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Economia
Mediobanca, i big della manifattura grandi in casa e piccoli all'estero

I BIG MANIFATTURIERI QUOTATI ITALIANI SONO: UNA SPECIE SEMPRE PIU’ RARA

Il gruppo delle grandi imprese manifatturiere quotate e con sede in Italia è sempre più smilzo: si sono perse Exor (ora olandese), Luxottica (a breve francese), Pirelli e Italcementi (delistate dopo takeover straniero), e Parmalat stava seguendo la stessa strada. I Top10 italiani sono sempre più statali e a controllo estero, sempre meno di imprenditori italiani.

GIGANTI IN CASA MA NANI FUORI

La dimensione dei nostri BIG resta inferiore: nel 2016 hanno fatturato 84 mld €, meno di un decimo dei Top10 tedeschi (767 € mld), un quarto di quelli francesi (327 € mld), metà di quelli britannici (180€ mld). I Top10 italiani pesano il 5% sul Pil, il 15% in Francia, il 24% in Germania.

MENO PRESENTI ALL’ESTERO

Il fatturato non domestico dei Top10 italiani è pari al 76,8%, meno dell’85,8% francese e dell’83,2% tedesco. La quota di personale all’estero è pari al 65,7%, dietro la Francia con il 70,7% ma davanti alla Germania con il 59,1% che trattiene sul proprio territorio la quota maggiore di maestranze.

MENO DINAMICI E PERDONO MARGINI

Nel 2016 i Top10 manifatturieri italiani hanno segnato una crescita di fatturato del 5,1% sul 2012, più bassa di quella dei tedeschi (+11,9%), francesi (+6,6%) e britannici (+5,7%). I margini industriali sono in forte riduzione (-30,5%); calano, ma meno, anche quelli britannici (-5,8%), mentre crescono quelli francesi (+35,7%) e tedeschi (+21,9%).

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MENO REDDITIZI E MACINANO POCHI UTILI

La Top10 con i migliori margini industriali è quella britannica che nel 2016 segna un ebit margin del 18,4%, davanti a Francia (12,4%), Germania (8,8%) e Italia (3,2%). Sono ancora le Top10 britanniche a superare le altre per redditività netta (Roe): 23,8% contro il 13,7% delle tedesche e il 12% delle francesi. Ancora in fondo, e pure in rosso, le italiane con Roe negativo del 3%. I 40 BIG della manifattura tedesca, francese, britannica e italiana hanno cumulato tra il 2012 e il 2016 utili per 403 € mld: 200 € mld i tedeschi, 103 € mld i britannici, 96 € mld i francesi e solo 4 € mld i dieci BIG italiani. Ma i due campioni di perdite cumulate sono la francese Peugeot (-5,4 € mld) e la tedesca ThyssenKrupp (-5,2 € mld).

CREATORI DI OCCUPAZIONE E CASSEFORTI DI LIQUIDITA’, MA INVESTONO POCO

I Top10 italiani fanno registrare la maggiore crescita degli organici (+7,2% sul 2012) soprattutto all’estero (+11,2%). Il numero di dipendenti aumenta anche in UK (+5,8%), Germania (+5%) e Francia (+1%). Inoltre, i Gruppi italiani risultano i più liquidi, con un’incidenza sul debito pari al 41,7%, contro il 36,6% dei francesi, il 23,6% dei britannici e il 13,4% dei tedeschi. Bassi invece gli 2 Media Relations tel. +39-02-8829319 / 875 media.relations@mediobanca.com investimenti che si fermano al 6,2% dello stock, allineati a quelli francesi, ma metà della Germania (12,5%) e inferiori a quelli britannici (8%).

PENALIZZATI DALLA BORSA

I Top10 italiani in Borsa vanno peggio: +13,6% la variazione nel quinquennio 2012-2016, contro il +39,9% dei tedeschi, il +34% dei francesi e il +29,8% dei britannici.

DENTRO I CONFINI DI CASA NOSTRA: LENTE SUI 41 GRANDI GRUPPI INDUSTRIALI ITALIANI TANTO PUBBLICO E TANTA ENERGIA, MA SUGLI SCUDI STA LA MANIFATTURA PRIVATA

Nel 2016 il giro d’affari aggregato dei 41 grandi Gruppi italiani vale 342 mld € in calo del 5,3% sul 2015 e del 17,4% sul 2012. Il 61,6% delle vendite fa capo al settore pubblico, il 38,4% a quello privato; di esso il 7,7% è di proprietà straniera. Il 47,5% del giro d’affari proviene dal settore energetico, il 29,6% dalla manifattura, il resto prevalentemente dal terziario (autostrade, poste, tlc, tv, …). Oltre un terzo del fatturato dei grandi Gruppi fa capo a Enel (69,1 mld €) ed Eni (55,8 mld €). Seguono Poste Italiane (28,6 mld €) e FCA Italy (26,2 mld €). Nel 2016 il fatturato dei grandi Gruppi ha perso il 5,3% sul 2015 (-1,5% sul mercato domestico e -8,4% all’estero), con forte contrazione del settore pubblico (-9,8%) e buona crescita di quello privato (+3%) trainato dalla manifattura (+5,5%, di cui +14,4% fatturato domestico, +4% estero). I Gruppi cresciuti di più nel 2016 sono: Moncler (fatturato +18,2% sul 2015), FCA Italy (+14,8%) e Recordati (+10,1%); seguono Brembo (+8,6%), Iren (+7,2%, prima local utility) e Poste Italiane (+6,1%, primo gruppo statale); in coda Eni (-22,9%), Saras (-16,8%) e Saipem (-13,3%). Il fatturato non domestico dei grandi Gruppi pubblici è pari al 47,1%, ma è la manifattura privata ad avere la più alta proiezione internazionale con il 70,3%. I 41 grandi Gruppi italiani hanno registrato un calo dell’occupazione (-1% sul 2015), con il pubblico che ha ceduto il 3,3% (-11,2% all’estero e -0,8% in Italia), mentre la manifattura privata ha aumentato la forza lavoro dello 0,9% sia all’estero sia in Italia.

ANCHE I MARGINI PREMIANO I PRIVATI

Sul fronte della redditività industriale, tra il 2015 e il 2016 crescono i margini industriali dei Gruppi privati (MON +7%), mentre nei Gruppi pubblici la variazione è negativa (-6,7%). L’ebit margin dei Gruppi privati supera, seppur di poco, quello dei pubblici (9% rispetto all’8,8%).

PUBBLICO PIU’ SOLIDO, PRIVATO PIU’ LIQUIDO

ll pubblico risulta patrimonialmente più solido del privato, con il capitale netto tangibile rispettivamente pari al 78,7% e al 30,6% dei debiti finanziari. Ma il privato è più liquido del pubblico, con un’incidenza della liquidità sul debito finanziario rispettivamente pari al 27,7% contro il 18,9%.

I GRANDI GRUPPI E I DIVIDENDI

I 41 Gruppi italiani quanto hanno reso agli azionisti? Dal 2012 al 2016 i dividendi cumulati distribuiti sono oltre 50 mld €, di cui 12,4 mld € agli azionisti pubblici, contro i 5,9 mld € riscossi dagli azionisti di controllo privati. Eni davanti a tutti (5,3 mld €), seguita da Enel (2 mld €), Poste Italiane (1,6 mld €) e Snam (1,5 mld €). Tra i privati Luxottica (1,3 mld €) e Prada (1,1 mld €).

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