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Economia
Mps, per il mercato aveva ragione Mustier. UniCredit stia lontana da Siena

Oltre -36,5% in un anno in Borsa per il titolo UniCredit, un deprezzamento quasi doppio rispetto all’indice settoriale Ftse-Mib Banche. Performance negativa acuita dal tonfo di ieri per le prospettive d’incertezza sulla governance che, prima della nota del gruppo in cui si annunciava al mercato il futuro cambio alla guida con l’uscita di Jean Pierre Mustier, aleggiavano intorno alla banca. Oggi, nonostante l'atto di chiarezza fatto, la febbre a Piazza Affari continua: UniCredit fa -8,02% (a 7,95 euro)bruciando in due sedute oltre due miliardi di capitalizzazione.

Vuoi vedere che alla fine aveva ragione Jean Pierre Mustier a porsi come argine alle velleità del Tesoro di accasare in Piazza Gae Aulenti la disastrata Mps? A leggere i report degli analisti finanziari che seguono il titolo del secondo istituto italiano di credito e che spiegano il calo odierno associandolo alla prospettiva di M&A di UniCredit con Rocca Salimbeni, parrebbe di sì.

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Pier Carlo Padoan

Riavvolgiamo i nastri. Nei mesi scorsi, mentre al trentunesimo della torre UniCredit cresceva la pressione di amministratori e stakeholder sul banchiere francese post-blitz di Intesa Sanpaolo su Ubi per effettuare operazioni straordinarie in grado di rafforzare, riequilibrandola rispetto al diretto competitor, la presenza della banca nel Paese, pare che Mustier, dopo aver accettato seppur scettico di sedersi al tavolo con il Tesoro per l’acquisizione di Siena, avrebbe imposto la neutralità degli impatti patrimoniali dell’operazione sul capitale di UniCredit. Desiderata a cui il governo, nonostante restassero fuori e non conteggiati gli eventuali oneri straordinari inerenti agli esuberi post-integrazione (Mps ha circa 22 mila dipendenti; oltre 83 mila UniCredit, di cui circa 38 mila in Italia) e il rischio cause legali, aveva risposto promettendo una ricapitalizzazione da 2-2,5 miliardi, a cui abbinare la conversione delle Dta in crediti fiscali. Misura che porterebbe a oltre 5 miliardi, grillini permettendo (puntano a limitare il beneficio fiscale a soli circa 500 milioni), la dote complessiva per il capitale della banca di piazza Gae Aulenti.

Ora l’uscita del banchiere di Chamalières rende più agevole il deal. Ma, dicono gli analisti finanziari nei propri report odierni, l'arrivo di un manager vicino alle posizioni del governo fa temere almeno a una parte degli investitori che la fusione in questione possa andare a pesare anche sulle spalle degli azionisti di UniCredit. E infatti a Piazza Affari le vendite sul titolo sono state più copiose di ieri. Secondo Equita "per consentire il mantenimento della neutralità sul capitale e sul profilo di rischio di UniCredit, l'acquisizione di Mps richiederebbe 5 miliardi di capitale”.

Cifra più o meno simile a quello che hanno stimato ieri gli analisti di Keefe, Bruyette&Woods, secondo cui invece servirebbero 4,5 miliardi di euro, al netto di ulteriori cessioni di non performing loan e sempre senza contare la sterilizzazione dei 10 miliardi di cause legali in capo a Siena. Capitale aggiuntivo che, ovviamente, non deve essere pagato da piazza Gae Aulenti (altrimenti addio neutralità dell’operazione) e che visti i chiari di luna nella maggioranza di governo e i quasi 12 miliardi di risorse pubbliche già immessi nelle casse senesi, non è detto che arrivi nella sua totalità.

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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

Ecco che oggi dunque il mercato, con Pier Carlo Padoan (futuro presidente) supervisore della ricerca del nuovo amministratore delegato, vede concreto in Piazza Gae Aulenti il rischio di un brusco dirottamento delle strategie verso l’M&A. Proprio quello a cui il banchiere francese costituiva un argine.

"Riteniamo che il mercato vedrà l'uscita di Mustier come un rischio rilevante per il ruolo di UniCredit nel consolidamento bancario italiano, a scapito del profilo di rischio/ritorno sul capitale" della banca, hanno commentato infatti da Citigroup che ha declassato il titolo a "neutral/high risk" da "buy/high risk". "Non sappiamo se UniCredit potrà acquistare Mps e a quali condizioni (e questo può fare la differenza tra un buon o un cattivo affare); crediamo semplicemente che ci sarà un periodo di dodici mesi di visibilità molto bassa in cui ci potrà essere qualsiasi tipo di speculazione sulla banca", hanno invece spiegato da Fidentiis che ha evidenziato per il gruppo l'apertura di una fase in cui "ogni opzione è possibile" e che, in mancanza di una chiara visibilità, terrà lontani gli investitori dalla banca.

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Il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera

Dello stesso tenore le analisi di Banca Imi: per gli analisti del gruppo di Mauro Micillo con l'uscita di Mustier, oltre ad avvicinare UniCredit a Mps, possono venire meno le garanzie che il Ceo avrebbe posto sulla neutralità degli impatti patrimoniali per un eventuale deal. Bocciature anche da Socgen e da Mediobanca. E per quest'ultima l'assenza di una guida alla banca "nel mezzo di una tempesta", insieme alle basse valutazioni del titolo, può rendere UniCredit più vulnerabile quale preda ideale di un eventuale M&A cross-border in Europa.

E qui per il Tesoro, da molti additato come il regista occulto (probabilmente involontario), ci sarebbe la beffa: dal comandamento della crescita organica per linee interne puntando sul digitale e senza appesantire ulteriormente la rete con filiali ormai obsolete nell’era del web banking, predicato strenuamente dal banchiere francese, si arriverebbe all'epilogo funesto per i ricchi risparmi italiani depositati in UniCredit e per i difensori dei gruppi italiani alla scalata dall’estero.

E da chi? Per gli analisti di Piazzetta Cuccia proprio da quegli istituti transalpini per cui “UniCredit costituirebbe un'opzione strategica chiave per accedere alla Germania e per moltiplicare l'accesso alle società europee per le loro grandi operazioni di corporate&investment banking”. Forse, dunque, era meglio tenersi Mustier e lasciarlo lavorare, anche se era un po’ autoritario.

@andreadeugeni

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