Mediaset, Vivendi sceglie Telecom. Così dovrà cedere su Premium. Ecco perché
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Vivendi scioglie le riserve: a pochi giorni dalla decisione dell’Agcom che ha imposto alla società francese di rimuovere entro un anno la posizione dominante vietata creatasi per effetto della partecipazione acquisita in Mediaset (il 28,8%) e del controllo di fatto di Telecom Italia (dove i francesi sono soci al 23,9%), di fatto obbligando Vincent Bolloré a scegliere (entro i 60 giorni di tempo concessi per presentare uno specifico piano d’azione da adottare per ottemperare all’ordine) se cedere l’una o l’altra, la società ha ribadito con una nota il proprio impegno a lungo termine in Telecom Italia.
Bolloré pare dunque aver ascoltato il consiglio di Angelo Marcello Cardani, presidente dell’Agcom, che commentando l’ordinanza aveva sottolineato come se “la direzione naturale sarebbe quella di mantenere la propria presenza in Mediaset e di disfarsi di Telecom Italia” data la specializzazione culturale di Vivendi, “se Telecom finisse per aver una rete in fibra ottica super veloce niente le impedirebbe, padrona di uno strumento di trasmissione estremamente moderno, di acquistare contenuti da qualcun altro e cominciare a veicolarli sulla propria rete in fibra”, così da riacquisire grazie alla convergenza tecnologica di due settori “quella che secondo alcuni è la propria inclinazione professionale o culturale da tempo”.
E difatti, nella nota di Vivendi, un passaggio chiave pare quello in cui si sottolinea come “mentre l’industria dei media e delle telecomunicazioni sta evolvendo verso un sistema convergente, bastato sull’integrazione tra contenuti e distribuzione, Vivendi si trova in una posizione unica, quella di poter far leva sull’intera catena del valore grazie all'utilizzo dei propri contenuti premium, delle piattaforme di distribuzione, delle partnership e della possibilità di raggiungere un ampio bacino di consumatori.
L’ex monopolista telefonico italiano, del resto, non sembra interessare a Orange (l’ex France Telecom), nonostante le ipotesi circolate da mesi al riguardo. Stephane Richard, numero uno del gruppo, ha infatti dichiarato che il momento non è “particolarmente adatto” per pensare di entrare nel mercato italiano, anche se il gruppo sta monitorando attentamente la situazione, dal momento che vi sono alcuni player già operativi che potrebbero essere influenzati dalla prossima entrata nel mercato di Iliad.
Ma se Telecom Italia non interessa a Orange e può invece giocare un ruolo chiave nell’offerta di Vivendi sfruttandone la capacità di produzione di contenuti, di distribuzione digitale e di comunicazione, resta da vedere in che tempi e in che modi il gruppo francese si disferà della sua partecipazione in Mediaset, titolo su cui oggi Goldman Sachs ha ridotto il target price a 3,79 euro confermando il proprio “neutral” da un lato grazie al più chiaro percorso verso una redditività sostenibile “alla luce della strategia sui diritti del calcio e sulla pay tv”, dall’altro proprio per la “più ridotta probabilità di fusioni e acquisizioni dopo la decisione dell’Agcom”. Un’ipotesi potrebbe essere quella che Vivendi sterilizzi entro un massimo del 10% i propri diritti di voto in occasione dell’assemblea di Mediaset del prossimo 28 giugno e si prenda poi tutto il tempo necessario per trovare investitori interessati a rilevarla partecipazione azionaria in eccesso, pari a circa un 19% ovvero circa 815-825 milioni di euro ai prezzi attuali.
Ipotesi che però non rimuoverebbe il rischio di dover pagare gli 1,5 miliardi di danni chiesti da Mediaset, almeno se non si arriverà ad un accordo che risolva anche il “nodo Premium”. Accordo che dunque sarà trovato. Del resto sulle attività di pay-tv del Biscione anche Pier Silvio Berlusconi, che di Premium è stato il più forte sponsor finora, sembra ormai aver alzato bandiera bianca, cosa che potrebbe contribuire a ridurre le richieste da parte italiana.
Come dimostra la decisione di trasmettere in chiaro entrambe gli scontri Juventus-Barcellona dei quarti di finale della Champions, Mediaset ormai punta a recuperare raccolta pubblicitaria sulle reti in chiaro, tanto più dopo un primo trimestre che ha visto il gruppo alzare i prezzi e allo stesso tempo incrementare la propria quota di mercato dello 0,8%, nonostante una competizione sempre più decisa in particolare da parte di Sky e Discovery sui canali 8 e 9 del digitale terrestre.
(Segue...)