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Economia
Nomadi digitali, nuovo accordo europeo regola il telelavoro in Paesi diversi

Nomadi digitali, il nuovo accordo europeo chiarisce il rapporto tra aziende, telelavoratori e Paesi

“I telelavoratori transfrontalieri possono essere disciplinati dalla legislazione dello Stato in cui ha sede l'impresa e non da quella del Paese in cui risiedono abitualmente se soddisfano una serie di requisiti: devono richiederlo preventivamente e le funzioni che svolgono lontano dal proprio paese di residenza devono essere inferiori al 50% dell’orario di lavoro totale” è la sintesi del nuovo accordo che chiarisce il modus operandi dei cosiddetti “nomadi digitali”. Sono questi i professionisti che telelavorano per un’azienda di un Paese da un altro Stato. E l’accordo garantisce maggiore elasticità ai contributi previdenziali soprattutto quando questa situazione è tra due paesi europei che hanno firmato il documento. La mancanza di figure particolarmente professionali in aree critiche dell’impresa ( tecnologia,finanza,consulenza) ha portate ad assumere dipendenti provenienti da altri Paesi.

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Nomadi digitali, un accordo valido 5 anni prorogabili

La normativa è stata modificata. L'accordo quadro relativo all'applicazione del comma 1 dell'articolo 16 del Regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale introduce per questi casi una deroga, con validità quinquennale prorogabile. Un accordo che garantisce maggiore sicurezza giuridica, con i lavoratori che potrebbero mantenere i propri contributi in un unico Stato membro in modo continuativo, evitando la burocrazia, il tempo e le risorse che il ricorrente cambiamento della legislazione in materia di Sicurezza richiede. “Questa opzione (max 5 anni prorogabili) può essere richiesta sia dal datore di lavoro stesso che dall'interessato. Non è obbligatorio che le richieste di eccezione passino attraverso le autorità dei due paesi coinvolti, ma solo attraverso quello in cui si trova la sede aziendale" sottolinea Carmen Galán, direttore generale della Lener.

 

Nomadi digitali, maggiore lavoro all'estero ma contributi pagati nel paese di residenza

 

Con il nuovo accordo europeo un lavoratore spagnolo, ad esempio, potrebbe telelavorare più tempo in Francia, tra due e tre giorni alla settimana, e continuare a contribuire a sostenere la  previdenza sociale spagnola . Il problema è nato con la pandemia da Covid. Durante il lockdown in paesi come Belgio, Paesi Bassi e Francia, ci fosse  un’anomalia: i lavoratori che prestavano i propri servizi di persona in un Paese vicino al proprio erano costretti al telelavoro dai Paesi di residenza. L’eccezionalità del momento ha permesso che la cosa venisse risolta. Ma il telelavoro è diventato nell’ultimo biennio molto più comune. Fino ad allora si applicava il Regolamento comunitario 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Questo nuovo accordo quadro risolve il problema del telelavoro transfrontaliero, che viene esteso a meno del 50% dell'orario di lavoro totale.

Nomadi digitali, un regime di telelavoro più ampio ora è possibile

Grazie al nuovo accordo quadro "l'azienda potrà offrire ai suoi lavoratori transfrontalieri un regime di telelavoro più ampio, che senza dubbio migliorerà la capacità dei datori di lavoro di trattenere e attrarre talenti", conferma Álvaro Fernández, partner senior di Cuatrecasas, aggiungendo che “il documento non prevede modifiche alle norme di residenza fiscale e di tassazione. Qualcosa di positivo se si pensa alla crociata delle aziende per attrarre talenti, anche oltre confine. Tra i requisiti per accedere all’accordo c’è la necessità che il dipendente o il datore di lavoro ne faccia richiesta preventivamente. Inoltre, il lavoro nel Paese di residenza non può superare il 50% della giornata lavorativa totale e il dipendente deve utilizzare le tecnologie informatiche per le proprie mansioni. Dipendente ed impresa devono avere residenza e domicilio nei paesi firmatari che sono: Germania, Svizzera, Liechtenstein, Repubblica Ceca, Austria, Paesi Bassi, Slovacchia, Belgio, Lussemburgo, Finlandia, Norvegia, Portogallo, Svezia, Polonia, Croazia, Malta, Spagna e Francia. L’accordo non si applica ai lavoratori autonomi o nomadi provenienti da Paesi extra-UE.

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