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Economia
Mercati, Serra (Agebris) ad Affari: "Bolla negli Usa. Puntare sull'Europa"

di Andrea Deugeni
twitter11@andreadeugeni

CERNOBBIO - Quando la Bce stopperà il suo quantitative easing e quando la Federal Reserve alzerà nuovamente i tassi? E, ancora, siamo di fronte a una bolla sul mercato azionario americano? Se sì, quando esploderà? Dove è meglio investire? Mentre al Forum Ambrosetti si discute di prospettive dell'economia italiana, europea e mondiale, fra gli addetti ai lavori tengono banco anche gli argomenti di asset management che polarizzano il dibattito fra gli operatori sui mercati finanziari. Affaritaliani.it ha intervistato Davide Serra, fondatore e amministratore delegato della Sgr con base a Londra Algebris Investments, manager da molti ritenuto un guru della finanza che racconta la propria view. Poi, dice la sua sullo stato di salute delle banche tricolori, sul rischio-spread e sui rischi per l'Italia... 

Quando la Bce dovrebbe far partire il tapering, riducendo gli acquisti di titoli all’interno di Eurolandia?
“Per far ripartire l’economia il presidente della Bce Mario Draghi ha dovuto contribuire a spingerla. Quindi, per evitare che si fermi di nuovo, l’Eurotower rallenterà gli acquisti, ma continuerà a spingere. Potrebbe passare da un ritmo di 60 miliardi di titoli acquistati al mese, a 40 e poi 20. Ma sempre continuando con un atteggiamento espansivo in modo che l’economia non si fermi. E’ una mossa positiva: da una parte, il Pil dell’eurozona continua a crescere, dall'altra la Bce inizia a comprare di meno, immettendo meno liquidità sul mercato. Il successivo rialzo dei tassi d'interesse in Europa sarà funzione di quando verranno rialzati quelli negli Stati Uniti”.

davide serra ape
 

Lo scenario attuale che abbiamo di fronte…
“Sì. Se gli Usa li incrementano, anche l’area euro ha spazi per aumentarli, altrimenti non può farlo. E' semplice”.

A proposito di tassi d’interesse americani, a dicembre si attende il terzo incremento di quest’anno o il Fomc rinvierà ancora la nuova stretta monetaria?
“La Federal Reserve è già, come si dice in gergo tecnico, ‘behind the curve’ (rimasta indietro, ndr).    Sono cinque anni che gli Stati Uniti crescono a un tasso del 2%, sono in piena occupazione e hanno picchi e bolla sul mercato azionario, continuando però a tenere il costo del denaro vicino alle zero”.

E quindi?
“La situazione che ci troviamo di fronte significa che o l’economia sta crescendo e la Fed deve alzare i tassi d’interesse e quindi il mercato scende oppure l'economia non è ancora forte e bisogna rinviare la stretta. Ma il mercato non può continuare a viaggiare a questi livelli, prezzando i titoli azionari 25 volte gli utili. La posizione della banca centrale americana, quindi, è inconsistente: la Yellen, quindi, deve assolutamente darsi una mossa e ritoccare all’insù il costo del denaro. Prima di dicembre”.

L’inflazione latita su entrambe le sponde dell’Atlantico: perché i prezzi non salgono? E’ un problema soltanto di livelli del prezzo del petrolio o ci sono ragioni più strutturali come quelle attinenti al processo che alcuni definiscono di “stagnazione secolare”?
“L’inflazione non sale per due motivi. Nei 10 mila anni di storia dell’uomo, la popolazione mondiale   ammontava a un miliardo di persone nel 1800, a tre miliardi nel 1900 e nei prossimi 30 anni si aggiungeranno altri tre miliardi di persone. Il ritmo del prossimo trentennio sarà maggiore di quello che abbiamo registrato in oltre 10 mila anni. E’ ovvio che ci troviamo di fronte a un fattore deflattivo, perché si continua ad aggiungere forza lavoro in un momento in cui la tecnologia e i robot possono rubare buona parte dei mestieri in circolazione. Un dramma globale. Se si raddoppia il numero dei lavoratori esistenti e, allo stesso tempo, la tecnologia cresce riducendo il numero delle occupazioni disponibili per gli umani, l’effetto deflattivo diventa inevitabilmente strutturale sul lavoro. Non necessariamente sulle materie prime, però, perché fra 30 anni acqua e aria saranno risorse cruciali”.

Come investire, dunque, sui mercati finanziari in questo scenario?
“La nostra posizione è lunga sulle azioni europee e ci siamo protetti su quelle statunitensi. Oltre all’azionario, abbiamo comprato protezioni alla volatilità su tutti i mercati come valute, credito e tassi. Dopodiché, siamo lunghi anche su credito finanziario, la nostra specialità, perché rende ancora il 6-7%. Siamo i primi al mondo in strumenti ibridi che continuano a pagare il coupon. Così siamo tranquilli”.

A proposito di Npl, a che punto è in Italia il processo di pulizia dei bilanci bancari?
“Tutte le grandi partite problematiche sono state finalmente chiuse. Oggi il risparmiatore italiano si reca allo sportello bancario in maniera rilassata, mentre negli anni scorsi il sistema bancario nazionale era affetto da una mancanza di capitale di 30-40 miliardi”.

Mancanza, invece, ora totalmente colmata…
“Sì, se si pensa agli oltre 13 miliardi di UniCredit, ai 5 delle banche venete che vanno ad aggiungersi ai 5 già presenti nei loro bilanci e alla ristrutturazione del Montepaschi: si arriva circa ai 40 miliardi di precedente shortfall. Questa immissione ha risolto il problema conseguente all’accumulo di 8-9 anni di crisi e, quindi, oggi possiamo godere di questo spazio di risoluzione. Ora assistiamo solamente alla coda della crisi”.

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E cioè?
“C’è ancora qui e là qualche nome di qualche banca che fatica, ma che non ha effetti sistemici, come invece accadeva prima”.

Con il tapering della Bce, torneremo ad assistere alle impennate dello spread Btp-Bund sul secondario?
“Dipenderà molto da ciò che succederà dopo le prossime elezioni politiche: se il processo italiano di riforme continuerà, indipendentemente dal soggetto partitico che lo porterà avanti, allora non ci sarà alcun rischio per lo spread. Spiegando il tutto con una metafora, se l’Italia continuerà a giocare bene e la crescita continuerà ad esserci, non importa quale sarà la squadra in campo. Il differenziale sui decennali si ridurrà. Se, al contrario, per qualsiasi motivo, il nostro Paese inizierà a giocare male e invece di fare le riforme messe a segno negli ultimi tre anni, torneremo al periodo delle lamentele del Forum Ambrosetti di 10 anni fa, allora lo spread aumenterà. Come al solito, dipenderà da come il Paese giocherà, perché il differenziale Btp-Bund è la sua posizione relativa in campionato. Se giochi bene si restringe, altrimenti si allarga”.

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