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Economia

di Andrea Deugeni
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Eni in primis, ma anche Intesa Sanpaolo. E pure altre quotate a Piazza Affari come Saipem, Italcementi, Cementir, Danieli. E' lunga la lista dei campioni nazionali che operano in Egitto, Paese che nei piani del governo Renzi, dopo l'importante vertice per lo sviluppo economico di Sharm el Sheik dello scorso marzo, avrebbe dovuto raggiungere i 6 miliardi di interscambio commerciale (dai 5 del 2015) con il nostro Paese che è il secondo mercato europeo (dopo la Germania) per lo Stato nordafricano.

Il richiamo dell'ambasciatore italiano Maurizio Massari da Il Cairo a causa del fallimento dei negoziati con l'Egitto per il caso Regeni (il ricercatore italiano del Friuli ucciso in circostanze misteriose a fine gennaio) getta un'ombra sul futuro delle relazioni economiche con il Paese guidato dal generale Al Sisi, interlocutore nell'area del Mediterraneo con cui Matteo Renzi aveva stabilito fin dal suo insediamento un dialogo diretto.

Le 100 aziende italiane presenti in Egitto, alcune da oltre 50 anni come l'Eni di Claudio Descalzi, hanno sempre cercato di bypassare i problemi strutturali che assillano l'economia del Paese del Nord Mediterraneo come la burocrazia corrotta, l'opacità e la mancanza di regole certe in un'area da 90 milioni di persone in cui il 51% della popolazione vive attorno o sotto la soglia di povertà. Paese che però è corteggiatissimo dai concorrenti arabi, cinesi e russi che si sono offerti più volte nei confronti governo del Cairo di costruire e ammodernare le infrastrutture.

E le aziende italiane che esportano in loco prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio, macchinari meccanici ed elettrici, prodotti chimici e materie plastiche e che importano invece petrolio greggio, metalli, filati tessili, minerali e prodotti chimici, lo sanno bene.

Oltre alle reginette italiane di Piazza Affari, gli altri nomi dell'economia made in Italy presenti in Egitto sono: Pirelli, Edison, Ansaldo Energia, Breda, Trevi, Tecnimont, Iveco, Technit, Carlo Gavazzi. I più blasonati sono l'Eni che lo scorso anno ha scoperto nelle acque egiziane il maxi giacimento di gas Zohr, il più grande mai rinvenuto nel Mar Mediterraneo (850 miliardi di metri cubi di gas, la cui estrazione è iniziata subito dopo Natale e che entrerà in produzione non prima del 2018 o il 2019), forse il caso più emblematico di quella relazione storica forte tra l’Italia e l’Egitto che ha anche in Banca Intesa una presenza significativa.

L'istituto di credito guidato da Carlo Messina controlla infatti (attraverso l'80% del capitale) Alexbank. Gruppo che ora conta 200 sportelli con personale che parla italiano e che costituisce una preziosa rete di sostegno per le nostre imprese, soprattutto per quelle di medie dimensioni, che vogliono sbarcare in Egitto. Meta che dopo la prestigiosa scoperta di Zohr è più attraente agli occhi delle nostre aziende che potrebbero essere coinvolte nella costruzione delle infrastrutture necessarie per fare delle coste egiziane un gigantesco hub per l'estrazione, la lavorazione e l'esportazione del gas. Ora, il richiamo dell'ambasciatore italiano getta molte nubi all'orizzonte.

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aziende italiane in egittocaso regeni





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