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Economia
Pil, Conte: "La manovra-bis non serve". Ma mancano all'appello 7 miliardi
Foto: LaPresse

Mentre gli osservatori attendono di capire l'andamento della congiuntura economica nel primo trimestre di quest'anno e i principali centri studi internazionali continuano a rivedere al ribasso le stime di crescita dell'Italia, le previsioni del governo su Pil e saldi pubblici di bilancio per il 2019 contenuti nella legge di bilancio iniziano ad apparire sempre più irraggiungibili, tanto che il tema della manovra correttiva entra prepotentemente nel dibattito politico italiano e nelle dinamiche fra il nostro Paese e Bruxelles.

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"Non riteniamo necessaria nessuna manovra correttiva, dobbiamo solo continuare il razionale ed efficacie utilizzo delle risorse finanziarie studiate", ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rispondendo durante il question time in Senato. Parole che arrivano una settimana prima della pubblicazione da parte della Commissione europea del Country Report in cui, secondo le indiscrezioni, l'esecutivo comunitario sosterrà che "nella manovra 2019 non ci sono misure capaci di impattare positivamente sulla crescita di lungo periodo", giudizio che potrebbe servire a gettare le basi per una richiesta di una manovra-bis a giugno, dopo la tregua delle elezioni europee.

Matteo Salvini "non è il ministro delle Finanze", ha commentato il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, con chi, a margine di una riunione del Comitato Economico e Sociale Europeo, gli ha chiesto se il vicepremier sia troppo ottimista quando dice che in Italia non c'è alcun bisogno di una manovra correttiva. Posizione a cui Salvini ha immediatamente replicato.

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"Non esiste una manovra correttiva. Rispondo sulle cose che esistono e non su quelle che non esistono. Mi interessano gli italiani e non quello che dice Juncker", ha tagliato corto il leader del Carroccio durante il suo tour elettorale in Sardegna. Ieri, dopo che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti non ha escluso l'intervento sui conti pubblici, il ministro dell'Economia Giovanni Tria ha sottolineato come sia "prematuro" parlare di una manovra correttiva. Prematuro, ma non escluso.

"E' evidente che se io faccio una manovra di bilancio in cui prevedo un deficit al 2,04% con una crescita del Pil dell'1%, se poi questa crescita si azzera o si riduce allo 0,3%, devo coprire quei fondi che mancano. E se la correzione fosse anche solo di mezzo punto di Pil, perché dovremmo passare a un deficit al 2,4% o al 2,5%, questo significa nove miliardi. Due sono accantonati, ma ne mancano ancora sette", ha commentato Alberto Brambilla, economista e presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali sul tema.

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Il momento in cui il governo dovrà fare la prima verifica dei conti sarà con il Def, confermato ieri da Tria per aprile. "Occasione - per Giuseppe Pisauro, presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), il governo dovrebbe fare un'operazione trasparenza che racconti una prospettiva reale sulla finanza pubblica, spiegando come si intende affrontare il peso delle clausole di salvaguardia che gravano sul 2020 (23,1 miliardi ndr) e 2021 (29 miliardi, ndr)".

Il motivo? "E' l'aumento del debito il problema più grave creato dalla frenata della crescita e per affrontarlo bisogna riconquistare sui mercati una credibilità che aiuterebbe ad abbassare i tassi di interesse". Una crescita negativa nel 2019 - ha aggiunto Pisauro - "a priori non si può escludere. C'e' quantomeno una probabilità abbastanza elevata di stagnazione", ha osservato Pisauro.

Quanto alle ricadute sul deficit, "sul disavanzo nominale pensiamo al momento al 2,3-2,4%, cioè sei-otto miliardi sopra il 2% fissato a dicembre". In questo quadro, "far ripartire i cantieri avrebbe ricadute immediate, e i dati Siope sui flussi di cassa già registrano qualche inversione di tendenza nei Comuni". Sul rischio di una manovra correttiva, "bisogna ricordare che le regole Ue sono basate sul saldo strutturale, al netto del ciclo economico, quindi un peggioramento dei saldi determinato solo dalla congiuntura non produrrebbe nessun obbligo automatico di intervento", ha spiegato Pisauro.

"La situazione cambia se ci sono spese maggiori del previsto, ad esempio, sul reddito di cittadinanza o su quota 100, e se i due miliardi già congelati in manovra non bastassero a coprirli. Ma il problema più grave - ribadisce - è il debito, che con la crescita ferma o quasi è destinato a salire. La dinamica dei prezzi più modesta del previsto contribuisce a peggiorare il dato".

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