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Economia
M5S: fiscal compact e investimenti extra deficit. Minenna, ministro a 5 Stelle

di Luca Spoldi
Andrea Deugeni

Da alcune settimane se ne parla come un candidato credibile a ricoprire il ruolo di ministro dell’Economia e finanze in un eventuale governo a 5 Stelle: Marcello Minenna, economista specializzato in analisi quantitativa, commissario Consob ed ex assessore al Bilancio e alle Partecipate del Comune di Roma, posto che ha lasciato in aperta polemica col sindaco Virginia Raggi, voce critica all’interno del Movimento Cinque Stelle sul tema della carente trasparenza del movimento di Grillo e Casaleggio, potrebbe essere il nome giusto per chi vorrebbe trasformare l’M5S di lotta in un M5S di governo? Lui per ora si schernisce: “Sono solo un tecnico a disposizione del Paese”.

grillo campidoglio 03
 

Non è detto che il Paese ne abbia bisogno, ma intanto lui si esercita e prende di petto la questione del debito pubblico e del Fiscal Compact, dando fiato alle trombe di chi pensa che sia possibile cambiare le carte in tavola e rivedere (al rialzo) il tetto del 3% al deficit e l’obiettivo di un bilancio in pareggio e pazienza se nel frattempo il Fiscal Compact è finito nell’articolo 81 della Costituzione Italiana, che però, fa notare Minenna, non parla di pareggio di bilancio “tout court” ma di “pareggio strutturale”, ossia tenendo conto degli effetti del ciclo economico e delle misure “una tantum”.

La ricetta grillina per la verità non pare fondamentalmente diversa dal “tassa e spendi” che la stragrande maggioranza dei governi di destra, centro e sinistra della Repubblica Italiana hanno adottato, col risultato di far salire il debito pubblico alla cifra monstre di 2.260 miliardi di euro (pari al 132,5% del Pil), debito che quest’anno ci dovrebbe costare 64 miliardi di euro di interessi, pari a circa il 2,8% del debito stesso, un tasso più che doppio rispetto al tasso di crescita atteso del Pil. Ma potrebbero cambiare i beneficiari della spesa e coloro che subirebbero l’incremento della pressione fiscale.

m5s ape
 

Il Movimento 5 Stelle vorrebbe infatti ottenere dalla Ue il via libera a “investimenti extra deficit per far ripartire il Paese”, anche in misura superiore allo 0,5% già concesso. Una cifra, secondo Minenna “che si può modificare con un tratto di penna” e di cui ci sarebbe “estremamente bisogno” per poter avere “più investimenti in Italia, anche solo per contrastare il declino del patrimonio infrastrutturale”. Chissà se con la franchezza che lo ha sempre contraddistinto Minenna saprà guardare in faccia alla realtà e cercare una soluzione per arrestare il declino, questo sì strutturale, della produttività delle imprese italiane, prima e vera causa della mancata crescita dell’ultimo quindicennio? Se non altro sull’euro Minenna non cade nella tentazione populista del referendum sull’euro, “che tra l’altro non porta da nessuna parte.  Bisogna affrontare di petto la ridiscussione delle regole attuative dei trattati”, ribadisce il tecnico che alcuni paragonano come temperamento all’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis (la cui capacità di “battere i pugni sul tavolo” in Europa non ha peraltro esattamente impressionato i partner comunitari) e che comunque ammonisce che “un irrigidirsi delle posizioni (della Germania e dei suoi alleati del Nord Europa, ndr) avvicina una scenario estremo come l’Italexit.

Idee chiare e schiena dritta per avere più fortuna di Varoufakis in Europa ce l'ha. Chiedete, ad esempio, al presidente della Consob Giuseppe Vegas, quando Minenna lo attaccò apertamente sull'erronea gestione della fusione FonSai-Unipol. Operazione voluta dal salotto mediobanchesco con la benedizione del sistema e di Vegas che ignorava, a detta dell'economista bocconiano, la valutazione sfavorevole dei derivati in pancia alla compagnia assicurativa di Via Stalingrado. 

Minenna, siamo sicuri, ha il carisma per far ragionare qualche grillino ancora ideologico sullo scenario nefasto dell'Italexit da evitare in tutti i modi, visto che a pagare il conto, salatissimo, sarebbero i risparmiatori italiani. Non è un mistero, ad esempio, che il debito pubblico è ormai per il 75% in mano a investitori italiani, a differenza di quanto accade nel resto dell’Eurozona dove la maggior parte del debito di ciascun paese è detenuta da investitori esteri.

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La differenza indica come l’Eurozona abbia ormai steso un cordone sanitario sul debito del nostro Paese e sia pronta a sopravvivere anche all’addio di Roma. Nel frattempo di vedere come finirà il tentativo di venire a “più miti consigli” con Frau Merkel, Minenna prova a ribattere a chi, come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, propone di introdurre una “flat tax” al 25% con una “no tax area” per i primi 12 mila euro di reddito, suggerendo al contrario una tassa per i redditi più elevati che garantisca il criterio di progressività previsto dalla Costituzione e possa portare ad una maggiore ridistribuzione della ricchezza e ad un aiuto contro la povertà, dando sostegno a chi investe e a chi cerca occupazione.

Minenna sembra anche favorevole a rovesciare il trend storico delle privatizzazioni, sottolineando come “nazionalizzando Mps lo Stato avrebbe avuto il veicolo ideale per intervenire capillarmente in soccorso dell’economia reale”.

(Segue...)

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