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Economia
Opec, accordino Arabia-Russia. Produzione congelata. Prezzo non scende

Ballano qualcosa come 2 milioni di barili al giorno. Un numero troppo grande, conseguenza dell'eccesso fra offerta e domanda sul mercato del petrolio, su cui è difficile impattare senza trovare un forte accordo fra Paesi produttori che sia l'espressione di una reale volontà di invertire il trend del greggio che dopo un calo continuo durato due anni è arrivato a viaggiare intorno ai 30 dollari al barile. Così i prezzi del petrolio, dopo essere schizzati al rialzo, hanno ridotto i guadagni in scia alla notizia sull'intesa, raggiunta tra i ministri del Petrolio di Russia, Arabia Saudita, Venezuela e Qatar, che, dopo settimane di voci, hanno deciso di congelare la produzione ai livelli di gennaio piuttosto che ridurla.

Una decisione troppo debole che non impatterà sullo squilibrio esistente sul mercato della commodity, perché dopo un iniziale entusiasmo gli operatori hanno preso le misure di un'intesa che molto probabilmente rimarrà solo sulla carta visto che c'è comunque la condizione, posta da sauditi, russi, venezuelani e qatarini, che anche gli altri membri dell'Opec facciano altrettanto, cosa assolutamente non scontata, soprattutto da parte dell'Iran, che è appena stato sollevato dalle sanzioni internazionali e vuole iniziare a raccogliere i frutti di quel commercio internazionale da cui è stato assente per troppo tempo.

Così, complici anche le aspettative di operatori che si attendevano di più, le quotazioni del greggio, hanno perso slancio data l'incertezza circa la capacità dei produttori di trovare una soluzione efficace al problema dell'eccesso di offerta. "Intensificheremo il dialogo con gli altri maggiori produttori di oro nero, inclusi Iran e Iraq," a prescindere dalla loro appartenenza o meno all'Opec, ha dichiarato il ministro dell'Energia e dell'Industria del Qatar, Mohammed al-Sada, al termine della runione. Dal canto suo, il ministro del Petrolio del Regno Saudita, Ali al-Naimi, ha affermato che la decisione di congelare la produzione ai livelli di gennaio e' motivata dal fatto che tali obiettivi sono ritenuti "adeguati per il mercato" e consentono di continuare a soddisfare i propri clienti. "Vogliamo rispondere alla domanda" e "vogliamo una stabilizzazione dei prezzi del greggio", ha aggiunto il ministro.

Circa le conseguenze che questa scelta potrebbe avere, un delegato dell'Opec ha sottolineato che e' probabile che una decisione simile abbia un impatto prolungato sulle scorte a meno che l'Iran e l'Iraq non decidano di aderire all'accordo. Quello che conta quindi "e' cio' che faranno Iran e Iraq", puntualizza il funzionario del cartello. Lo scorso mese, l'Iraq ha raggiunto il record di 4,35 milioni di barili al giorno. Il ministro del Petrolio dell'Iran, Bijan Zanganeh, secondo quanto riporta un'agenzia di Stato, ha affermato che Teheran non abbandonera' la sua quota di mercato. Inoltre, alcuni funzionari hanno puntualizzato che Teheran potrebbe aderire all'accordo solo sulla base di condizioni specifiche e conformi alle esigenze del Paese. Barclays si attende molti negoziati difficili se l'accordo tra Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar vorra' essere un successo. Per la banca i cambiamenti saranno irrisori qualora gli altri produttori non accetteranno i termini dell'accordo.

Ma anche se questo accadesse, nota Barclays, qualunque ripresa dei prezzi aumenterebbe gli incentivi per i produttori di shale Usa a ricominciare a pompare greggio. Quindi, "anche se l'accordo fosse un successo, il rialzo dei prezzi che ne seguirebbe sembra limitato", hanno concluso gli esperti della banca. L'accordo e' di fatto "condizionato alla partecipazione degli altri principali produttori Opec e non", sottolineano gli analisti di Mps Capital Services, puntualizzando che domani il ministro del petrolio venezuelano andra' a Teheran per incontrare i colleghi dell'Iran e dell'Iraq. Baghdad sta producendo a livelli record, mentre Teheran ha intenzione di aumentare l'output nel 2016 dopo la rimozione delle sanzioni. "La reazione del mercato e' stata quella di un sell on news sul petrolio, con gli operatori che forse si aspettavano qualcosa in piu'", spiegano gli analisti di Mps Capital Services.

Le quotazioni sono comunque ancora in rialzo rispetto a ieri. Il congelamento della produzione di petrolio da parte dell'Opec e della Russia "spargera' i semi" per una successiva ripresa dei prezzi nella seconda meta' del 2016, sostiene Gordon Kwan, analista di Nomura, spiegando che e' possibile che le quotazioni tornino a salire fino a 60 usd al barile. "Dato che la produzione degli Stati Uniti e' gia' in calo, se l'Opec e la Russia mantengono i loro livelli di produzione mentre la domanda continua a crescere, la differenza tra l'offerta e la domanda diminuira' e l'eccesso" presente sul mercato "si ridurra' nel tempo", aggiunge Kwan. Al contrario, secondo Olivier Jakob, analista di Petromatrix, il blocco dei livelli di output di greggio operato da quattro tra i maggiori produttori aiutera' a tenere sotto controllo la volatilita' dei prezzi del petrolio dalla seconda meta' di quest'anno in poi. Sebbene molti non siano d'accordo sul fatto che, invece di operare un taglio, questi Paesi abbiano optato per un congelamento dell'output, la decisione accelerera' la ripresa dei prezzi, aggiunge l'analista. Quanto positiva si rivelera' questa notizia dipende comunque dal livello di produzione gia' prezzato dal mercato, conclude Jakob. Il Brent al momento tratta a 33,20 dollari al barile in ribasso dello 0,66%, mentre il Wti tratta a 29,35 dollari (-1,11%).

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