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Economia
Mps, BancoBpm, Creval e Sondrio: perché fanno il tifo per il Conte-bis

Come un fiume carsico quel legame “incestuoso” delle banche italiane con il debito sovrano appare e riappare sull’onda dell’altalena dello spread. Quando il differenziale con i titoli tedeschi si acquieta allora per i banchieri sono sonni tranquilli, appena lo spread riprende a salire ecco che le virtù di detenere quei 400 miliardi di BTp e consimili diventa un vizio nefasto.

E in ogni caso quella massa ingente, pari a un quarto dello stock di emissioni del Tesoro, resta un punto di criticità per il sistema del credito. Troppo e da troppo tempo legato ai destini del debito italiano, tanto che in Borsa le banche si muovono all’unisono con il balletto dello spread.

Lovaglio Creval
 

È dalla crisi del debito tra il 2011 e il 2012 che le banche hanno fatto incetta di titoli governativi. Il loro peso è passato da 200 miliardi a 400 miliardi, con una breve pausa di alleggerimento l’anno scorso per poi risalire di nuovo a quota 400 miliardi. Certo quando, come nei mesi scorsi, lo spread si attenua allora tutto procede per il meglio.

Si incassano i flussi cedolari e le plusvalenze in conto capitale aumentano e viceversa appena lo spread rialza la testa. E il clima attuale con le crisi dell’Ilva, di Alitalia, le fibrillazioni continue nel governo giallo-rosa, la legge di bilancio così poco convincente per i mercati, propende per un futuro in crescendo per lo spread. Ecco che allora chi ha più BTp in pancia risentirà di più di un eventuale nuova crisi del debito.
 

Credito Valtellinese
 

E qui cominciano le sorprese. A dispetto dei luoghi comuni non sono i due big del credito Intesa e UniCredit a portare il vessillo tricolore sui loro bilanci, bensì le banche medie legate al territorio. E anche qui può sorprendere che siano le due banche valtellinesi quotate tra le più esposte. Il Credito Valtellinese possiede a oggi un tesoretto in titoli della Repubblica per più di 4 miliardi. Si è alleggerita di oltre 1 miliardo nei mesi scorsi dato che a marzo la quota superava i 5 miliardi. Sembra poca cosa, ma non bisogna guardare il dato assoluto, ma quello relativo al peso sul capitale e anche sull’attivo.

Banca Sondrio
 

Ebbene il Creval con i 5 miliardi detenuti fino a pochi mesi fa aveva un peso sul capitale di oltre il 300% e sull’attivo di oltre il 20%. Numeri da brivido. Basterebbe una svalutazione del 10% del portafoglio titoli di Stato per erodere di un terzo il patrimonio netto. E per una banca commerciale legata molto al territorio non si spiega perché la liquidità presa dalle operazioni di rifinanziamento della Bce debba finire in attività finanziarie anziché in credito all’economia reale.

La risposta è banale. Il credito immobilizza capitale, i titolo di Stato no. E in più hai meno rischio (apparente) a guadagnare con i BTp via cedole e sperabile rivalutazione dei prezzi (quando lo spread scende) che non con nuovi prestiti che possono trasformarsi in sofferenze. Copione analogo per la Popolare di Sondrio che ha BTp per oltre 6 miliardi a fronte di un patrimonio netto di 2,8 miliardi. Oltre 2 volte il capitale e il 14% dell’intero attivo.

Banco BPM Gruppo APE
 

A seguire le due valtellinesi ecco spuntare BancoBpm con il suo tesoretto di 19 miliardi di titoli della Repubblica su 11,2 miliardi di patrimonio netto. Anche Mps storicamente tra le banche più imbottite di titoli del Tesoro non sta a guardare: ha diminuito il valore a 15 miliardi che pesano una volta e mezza il capitale. Più virtuose e meno esposte al rischio/opportunità di divenire succursali del Tesoro italiano Ubi banca e soprattutto i due giganti del credito. UniCredit ha oggi in bilancio 48 miliardi di titoli italiani su un capitale di 60 miliardi e un attivo di oltre 830 miliardi.

Anche Intesa ha titoli ben al di sotto del suo patrimonio e che pesano per meno del 5% sull’attivo di bilancio. Se UniCredit avesse agito alla stregua dei vertici del Creval si troverebbe in portafoglio la bellezza di 160 miliardi di titoli del Tesoro. Una follia, segno dello squilibrio profondo nella gestione degli impieghi di banche come Creval, Sondrio, BancoBpm e Mps che investono troppo in attività finanziarie rispetto alla tradizionale mission di una banca commerciale che è l’erogazione del credito. Ma come detto prima è una sorta di scorciatoia.

mps
 

Meno rischi impliciti e più profitti nel trading finanziario che non nella gestione del credito. Come ha rilevato IlSole24Ore di recente citando uno studio di Equita Sim, il possesso e il trading sui Btp varrà quest’anno quasi 2 miliardi di utili netti per l’insieme delle banche italiane. Una comoda via per ridare redditività, ma che presenta rischi forse non ancora percepiti a sufficienza: da tempo si discute in Europa sull’assegnare un peso di rischio ai titoli di Stato finora esenti.

E se si vorrà completare l’Unione bancaria questo passaggio sembra inevitabile. A quel punto occorrerà vendere parte del tesoretto con conseguenze ovvie sui prezzi. In più, il fantasma dello spread continuerà ad assillare i banchieri italiani. Almeno di quelli che hanno fatto il passo più lungo della banca imbottendosi di BTp.

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