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Economia
Mediobanca, Caltagirone va in pressing. Donnet si gioca il rinnovo in 7 mesi

A detta di chi lo conosce bene, la mossa di Francesco Gaetano Caltagirone ha un unico senso: Mediobanca deve smettere di fare il buono e il cattivo tempo in Generali e gli altri azionisti forti a Trieste non devono più vedersi calare dall’alto le scelte sulla composizione del board del Leone, in particolar modo sull’amministratore delegato.

alberto nagel caltagirone ape
Francesco Caltagirone e il Ceo di Mediobanca Alberto Nagel

E’ da leggersi così, spiegano ad Affaritaliani.it alcune fonti vicine all’ingegnere romano, primo azionista singolo nella compagnia assicurativa dopo Piazzetta Cuccia, la mossa di Caltagirone di fare il proprio ingresso a sorpresa anche nella catena societaria a monte delle Generali con l’1,014% (ha già un 5,65% diretto nel gruppo assicurativo). Quota che uno degli uomini più liquidi d'Italia potrebbe far salire fino al 5%.

Il timing dell’acquisto non è casuale: il consiglio di amministrazione del Leone sta entrando nel suo ultimo anno di mandato, sette mesi (i giochi si faranno in autunno, ma le discussioni fra i soci, che Caltagirone vuole anticipare, partiranno prima dell'estate) in cui il Ceo Philippe Donnet si giocherà la riconferma alla guida del gruppo triestino.

E’ vero che dalla scorsa primavera è stata introdotta in Generali la modifica statutaria secondo cui spetta al consiglio uscente presentare la lista per il rinnovo del board, ma la composizione del futuro Cda scaturirà dalla dialettica fra i grandi soci della compagnia che, oltre a Mediobanca (con il 12,97%) e a Caltagirone, sono Leonardo Del Vecchio (primo azionista in Piazzetta Cuccia con il 13,2% e a Trieste con il 4,84%) e la famiglia Benetton (3,98%). 

LP 4572684
Leonardo Del Vecchio

Non è un segreto che Donnet non faccia parte del “dream team di manager assicurativi” del socio Caltagirone e come non è un segreto che l’ingegnere capitolino sia sempre stato critico nei confronti della gestione del Ceo del Leone.

Ma a differenza di alcune indiscrezioni che vorrebbero il costruttore romano, che a Trieste è anche vicepresidente, già in manovra per trovare un nuovo capo-azienda per il prossimo mandato triennale del board, alcune fonti rivelano che alla fine verranno invece osservati e valutati i risultati del gruppo in questo ultimo anno. Stesso atteggiamento laico che, a quanto pare, terrà anche Mediobanca. Anche Del Vecchio avrebbe espresso delle criticità sulla gestione delle Generali, ma la valutazione complessiva dell'operato di Donnet pare positiva per i risultati finanziari, meno per la view industriale.

banca generali
 

A parte il dossier Cattolica su cui si stanno registrando delle frizioni, quello che Caltagirone pare abbia sempre posto sul tavolo della governance è, oltre a una gestione non efficiente del capitolo M&A, la necessaria presenza a Trieste di un direttore generale esecutivo diverso da Frederic de Courtois, un manager in grado di presidiare meglio e più da vicino rispetto a quanto fatto dal braccio destro di Donnet il business assicurativo colmando la distanza fra il group Ceo e le divisioni operative.

Più in piccolo il principio che ha ispirato l’ingegnere romano nell’entrare nel capitale di Mediobanca è lo stesso che ha motivato, ma con una mossa molto più aggressiva, l'investimento in Piazzetta Cuccia di Leonardo Del Vecchio che salirà progressivamente nel libro soci a botte dell’1% al mese fino a fermarsi alla soglia del 20%. Ma l’obiettivo è lo stesso: dettare legge a Trieste per riportare Generali ai “vecchi fasti”. Un investimento, oltretutto, dove Caltagirone ha sborsato più soldi di tutti gli altri componenti del nocciolo duro di azionisti tricolori e continuerà a farlo. Ora, per l'intricato intreccio azionario nella Galassia del Nord, sotto gli occhi vigili della Consob.

@andreadeugeni

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