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Economia
Lusso, far soldi in Piazza con la moda. Della Valle ha perso il tocco

Volete scommette sulla ripresa? Approfittate della debolezza del settore del lusso, tornato sotto i riflettori dopo un’estate densa di risultati trimestrali, alcuni dei quali decisamente deludenti. Tod’s, ad esempio, ha visto il titolo cedere oltre 11 punti in settimana, portando ad oltre il 40% la perdita sugli ultimi 12 mesi, con una capitalizzazione scivolata al di sotto degli 1,6 miliardi di euro, dopo i risultati del secondo trimestre che gli uomini di Goldman Sachs hanno così commentato: “La società continua a sorprendere in termini di risparmio costi, ma crediamo che la crescita resti l’aspetto cruciale in termini di risultati e performance del titolo”. E proprio la crescita latita, con ricavi in flessione (-4,3% a cambi costanti), Ebitda (Mol) che cala a 86,3 milioni (-16,2%) ed Ebit (utile opertivo) che si riduce da 77,5 a 62 milioni (-20,1%), così la gestione ha chiuso con un utile di solo 37,4 milioni (-25,7%), subendo anche un peggioramento degli oneri finanziari netti, mentre i maggiori costi derivanti dall'investimento in Roger Vivier (415 milioni) hanno portato in negativo, per 112,7 milioni, la posizione finanziaria netta.

A pesare a sfavore dell’azienda di Diego Della Valle è un mix di prodotto, area geografica e canale distributivo meno favorevole che in passato, ma anche la crescita dell’incidenza sui ricavi degli affitti e del costo del lavoro, dovuto all’espansione della rete di punti di vendita di proprietà. Così anche agli analisti di Mediobanca Securities, che pure mantengono un rating “neutrale” sul titolo (con prezzo obiettivo a 54,4 euro), non resta che commentare: “una combinazione di fattori macroeconomici e di problemi specifici della società indicano che non è ancora il momento di essere più costruttivi sul titolo, a nostro avviso”. Settimana poco brillante (-5% abbondante, il che porta il risultato a 12 mesi a superare il 13,5% di perdite) anche per Salvatore Ferragamo. In questo caso, però, più che problemi specifici della maison, che ha visto da poco l’ingresso di Paul Andrew come nuove direttore artistico, a pesare sembrano le incertezze circa la tenuta della ripresa in Italia e in Asia e i risultati generalmente deludenti dei grandi marchi esteri come Richemont, che ha visto le vendite dei 5 mesi terminati a fine agosto in calo del 14% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e prevede di registrare una caduta del 45% dell’utile operativo per il semestre al 30 settembre.

Oppure come Hermes, che pur avendo registrato nel primo semestre del 2016 una crescita dell’utile netto del 13% su base annua (545 milioni), grazie in particolare all’andamento del segmento pelletteria, con un utile operativo cresciuto dell’11% a 827 milioni di euro, ha fornito indicazioni molto prudenti sulla parte restante dell’anno prevedendo una “crescita” delle vendite, al netto dell’effetto cambi, senza però azzardare alcuna forchetta indicativa sull’ampiezza di tale incremento (che a inizio anno era fissato attorno all’8%). Chi invece si è ben comportato in settimana è Moncler, capace di recuperare un 4% e riportarsi sui livelli di 12 mesi fa e il bilancio avrebbe potuto essere ancora più rotondo se non fossero scattate prese di profitto che venerdì hanno fatto perdere un paio di punti percentuali al titolo.

A sostenere Moncler sono le attese di operazioni straordinarie. Già a fine luglio il gruppo ha visto un primo riassetto tra i soci con l’uscita di scena di Tamburi Investment Partners dalla holding di controllo (Ruffini Partecipazioni, di cui era socia al 14%), per diventare azionista diretta di Moncler col 5,125%, e l’ingresso sempre in Ruffini Partecipazioni del fondo sovrano di Singapore, Temasek, e dell’investitore e presidente di Dufry, l’imprenditore Juan Carlos Torres (con una quota complessiva del 24,4%). Alla fine della transazione, pensata per aprire il capitale di Moncler a soci in grado di dare un maggior impulso alla crescita del gruppo sui mercati esteri, la holding d’investimento francese Eurazeo ha mantenuto il suo 15,535% in Moncler, mentre Remo Ruffini, presidente e amministratore delegato di Moncler, ha ridotto la sua presa su Ruffini Partecipazioni (che resta azionista di controllo di Moncler col 26,75%) dall’86% al 75,6%.

Negli ultimi giorni, tuttavia, hanno iniziato a circolare voci di un interesse da parte del gruppo cinese Fosun International, fatto che potrebbe svincolare Ruffini e i suoi soci dagli impegni di lock-up appena sottoscritti (tre anni per i due nuovi soci entranti, due anni per Ruffini). Fosum, controllata dal miliardario cinese Guo Guangchang, è del resto il maggior conglomerato privato della Cina continentale ed è già azionista di maggioranza (col 30%) del marchio tedesco Tom Tailor; in più dal 2013 controlla il 35% dell’italiana Raffaele Caruso, azienda che produce abiti per marchi come Christian Dior e Lanvin, e di recente ha rilevato il 60% del marchio francese Iro (il 40% è rimasto in mano ai due fratelli fondatori di Iro, Laurent e Arik Bitton). L’eventuale ingresso in Moncler potrebbe quindi accelerare ulteriormente la crescita e questo piace come detto agli analisti. Quelli di Morgan stanley, ad esempio, hanno alzato il giudizio sul produttore di piumini da “equal-weight” a “overweigh”t, e il prezzo obiettivo da 16 a 18 euro.

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