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Economia
Mediaset-Vivendi, accordo inevitabile. Perché non sarà limitato alla pay-tv

C’è odore di accordo tra Mediaset e Vivendi. Per carità, gli annunci e gli atti ufficiali continuano a dire l’opposto, con il gruppo francese che approfittando della presentazione della semestrale, chiusa con 5,044 miliardi di ricavi e un utile netto di 911 milioni hanno ribadito come le cifre di Mediaset Premium “fornite prima della firma” dell’accordo sulla cessione della pay-tv del biscione “non sono realistiche e posano su una base aumentata artificialmente”, facendo anche notare come nonostante si già stata conclusa la procedura di prenotifica dell’operazione all’Antitrust Ue, l’authority non sembri intenzionata ad “occuparsi formalmente del dossier fintanto che le parti discutono i loro punti di divergenza” e comunque il via libera potrebbe non arrivare “prima del 30 settembre, data alla quale l'accordo decadrebbe”.

Come dire che le “sparate” mediatiche e giudiziarie del gruppo italiano (la capogruppo Fininvest ha chiesto 570 milioni di danni, Mediaset stessa 50 milioni al mese) sono considerate un bluff che Vincent Bolloré è pronto a “vedere” nel caso, poco probabile, che la famiglia Berlusconi voglia andare ai materassi. In realtà un accordo, anche su basi diverse da quelle inizialmente previste, ad esempio con l’intervento di un investitore finanziario, cinese o meno che sia, pronto ad effettuare, certo non gratuitamente, un “portage” rilevando per qualche tempo una quota di almeno il 20% di Mediaset Premium, così da consentire a entrambi i contendenti di evitare il consolidamento della partecipazione, conviene a entrambi i gruppi.

Mediaset, infatti, vuole liberarsi di una zavorra che dal 2007 a oggi non ha mai prodotto utili ed anzi ha dissipato risorse, visto che l’infausta decisione di strappare i diritti tv del calcio a Sky strapagandoli nel 2014 690  milioni  di euro per il triennio 2015-2018 (230 milioni all’anno contro i 130 pagati per il triennio precedente dal gruppo di Rupert Murdoch) non ha portato a risultati apprezzabili, con una perdita ancora nel primo semestre di quest’anno di 101 milioni già superiore agli 83,88 milioni di perdite dell’intero 2015, nonostante o forse a causa della crescita degli abbonati sopra quota 2 milioni. Il tutto mentre Sky, sempre a fine giugno, ha visto gli abbonati risalire a 4,742 milioni, 17 mila più che a fine 2015, con 2,79 miliardi di ricavi e un utile operativo di 67 milioni.

Vivendi per contro continua a ripetere di voler creare un gruppo di produzione e distribuzione di contenuti con un forte radicamento nell’Europa del Sud, col suo amministratore delegato Arnaud de Puyfontaine dettosi pronto a fare in modo “che sia presa una buona decisione”, a patto però “che le parti concordino sui dettagli dell’accordo”. Dettagli che nonostante le smentite di rito potrebbero riguardare la trasformazione dell’operazione nel prodromo per arrivare alla fusione Mediaset-Telecom Italia, in vista di un’ulteriore integrazione di quest’ultima con Orange (France Telecom), così da dare vita a un colosso a guida francese in grado di tener testa non solo a Sky ma anche agli americani di Netflix o Google che continuano a rubare ogni giorno pubblicità ai vecchi media generalisti come Mediaset stessa.

Unico scoglio ancora da affrontare, più che la determinazione del prezzo, in contanti o azioni, in grado di accontentare sia i venditori sia gli acquirenti, è a questo punto quello politico. In Italia il governo Renzi non sembra pronto a dare un via libera incondizionato al finanziere bretone, che con l’aiuto di Mediobanca sembrava pronto a forzare la mano anche in Unicredit e Generali, tanto che il ventilato ingresso di Cassa depositi e prestiti in Telecom Italia per favorire la crescita della fibra ottica pare su un binario morto, in Francia (azionista di Orange direttamente col 13,4% e indirettamente per un ulteriore 9,6%) l’Eliseo sembra voler capire se vi sia realmente la possibilità di entrare sul mercato telefonico italiano attraverso la porta principale, ossia ottenendo il controllo dell’ex monopolista italiano.

Luca Spoldi

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