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Economia
Mercati, fanno più danni truffatori o chi sbaglia le stime? L'esempio Madoff

Nell'era della finanza creativa, della ricchezza a crescita infinita, dei modelli matematici infallibili, degli algoritmi magici, dei metodi a rendimento garantito e di tutte le diavolerie della tecnologia applicata alla finanza, l'autore dello scandalo del nuovo secolo (il tramonto di un modo di fare finanza) non è un nouvel enfante prodige o un rampante ingegnere finanziario. L'Arsenio Lupin, l'architetto di un castello di carte, l'illusionista che ha ammaliato l'elite, il pifferaio che ha portato il denaro al lago per poi vederlo affondare, è un vecchio (permettetemi l'agettivo) gestore di 70 anni, con un pedigree di grande rispetto, nel cui curriculum è presente anche una carica istituzionale della grande finanza come la presidenza del Nasdaq, dotato di vari optional come il passepartout per i circoli e le organizzazioni più importanti. All'anagrafe Bernard Madoff, per gli amici Bernie, sconosciuto a molti di noi mortali, un idolo per quelli che contano, oggi è un appestato per tutti.

Secondo gli ultimi dati, si tratta di una mega truffa di 50 miliardi di dollari, le varie Parmalat e Worldcom impallidiscono al confronto, Milken, Hoffenberg, Bennet per non parlare del nostrano Ricucci (solo per rimanere ai casi più recenti) al confronto sono dilettanti. Chi pensa che il grande calderone di questo truffa finanziaria sia stato preparato grazie alla tecnologia più sofisticata della nuova finanza creativa, si sbaglia di grosso. Bernie, che a 70 anni pensava ormai di farla franca, diffidava della tecnologia, la sua contabilità era custodita in uno sgabuzzino nel sottoscala del suo appariscente ufficio newyorkese. Classico gioello di rappresentanza, luccicante come uno specchietto per le allodole, il formaggio per i topi della finanza sempre alla caccia di alti e facili rendimenti. E per far capire quanto era all'antica il personaggio che ha ipnotizzato la finanza moderna, sembra che le transazioni da lui effettuate, fossero rigorosamente annotate a matita per poter essere facilmente cancellate ad uso e consumo del falso. 

Madoff diffidava della tecnologia, inaffidabile, lascia tracce indelebili. La storia insegna, vedasi le martellate ai computer di casa Parmalat, prima che scoppiasse lo scandalo, o la botola nel pavimento trovata in casa Rizzoli che secondo gli inquirenti conteneva documenti compromettenti. E in tutta questa antica saggezza popolare, l'amo usato per pescare la ricchezza mondiale è il più antico dei trucchi: il "Ponzi scheme", più volgarmente detto "Catena di Sant'Antonio". Un sistema di facile applicazione, ma di durata limitata, il gioco funziona fintanto che il numero di chi versa denaro è superiore a quello di chi lo riscatta. Quando (come in questo caso) vi è stata una grande richiesta di rimborso e presumo minima di versamento, con una cassa ridotta ormai all'osso, la catena è saltata e sono venute a galla le lacune. Un sistema molto semplice, che si è ripetuto in tutte le ere finanziaria e a tutti i livelli delle classi sociali, e che puntualmente, non ha mai funzionato.

E’impossibile, prima o poi la fune, o meglio la catena non regge, perchè arriva sempre il momento in cui i versamenti diminuiscono e gli impreparati e gli improvvisati sono costretti a chiudere. Bernie non ha fatto nessuna distinzione di classe, anzi ha letteralmente incendiato il denaro dei ricchi, un fuoco che ha fatto devastazione in ogni categoria: pensionati di lusso a Palm Beach, anziani in case di riposo, giocatori di squadre di baseball, gli gnomi delle banche svizzeri, gli invincibili delle banche spagnole, personaggi televisivi, monarchi del real estate, mecenati del Brandeis Museum e persino enti di beneficenza. Qualcuno l’ha chiamato “il falò delle vanità”.

Un Madoff che improvvisamente viene declassato, allontanato ed evitato. Subito dopo all’avvio dell’indagini ci fu la fila di quelli che già sapevano che gli investimenti di quell’improvvisato Guru erano fasulli, ma nessuno si era posto il dubbio prima, il dubbio di come si potessero ottenere rendimenti così generosi anche in fasi difficili, o difficilissime come quella del 2007/2008.

La radice di questi crack di solito è nell’imperizia, in chi da un servizio e in chi lo riceve, e nell'illusione degli alti rendimenti istantanei ed infiniti che possano essere generati in modo perpetuo, in ogni situazione di mercato, cosa che nella realtà è oggettivamente impossibile.

Era il dicembre del 2008, esattamente 10 anni fa quando scoppiava lo scandalo Bernie Madoff, un uomo ai più sconosciuto che balza agli onori della cronaca e mette in subbuglio una finanza già in crisi da tutto quello che stava accadendo. Fu uno degli scandali più eclatanti partoriti dalla crisi del 2007/2008, tanto eclatante che secondo molti commentatori fu indicato come uno dei principali imputati e colpevoli di tutto quello che stava accadendo, salvo poi scoprire che il fallimento della Lehman Brothers, il fallimento di molte finanziarie e dei mutui subprime, erano il frutto avvelenato di un sistema economico e finanziario ormai eccessivamente intossicato.

Sono i gravi errori di valutazione. 

Errori di valutazione che si ripetono spesso, più frequentemente di quanto si possa pensare, e soprattutto accadono nei momenti di difficoltà di ribasso, dove le concitazioni creano confusione generale. Negli ultimi 10 anni, per capirci da Madoff ai giorni nostri, più volte si è letto e sentito ripetere che quella del 2008 era solo l’inizio di una crisi ancora più grande, e successivamente, tutti gli ostacoli di percorso, di volta in volta, sono stati presi a pretesto per fare sensazionalismo, salvo poi risultare un buco nell’acqua. Ricordate la crisi immobiliare a Dubai? Era il 2010. O quella cinese, oppure quelle dei referendum in Catalogna e in Italia, oppure il problema Corea del Nord, o quello dei “Pigs”, o il crollo del Petrolio (poi risalito e nuovamente sceso), o la Grecia che doveva uscire dall’Euro, e poi la Brexit.

A proposito di Brexit, prima del referendum del 2016, Mark Carney (governatore della Banca d’Inghilterra) spaventò gli inglesi prima del voto, dicendo che nel caso di voto favorevole all’uscita dall’Europa, l’Inghilterra sarebbe caduta in recessione. Recessione che, grazie a un ciclo economico espansivo mondiale ben avviato, fortunatamente non ci fu, tanto che la stessa Banca d’Inghilterra, per voce di uno dei suoi economisti con onestà intellettuale, fu costretta ad ammettere di essersi sbagliata.

Oggi, la stessa Banca d’Inghilterra, ammonisce le autorità impegnate nella “trattativa Brexit” che senza un accordo chiaro e definitivo, avverrebbe un “armageddon”.

Possiamo ancora credere a queste previsioni, seppur prodotte da illustri autorità, che spesso dimostrano di essere fallaci? Previsioni che sembrano avere l’unico effetto di confondere invece di essere un aiuto.

A questo punto ci si chiede se per i risparmiatori siano più dannosi i truffatori, i previsori o come in questo caso i previdenti, visto che ogni anno sentiamo ripetere le avvertenze di una prossima crisi quando invece sono 9 anni che la crescita continua costante. Dal “falò delle vanità” è nata una fenice di nuova ricchezza.

@paninoelistino

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