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Economia
Pensioni, Nannicini:in arrivo pacchetto sociale con misure per l'imprenditoria

Non solo pensioni. "Nella prossima legge di bilancio, la presenza di misure a sostegno di crescita ed equità sociale non è elemento in contraddizione con il dare ossigeno al sistema imprenditoriale". In occasione dell'incontro nella sede della Cisl del Veneto con il gruppo dirigente per un confronto sui temi delle pensioni, della previdenza e dei contratti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini torna sull'attesissimo confronto di inizio settembre fra governo e sindacati (il 6 e il 7 le riunioni tecniche, e il 12 quella politica)  che prima di sedersi a un tavolo con l'esecutivo Renzi cercheranno di dire la loro nel grande cantiere delle riforme anche con un documento comune con Confindustria sul welfare, ammortizzatori e aree di crisi.

"Si riapre - ha ricordato Nannicini - il confronto governo-sindacati per arrivare a qualcosa di concreto entro metà settembre: io sono abbastanza ottimista al riguardo, ben sapendo che più la scelta fatta insieme sarà concentrata su alcuni tra i vari possibili interventi prospettati, più la disponibilità per questi sarà cospicua. Da parte nostra, non c'è alcuna preferenza, se non per gli obiettivi da perseguire, arrivando ad una legge di bilancio che dia dei segnali e delle risposte concrete rispetto ad alcune esigenze sociali, visto che, pur senza tornare indietro sulle riforme, siamo consapevoli che la logica emergenziale ha inciso maggiormente su alcune categorie".

Per questo, ha aggiunto "ci sarà un pacchetto di equità sociale accanto al tema degli investimenti privati, con sgravi su produttività e fiscalità: tutte tematiche già inserite sul piatto nella scorsa legge di bilancio e che ora dobbiamo capire come affrontare per dare un grosso segnale alla produttività di impresa". "Lo sforzo richiesto a imprese e lavoratori - ha concluso Nannicini - è dunque quello di cambiare insieme modello di competizione, puntando maggiormente sull'innovazione dei processi".

Intanto, sul cantiere della riforma del sistema previdenziale, secondo le indiscrezioni, l'ipotesi a cui sta lavorando Renzi è quello di aumentare, come suggerito anche dal presidente dell'Inps Tito Boeri, le pensioni minime, un'ipotesi che non compariva nel menu delle possibili misure concordate a fine luglio tra Palazzo Chigi e sindacati. Finora, le idee sul tavolo erano due: l'estensione della quattordicesima, l'assegno in più incassato dai pensionati a basso reddito e l'innalzamento della no tax area, la soglia al di sotto della quale non si pagano tasse.

Il punto è che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, considera i due interventi un po' macchinosi e ha chiesto di fare un sondaggio sull'aumento delle minime, suo vecchio pallino, alla ripresa degli incontri con i sindacati la settimana prossima. La strada, però, non è semplice in quanto oggi la pensione minima viene incassata da 3,5 milioni di italiani e anche un piccolo aumento finirebbe per pesare molto sulle casse dello Stato. Estendere il bonus da 80 euro a tutti i 3,5 milioni di persone costerebbe 3,5 miliardi di euro ed è troppo visto che il pacchetto non dovrebbe superare i 2 miliardi e deve contenere uscita anticipata e ricongiunzioni gratuite.

Esistono, tuttavia, dei correttivi possibili: se si escludono i pensionati che oltre alla minima prendono altre entrate previdenziali, il numero scenderebbe a 2,3 milioni e diminuirebbe ancora usando l'Isee che taglierebbe fuori i pensionati al minimo che però hanno un certo patrimonio immobiliare oppure un coniuge con reddito alto. In questo modo il numero delle persone coinvolte potrebbe scendere intorno al milione e la spesa intorno al miliardo: numeri simili a quelli della quattordicesima.

Nel frattempo, secondo Repubblica, l'obiettivo dell'esecutivo è quello di abbassare il costo del lavoro. A fine anno scadono gli incentivi per le nuove assunzioni, già ridotti di quasi due terzi, benzina essenziale nel motore del jobs act e occorre decidere cosa fare, in sede di manovra finanziaria: prorogarli con ulteriore decalage per l'ultimo anno oppure mettere mano al taglio del cuneo fiscale, la differenza tra la retribuzione lorda e cio' che finisce in busta paga. Un taglio strutturale, permanente, è nelle corde del Governo. L'ipotesi a cui lavorano i tecnici prevede uno spostamento dello sconto, per due terzi a favore delle aziende e un terzo sui dipendenti; la misura non viene considerata troppo costosa, poco meno di 2 miliardi, ma per sempre, se limitata ai neoassunti, al punto da considerarla alternativa del bonus esistente e in pista di lancio gia' per il 2017. Oppure da inserire ora in manovra ma a valere dal 2018.

(Segue...)

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