pechino conceda “la possibilità di controllo delle joint venture da parte degli investitori esteri anche nel mercato Vita”. 

Donnet Galateri Generali Tower
 

Generali, guarda caso, è presente in tale mercato tramite Generali China Life, una joint venture al 50% siglata nel 2002 dall'allora ambasciatore del Leone Sergio Balbinot, lo storico uomo dei mercati esteri di Generali, col partner locale China National Petroleum Corporation (Cnpc) divenuta il quarto più importante gruppo assicurativo straniero nel mercato di riferimento con una quota del 7% (oltre che il decimo più importante nei Danni, con una quota del 2,6%). 

E visto che solo chi vuole poter comprare può essere interessato alla rimozione dei “paletti” alla proprietà di un’azienda, un interesse per l’eventuale acquisizione delle minorities in mano a Cnpc appare verosimile, commenta chi segue da vicino le sorti delle Generali, ricordando come del resto già nei mesi scorsi Pechino abbia concesso ad Allianz di procedere con la creazione della prima compagnia assicuratrice operante sul mercato cinese posseduta al 100% da un operatore straniero. In alternativa, come già segnalato dallo stesso Donnet, il gruppo potrebbe cogliere al volo l’occasione di rilevare qualche gruppo di bancassurance in Asia o un assicuratore danni nell’Est Europa o persino un assicuratore sanitario globale.

La borsa ha capito che il turnaround di Generali è ormai completato ed è di nuovo tempo di crescere in mercati ad elevata marginalità o elevata crescita, tanto che dal 20 novembre, quando Donnet presentando il piano strategico 2019-2021 parlò di 3-4 miliardi disponibili nell’arco di piano per la crescita organica e tramite acquisizioni, il titolo è salito di 3 euro per azione (da 14,16 a 17,17 euro), pari ad un 21% abbondante. Nello stesso arco di tempo i suoi due competitor europei storici non hanno tenuto il passo: Axa è salita di poco più del 12% e Allianz del 14%.

Segno che la prospettiva di veder crescere quel 30% di premi ad oggi raccolti al di fuori dei maggiori mercati consolidati (Generali raccoglie in Italia, Francia e Germania oltre il 70% dei suoi premi annui) piace agli investitori, oltre che al management del gruppo triestino. Anche perché Donnet, che prima di entrare in Generali nel 2013 era stato il Ceo per l’Asia-Pacifico di Axa e dunque conosce bene le potenzialità di tale area, ha ribadito più volte che eventuali acquisizioni avverranno solo pagando “il giusto” perché pagare troppo è facile, ma alla fine si rivela sempre sbagliato. 

Un modo di ragionare che gli investitori apprezzano, soprattutto nelle fasi potenzialmente finali di un lungo ciclo economico espansivo come l’attuale, quando le valutazioni di mercato tendono a salire in parallelo al numero di operazioni di fusione e acquisizione, in qualche caso rivelandosi ex post dei pessimi affari. Una situazione in cui Donnet e i suoi uomini non intendono in alcun modo venire a trovarsi, pur essendo pronti ad approfittare di ogni occasione che si presenti loro.

Luca Spoldi

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