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Economia
Mps, assolti Viola e Profumo. Il governo brinda, si accelera sul risiko

Profumo e Viola assolti, ora per Mps la cessione è più vicina

Alessandro Profumo e Fabrizio Viola sono stati assolti. Di più: per la Corte d’Appello di Milano il fatto non sussiste. In buona sostanza, i due manager, rispettivamente presidente e amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena, non hanno commesso alcun illecito nella contabilizzazione dei famosi derivati Santorini e Alexandria. Si può eccepire che i due abbiano trovato una situazione già compromessa, con una precedente gestione per certi versi dissennata che prima aveva acquistato Banca Antonveneta per nove miliardi di euro, poi aveva cercato di porre rimedio al disastro sottoscrivendo pericolosi strumenti derivati. “Scurdarsi ‘o passato” non si può: Profumo e Viola hanno visto i loro nomi trascinati nel fango per anni. 

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Di più: l’ormai ex-amministratore delegato di Leonardo ha atteso oltre un anno per avere una sentenza che, di fatto, ne ha sancito l’uscita di scena da Piazza Montegrappa. Sarebbe bastato l’attuale esito del processo per rimanere al timone dell’ex-Finmeccanica? Non c’è la controprova, ma è certo che la spada di Damocle sulla testa di Profumo ha automaticamente escluso il suo nome da qualsiasi possibile ruolo in una partecipata. E dunque si conclude una vicenda tortuosa, complicata, oscura, in cui si fondono massoneria, riti esoterici, una banca che funge da “babbo” di un’intera città, un manager suicida (fino a prova contraria) e correntisti inferociti. 

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Con questa sentenza, però, lo scenario cambia completamente ed è un’altra medaglia che si può apporre al petto di Luigi Lovaglio. Il quale, nonostante tutti lo prendessero per matto, ha scelto di non mettere a riserva cifre eccessive per i risarcimenti, sapendo che la buriana sarebbe diventata rapidamente una tempesta in un bicchiere d’acqua. E che con ogni probabilità richieste risarcitorie da diversi miliardi si sarebbero trasformate in piccole beghe di condominio. Insomma, “il fatto non sussiste” e il governo brinda. Le azioni schizzano anche in una giornata pigra sui mercati.

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Oggi Monte dei Paschi vale 4,25 miliardi e lo Stato, che ancora ne possiede il 39,23% dopo la vendita del 25% del 20 novembre scorso, può sperare di realizzare anche un paio di miliardi, che si sommano ai 920 milioni già incassati. E qui si apre una nuova partita. Chi vuole prendersi Siena? Il governo ha puntato le sue carte su BancoBpm, ma Giuseppe Castagna – insieme al presidente Massimo Tononi – continua a barricarsi dietro il suo muro. Ma quanto potrà ancora resistere il suo “no” ora che Mps è una banca sana, senza particolari pendenze e con un futuro tutto sommato incoraggiante? A quel punto si creerebbe un terzo polo veramente alternativo a Intesa e Unicredit.

E la stessa Unicredit, che poteva accaparrarsi l’istituto di credito nel 2021, non ci starà ripensando? Certo, in quel caso ci sarebbe un notevole lavoro da fare per far digerire alle Authority la nascita di un gigante da oltre 3.600 sportelli in Italia, il 30% di Intesa Sanpaolo. Facile immaginare che potrebbe essere richiesto un taglio delle filiali e la cessione di alcune sedi ad altre banche. Rimane l’incognita Bper. A quanto risulta ad Affaritaliani.it al momento l’istituto guidato da Piero Luigi Montani ha in mente la possibile integrazione con Banco Popolare di Sondrio per creare un soggetto alternativo fortemente ancorato al territorio. 

Ma certo, mai come ora il risiko bancario prende piede e corpo. Il 2024 si attende complicato su due fronti. Per quanto concerne il versante dei tassi, la brusca frenata dell’inflazione porterà a una riduzione del costo del denaro applicato dalla Bce e, di conseguenza, al calo dei margini per gli istituti di credito. Non solo: il rallentamento dell’economia porterà inevitabilmente in eredità un maggiore rischio d’insolvenza per le aziende, specialmente quelle piccole. Servono le spalle forti, serve una riserva patrimoniale adeguata, servono – come ha detto anche Andrea Orcel recentemente – banche con una capitalizzazione vicina ai 100 miliardi di euro per reggere l’urto con le concorrenti statunitensi e cinesi. Oggi, per raggiungere questa soglia servirebbe una fantascientifica fusione tra Intesa Sanpaolo, Unicredit e BancoBpm. Fantafinanza, appunto. Ma è certo che qualcosa bisogna iniziare a immaginare. E con una Mps sempre più libera da richieste risarcitorie e con i libri contabili rimessi in ordine, è facile pensare che non manchi molto per dar vita al gran ballo delle fusioni. Preparate i popcorn. 
 

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