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Economia
Mediobanca, le prede ideali di Nagel? Finanza&Futuro e Allianz Bank

Il “trumpismo” e l’incertezza politica in generale hanno condizionato, condizionano e condizioneranno ancora per molti mesi i mercati finanziari in Europa e in Italia particolare, non solo in termini di maggiore volatilità dei listini azionari e obbligazionari, ma anche agendo da freno, come notano gli analisti d S&P’s Global Ratings, all’attività di fusioni e acquisizioni (M&A) nel “bel paese”, calata nei primi nove mesi dell’anno a 10,7 miliardi di euro (dai 31,8 miliardi dei 9 mesi del 2015), di cui solo 5 miliardi riferiti ad acquisizioni e fusioni realizzate da gruppi italiani.

C’è però almeno una blue chip del listino italiano che potrebbe approfittare del calo delle valutazioni (in media calate a 9,8 volte l’Ebitda, sui minimi dal 2012) per andare al bersaglio: nella presentazione del nuovo piano industriale di Mediobanca, ieri, uno dei punti che più ha attirato l’attenzione, oltre agli 1,5 miliardi di euro di previste ulteriori dismissioni di partecipazioni, è stato l’annuncio che nel triennio 2017 -2019 vi saranno “200bps di capitale disponibili per acquisizioni” nell’area del Wealth Management.

Se la reazione del mercato è stata finora di grande prudenza (il titolo ha chiuso ieri in calo del 2,2% e a mezzogiorno odierno lasciava sul campo un ulteriore 2,9%), complici i timori per l’esito del referendum del 4 dicembre che continuano a pesare sull’intero comparto bancario italiano, quale potrebbe essere l’identikit di una “preda” in grado di riscaldare l’interesse di analisti e investitori? Visto il ritorno sul capitale allocato (Roac) garantito finora dall’investimento in Generali è stato del 20%, anche la futura preda dovrà poterlo garantire. Ma guardando tra le slide della presentazione di Mediobanca si scorgono ulteriori indizi.

CheBanca! in particolare avrà l’obiettivo di trasformarsi da raccoglitore di depositi a un raccoglitore di patrimoni in gestione (visti salire ad almeno 4 miliardi di euro nel triennio), puntando al segmento affluent-premier (ossia ad investitori con un patrimonio tra 50 e 500 mila euro) tramite servizi multi-canale fortemente digitalizzati. Ad Alberto Nagel, insomma, comprarsi una rete “tradizionale” non interessa, anche perché da qui al giugno 2019 è già previsto che ai 70 consulenti finanziari del gruppo si affianchino altri 250 colleghi (con l’ulteriore obiettivo di arrivare ad avere 600 consulenti finanziari in rete entro i prossimi 5 anni), spostandosi verso le dimensioni e il modello di competitor come Allianz o Azimut.

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