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Economia
Paradisi fiscali, aggiornate dall’Europa la “black list” e la “grey list”

Paradisi fiscali, la nuova lista del Consiglio Europeo

Il Consiglio dell'UE, due volte all’anno, aggiorna la sua “black list”dei paradisi fiscali. Adesso le tre new entry sono: Antigua e Barbuda, Belize e Seychelles. Mentre le Isole Vergini Britanniche, le Marshall e Costa Rica sono rientrati nell’area dei paesi fiscalmente virtuosi. Attualmente per l’UE sono 16 i Paesi che in modo molto soft vengono considerati “non cooperativi in materia fiscale”: Samoa americane, Anguilla, Bahamas, Fiji, Guam, Palau, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini americane e Vanuatu, oltre alle tre nuove. Ma in pratica che significa essere messi nella lista nera dell’Europa? In primis un danno d’immagine ( che probabilmente a molti di questi interessa meno che zero) e poi su un terreno più concreto significa un maggior controllo per aziende e persone fisiche che operano in quelle aree e l’impossibilità di ricevere fondi europei.

Paradisi fiscali, tra "black list" e "grey list"

Nella prima fotografia, scattata nel 2017, erano presenti nella black list 17 paesi e 47 invece erano segnati nella cosiddetta “grey list”. La sostanziale differenza trai due elenchi era che i “neri” non hanno mai voluto avviare riforme concordate con l’Europa in tema di regimi fiscali, mentre i “grigi”si sono impegnati a modificare la propria legislazione per conformarsi con gli standard europei. In ogni caso questi elenchi sembrano non andare aldilà della pura fotografia cromatica. Sono molti gli osservatori convinti che lo strumento non abbia ottenuto grandi effetti e che il denaro evaso sia continuato a crescere. E in realtà troppo spesso l’ipocrisia politica ha permesso a paesi come Lussemburgo,Malta o Paesi Bassi che non sono certo modelli fiscali di eccellenza di non entrare in nessuna lista. Adesso nella “grey list” si trovano: Albania, Armenia, Aruba, Botswana, Isole Vergini britanniche, Costa Rica, Curacao, Dominica, Eswatini (Swaziland), Hong Kong, Israele, Malesia, Turchia e Vietnam. Ne sono usciti invece Giordania, Qatar, Montserrat e Thailandia. In ogni caso sembrerebbe che, aldilà delle liste più o meno scure, il danaro di provenienza “scura” continui a muoversi tranquillamente da una parte all’altra del mondo.

 

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