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Economia
Mediobanca non accelera nel gestito. Rumors: perplessità su Nagel

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Che il nome di Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, sia finito nel radar dei cacciatori di teste di Egon Zender, incaricati da UniCredit di trovare il successore di Federico Ghizzoni, è ormai una notizia di pubblico dominio.

Quello che invece non è ancora totalmente emerso alla luce del sole, ma che si vocifera ormai da qualche mese negli ambienti finanziari della City milanese, è che il Ceo di Piazzetta Cuccia, che si appresta a tagliare il traguardo del decimo anno come timoniere della merchant bank ed entrato nell'istituto nel lontano '91, pare sia l'oggetto dello scontento di qualche socio forte della banca. Quelli storici, per intendersi, che fra azionisti finanziari, industriali e francesi (Vincent Bollorè), controllano oltre il 31% del capitale.

In questa compagine, secondo le indiscrezioni, ci sarebbe più di qualcuno che vedrebbe di buon occhio il passaggio di Nagel in UniCredit che assumerebbe i contorni dunque di un "promoveautur ut amoveatur" del manager (peccato che per quella poltrona i bene informati che seguono da vicino le sorti del gruppo di piazza Gae Aulenti danno in pole position il banchiere di Ubi Victor Massiah. E non Nagel).

Cos'è che avrebbe innescato il ragionamento critico di qualche socio, proprio ora che Mediobanca si avvia a chiudere il bilancio 2015 che conclude il cammino triennale dell'ultimo piano industriale disegnato da Nagel, strategie che oltretutto, attraverso il cambio di pelle dell'istituto (ridotto il peso-contributo della divisione Principal investing in favore di un'attività bancaria più classica) nell'era post-Lehman, hanno permesso di trasformare il rosso del 2013 in utili via via crescenti?

Secondo i rumors (ma basta guardare gli andamenti dei principali gestori quotati a Piazza Affari), quello che avrebbe destato qualche perplessità è che con un brand blasonato come quello di Mediobanca, il capoazienda non abbia capito che invece del credito al consumo e del retail classico (oltretutto soggetto a una più che aggressiva concorrenza del settore fintech) avrebbe dovuto accelerare e concentrare il grosso degli sforzi sull'implementazione del risparmio gestito, il business finanziario che ormai da più di due anni sta tirando più di tutto in Italia.

Con la recessione, infatti, gli italiani hanno risparmiato moltissimo, i tassi d'interesse si sono abbassati ed è emerso con forza il bisogno della gente di sapere come investire i propri soldi. Una domanda che Nagel non sarebbe riuscito a intercettare con forza. Invece di Compass, dell'apertura di un ufficio a Londra(con costi enormi) per competere con Goldman Sachs e di CheBanca! perché, è il ragionamento che si fa, non è stata colta appieno l'occasione del business che cresce di più e con i margini più elevati di tutti che è quello del risparmio gestito?

Il successo di Banca Generali, Fineco, Azimut e persino di Mediolanum, che da asset manager mass market è stata lesta a posizionarsi sulla clientela affluent (proprio quella che il brand Mediobanca non avrebbe certamente avuto difficoltà a conquistare), è sotto gli occhi di tutti. E il capoazienda, a cui spetta la vision e il disegno delle strategie, avrebbe dovuto cogliere le tendenze del mercato per assicurare il massimo rendimento agli investimenti degli azionisti. Così, pare che qualche socio storico di Mediobanca, dopo aver storto la bocca, stia cercando di condividere le sue considerazioni nell'ex salottino, cercando altri alleati che di Rcs e Generali non ne possono davvero più. 

Tags:
mediobancale perplessità di alcuni soci sulle strategie di nagel





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