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Economia
Italia isolata all'Eurogruppo: "Il governo cambi la manovra"

E' il secondo processo al ministro dell'economia Giovanni Tria. Il primo era stato un mese fa, quando la decisione italiana di procedere contro le regole del patto di stabilita' era fresca fresca di Nadef, nota di aggiornamento del documento di economica e finanza. La differenza di queste settimane e' la decisione della Commissione di bocciare il progetto di finanziaria 2019 in plateale violazione degli impegni assunti dallo stesso governo Conte formalmente a fine luglio. E che adesso apre la strada a una procedura per violazione del patto di stabilita', se il governo confermera' i saldi di bilancio (nel 2019 un deficit/pil nominale a quota 2,4%, una correzione minima del debito sulla base di stime di crescita giudicate unanimemente in Italia come a livello internazionale superottimistiche, un rinvio a data da destinarsi dell'obiettivo del pareggio.

Tocca in queste ore a Tria spiegare come rispondera' alla richiesta di cambiare la 'finanziaria': o, meglio, spiegare perche' non la cambiera', date le dichiarazioni pubbliche del governo. L'orientamento dei ministri e': l'Italia cambi la 'manovra'. Il sostegno alla Commissione e' pieno. L'isolamento del governo altrettanto pieno. Via via diversi ministri hanno pronunciato, ancor prima dell'inizio della riunione dell'Eurogruppo cheterminera' verso le 9 di sera (sono annunciate anche dichiarazioni del ministro Tria in serata), il loro sostegno alle mosse che la Commissione ha deciso verso l'Italia: il francese Le Maire, lo slovacco Kazimir, l'olandese Hoekstra, la spagnola Calvino, l'irlandese Donohoe. Del ministro tedesco Scholz si sa che cosa pensa e cosi' dei ministri finlandese, lussemburghese, belga.

Insomma, si sta facendo quadrato sulla Commissione europea. Non e' quasi mai accaduto che si formasse uno schieramento di questa natura pro Commissione, di solito sul banco degli accusati da parte dei governi, ed esserci riuscita, per l'Italia e' paradossalmente un vero capolavoro. Non sono attese decisioni oggi. Inizialmente gli sherpa dell'Eurogruppo avevano pensato che alla fine della riunione ci sarebbe stato un comunicato, una dichiarazione pubblica comune. Cinque righe per definire nero su bianco la posizione dell'Eurogruppo. Ma cio' sarebbe possibile solo in presenza di un accordo a '19'. Cosa che, naturalmente, non e' alle viste. Di conseguenza si attende una dichiarazione politica del presidente Centeno che interpretera' la posizione prevalente (che ora ci si aspetta unanime) dei 18.

A meno che Tria non riesca a convincere i colleghi su quanto il governo si appresta a fare. Ma questa e' una ipotesi sulla quale nessuno scommette. In effetti, l'Eurogruppo - almeno in assenza di colpi di scena di cui non si ha notizia nemmeno a Roma - non potra' fare altro che prendere atto della scelta italiana di non modificare i saldi di bilancio, pur sperando che da qui al 13 novembre (giorno entro il quale il governo deve rispondere alla richiesta di modifica della legge di bilanci) maturi qualcosa di meglio. Certamente, ci si aspetta che Tria entri nel dettaglio dei discorsi annunciati in questi giorni.

Ma si tratta di dettagli. Resta il fatto che il 2,4% di deficit nominale (incompatibile con un minimo aggiustamento strutturale dei conti pubblici, anche con lo 0,1% del pil concordato con lo stesso Tria nel corso dell'estate che il governo pero' ha rifiutato) resta cosi' come e', anche se per Tria dovrebbe essere considerato un massimo e non il vero target della manovra finanziaria dell'anno prossimo. Questa e' una impostazione che Commissione ed Eurogruppo non possono accettare: se l'obiettivo di deficit/pil e' inferiore non c'e' ragione per non scriverlo nel bilancio e allineare di conseguenza tutta la manovra.

E se le cifre non valessero cio' che esprimono, l'intera impalcatura contabile di uno Stato e della supervisione dei conti pubblici dell'area euro andrebbero in fumo. Sarebbe un gioco delle tre carte che non potrebbe che essere respinto al mittente. Ora c'e' anche la questione dell'emergenza alluvioni: e' un classico caso che rientra nella categoria degli eventi 'al di fuori del controllo degli Stati' che possono permettere una deviazione dal percorso di riduzione dei deficit. Tuttavia si tratta di valutare caso per caso la situazione, l'entita' delle spese.

E poi si tratterebbe normalmente di misura una tantum, che per definizione non rientrano nel calcolo del deficit strutturale. Difficile per il governo passare da questa scorciatoia. Perche' il problema e' proprio il deficit strutturale; l'Italia dovrebbe migliorarlo dello 0,6% e invece lo peggiora dello 0,8%. E il debito naturalmente: se nel 2018 e nel 2019 non e' assicurato che ci si muovera' verso l'obiettivo di medio termine (pareggio o semipareggio) salta la condizione in base alla quale nel 2017 l'Italia e' stata considerata rispettosa del criterio di riduzione del debito. Ecco che si puo' aprire la procedura proprio perche' l'Italia non rispetta piu' quel parametro (la procedura si chiama comunque per deficit pubblico eccessivo). Nessuno, ne' la Commissione ne' i ministri, rispondono per ora alla domanda: che cosa accade se l'Italia non cambia la legge di bilancio, come annunciato.

Semplicemente ci si augura che il governo cambi idea. Non c'e' poi molto tempo: l'8 la Commissione pubblichera' le nuove stime macro-economiche dalle quale si capira' l'entita' dello scarto tra le previsioni di crescita del governo e quelle comunitarie. Idem per deficit e debito/pil. Il 13 novembre sono attese le risposte dell'Italia: la prima sulla modifica della legge di bilancio, la seconda sui motivi che giustificherebbero secondo il governo il mancato rispetto della regola del debito. Il 21 novembre la Commissione pubblichera' la sua opinione e il rapporto sul debito italiano.

Questo dovrebbe essere fattuale e non includere immediatamente la scelta successiva perche' entro 15 giorni il comitato economico finanziario (Stati membri Ue) dovra' formulare una opinione. Solo dopo, 'se la Commissione considera che esiste un deficit eccessivo emette una opinione allo Stato membro' (potra' avvenire a gennaio). Poi prepara una proposta all'Ecofin per una decisione dei ministri sull'esistenza del deficit eccessivo e, con una mossa successiva, prepara una raccomandazione con la quale viene fissato un periodo di tempo massimo entro il quale l'Italia dovra' correggere lo squilibrio di finanza pubblica. Possono essere 6 mesi o 3 mesi nel caso in cui 'la situazione venga giudicata particolarmente seria', e' scritto nel testo del vademecum sul patto di stabilita'.

Il tortuoso percorso della procedura si intreccia con la campagna elettorale per il voto europeo. La variabile da tenere presente e' la reazione dei mercati. In fondo a Bruxelles si spera che questo sia il fattore che frenera' la scelta del governo di maturare lo scontro con Commissione ed Eurogruppo fino alla fine. Cosi' come conta, proprio in conseguenza della reazione dei mercati, il rischio contagio che puo' venire dall'Italia. Di qui la pressione di tutti i partner. Finora l'effetto contagio non c'e' stato, ma questa e' la ragione per cui l'Italia si trova isolata nell'unione monetaria. Si teme in molte capitali che la crisi possa scatenarsi dalle banche italiane, come e' noto grandi sottoscrittrici di debito sovrano.

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