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Economia
Partono Bper e Unipol. Poi Carige. Il 2019 è l'anno del risiko bancario

In settimana si saprà qualcosa di più del possibile matrimonio “d’amore e d’interesse” tra Bper Banca e Unipol Banca, intanto però il tema del nuovo giro di risiko bancario tiene banco a Piazza Affari e non solo. Scorrendo la top ten degli istituti di credito italiani è chiaro che esistono almeno due o forse tre raggruppamenti. In “Champions League” giocano i due campioni nazionali come Intesa Sanpaolo e Unicredit. Entrambi tirati per la giacchetta più volte in passato in ambito nazionale, nessuna delle due sembra interessata a crescere ulteriormente sul mercato domestico.

Bper
 

Piuttosto entrambe stanno guardandosi intorno in ambito europeo. Jean-Pierre Mustier ha già detto che è ancora presto per pensare a fusioni transnazionali che sono “molto complicate” e in sé “non hanno molto senso” visto che ciò che porta al successo una fusione è la possibilità di tagliare i costi, e in ambito paneuropeo occorrerebbe anche confrontarsi con classi politici che “magari” non sono “supercontente di perdere i rispettivi campioni nazionali”.

Ma poi il presidente della Cariverona Alessandro Mazzucco è tornato sull’argomento dicendosi “abbastanza convinto” che Mustier, in realtà “voglia fare operazioni internazionali” anche se deve muoversi “in un sistema in cui le relazioni che il governo sta costruendo con la Francia non aiutano”.

banca carige crolla
 

Il richiamo alla Francia riporta alla mente l’ipotesi, più volte ventilata e altrettante volte smentita, di un matrimonio tra Unicredit e Societe Generale, di cui lo stesso Mustier è stato per anni un top manager. In casa Intesa Sanpaolo, invece, grazie agli sforzi già compiuti sul fronte del de-risking e alle dimensioni (oltre 34 miliardi di capitalizzazione) Carlo Messina potrebbe legittimamente aspirare a recitare il ruolo di polo aggregante anche a livello europeo, ma pare interessato principalmente a operazioni nell’ambito del private banking più che a rilevare banche commerciali.

Per gli analisti di Kepler Cheuvreux, tuttavia, un’offerta per Banca Carige potrebbe avere senso, se non altro per sfruttare i benefici legati alle imposte anticipate (Dta, Deferred tax asset) introdotte nel 2011 nel caso di perdite fiscali. Che per l’istituto ligure varrebbero 1,2 miliardi, per 450 milioni trasformabili immediatamente in crediti d’imposta. Un secondo gruppo di soggetti alle spalle di Unicredit e Intesa Sanpaolo è quello degli istituti di media dimensione.

mps
 

Alcuni come Banco Bpm e Ubi Banca (oltre alla stessa Bper Banca) potrebbero fare shopping, anche se tanto Giuseppe Castagna quanto Victor Massiah hanno ripetuto più volte di voler prima completare la pulizia di bilancio e il recupero di redditività e non sembrano particolarmente attratti dall’ipotesi che circola da settimane di dare vita al possibile “terzo polo” bancario italiano rilevando Banca Carige e Mps, istituto quest’ultimo controllato al momento dal Tesoro (socio al 68%), che però dovrà uscire dal capitale entro il 2021.

Vero è che negli affari nulla può mai essere escluso e tutto dipende dal prezzo: se si riuscisse ad ottenere il via libera della Bce e si utilizzasse la Sga o un altro veicolo pubblico (eventualmente con una partecipazione anche di qualche privato) come “bad bank” a cui fare acquistare un ammontare sufficiente di crediti deteriorati (Npl) per non appesantire troppo i bilanci dell’acquirente, sia Banco Bpm sia Ubi Banca potrebbero cambiare idea e provare a fare un’offerta per uno o entrambi gli istituti.

credem
 

Sempre tra gli istituti di medie dimensioni resta da capire se e come si vorranno muovere Credito Valtellinese e Popolare Sondrio: il primo ha rafforzato lo scorso anno il capitale di 700 milioni ma ora in borsa ne capitalizza poco più di 460, la seconda vale più del doppio (oltre 1 miliardo di capitalizzazione) ma il suo direttore generale, Mario Alberto Pedranzini, ha ribadito: non ci tiriamo indietro, ma guardiamo a piccole realtà e specifiche nicchie di mercato.

“Abbiamo acquisito PrestiNuova, abbiamo ancora il tema di Arca in sospeso, per cui siamo sempre interessati e stiamo guardando a FarBanca”. L’uscita di scena di Miro Fiordi in Creval con la nomina di Luigi Lovaglio (ex Ceo di Bank Pekao, banca polacca all’epoca controllata da Unicredit) quale nuovo presidente sembra invece aver fatto tramontare almeno per ora l’ipotesi, più volte sostenuta dallo stesso Fiordi, di un possibile matrimonio Creval-Sondrio. Da non dimenticare, infine, che tra le “medie” vi sono anche Credito Emiliano (1,6 miliardi di capitalizzazione) e Banco Desio (poco più di 230 milioni di capitalizzazione).

banca popolare bari APE
 

Già in passato si è ipotizzato un’aggregazione dei due istituti del Centro-Nord così da far salire ulteriormente di peso la banca controllata dalla famiglia Maramotti, mettendola al sicuro dalle mire di eventuali competitor. Da Desio non sono però mai giunti segnali di particolare entusiasmo all’idea di finire sotto le insegne emiliane ed anzi si è preferito procedere con l’incorporazione della controllata Banca popolare di Spoleto (Bps), che dovrebbe essere completata entro l’estate prossima. Solo dopo tale data, eventualmente, si potranno riaprire trattative per ulteriori aggregazioni.

Chi invece non esclude più l’ipotesi di un’aggregazione è Banca popolare di Bari. Da tempo in affanno sotto il peso dei crediti deteriorati anche “ereditati” dalle acquisizioni di Banca Tercas e Caripe, e con la trasformazione in Spa che si avvicina, l’istituto controllato dalla famiglia Iacobini starebbe studiando ipotesi aggregative “tra pari” con altri istituti popolari del Meridione (non quotati).

Nomi per ora non se ne fanno, ma se dovrà essere un istituto del territorio che non faccia capo a un istituto del Nord i nomi non sono molti: tra questi quelli di maggior spicco sono Banca popolare Puglia e Basilicata, guidata da Leonardo Patroni Griffi, e Banca popolare pugliese, presieduta da Antonio Primiceri. Chissà se una delle due non troverà il modo di accordarsi con l’istituto alla cui guida è recentemente tornato Vincenzo De Bustis, nel frattempo impegnato a cercare di rafforzare il patrimonio del proprio istituto, si dice, per almeno 300 milioni di euro.

Luca Spoldi

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