Minibot, l'ennesima trovata elettorale. Ora si specula sulle magagne della PA
Il dibattito sui minibot
Sulla questione della natura dei minibot è intervenuto il presidente della Bce, Mario Draghi, nell’usuale conferenza stampa alla fine della riunione del Consiglio direttivo della banca centrale del 6 giugno, con un’osservazione alquanto perentoria: essi "o sono moneta, e allora sono illegali, oppure sono debito e allora il debito sale". E non pare esservi dubbio che le due “o” indichino una disgiunzione, come ad esempio in “O la borsa o la vita!”
Ma su entrambe le componenti di questa affermazione, il tertium non datur e l’aumento del debito che conseguirebbe da un loro emissione, si è sviluppata una discussione che non mantiene, purtroppo, la chiarezza e l’incisività draghiana. Ad esempio Lorenzo Bini Smaghi, anch’egli, in passato, nel comitato direttivo della Bce, alla domanda di Rita Querzè sui minibot sul Corriere del 7 giugno, risponde: “Potrei usare le parole di Draghi: o sono valuta alternativa e allora sono illegali, o sono debito e dunque lo stock di debito salirebbe.” Anche qui parrebbe sostenuta la disgiunzione.
Ma la Querzè insiste: “Potrebbero essere entrambe le cose contemporaneamente, sia maggiore debito sia valuta alternativa?”. Al che lui sorprendentemente risponde: “Direi di sì. Anche perché, ad ascoltare i punti di vista di alcuni rappresentanti del governo, potrebbero essere usati per pagare le tasse.” L’intervistatrice gli ricorda che secondo il loro principale proponente, Claudio Borghi della Lega, i minibot “non avrebbero corso legale”, ossia non sarebbero biglietti ad accettazione obbligatoria.
Infatti in base ai Trattati, solo gli euro lo sono. Questa circostanza parrebbe piuttosto decisiva: una violazione aperta, esplicita, dei Trattati nella proposta dei minibot non c’è. Ma Bini Smaghi non la rileva, e prosegue osservando che “questi ipotetici titoli non hanno scadenza. E’ questo che li trasforma in moneta”, e da ciò seguirebbe che una cripto-violazione per Bini Smaghi ci sia. Forse la conclusione è giusta, ma la motivazione alquanto controvertibile. Caso mai è il fatto che non diano diritto a un interesse che li assimila al circolante piuttosto che ai titoli di debito. Anche i titoli consolidati non hanno scadenza, ma naturalmente garantiscono un interesse e ve n’è un ampio mercato.
Dunque, i minibot sono uno strano ibrido di proprietà privative. Non hanno le caratteristiche attraenti dei Bot, il rimborso di una somma certa a una data certa e l’interesse, e non hanno la proprietà fondamentale dei mezzi di pagamento, il corso legale. I proponenti dicono che serviranno ai detentori per pagare le imposte, ma allora lo Stato italiano farebbe eccezione, per se stesso, alla regola che i soli mezzi di pagamento in vigore sono gli euro. Anche se questo esercizio di sovranità riflessa riuscisse, non è evidente il vantaggio di tenersi i minibot, in attesa di qualche scadenza fiscale, rispetto a quella di farsi anticipare il credito verso qualche Pubblica Amministrazione da una banca.
(Segue...)
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