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Economia
Privatizzazioni, dopo Eni ora Poste. Governo a caccia di investitori stranieri
Giancarlo Giorgetti

Il governo mette sul piatto i gioielli italiani: Eni, Poste, Mps e poi...

"Il prossimo gioiello di Stato è pronto per essere esposto in vetrina. Tocca a Poste. Il governo accarezza l’idea di cedere tra il 10 e il 20% della cassaforte degli italiani, dove sono contenuti più di 300 miliardi di risparmi. Vendere per incassare, fino a due miliardi e mezzo. E concatenare così il piano di privatizzazioni da 20 miliardi o «pari ad almeno l’1% del Pil»". Lo scrive oggi Repubblica. "Eni, Poste, forse ancora Mps dopo la tranche già venduta a novembre. Tutte quote di minoranza, che non minano il controllo pubblico su aziende ritenute strategiche, né impattano sulla possibilità di definirne le strategie".

Secondo la Stampa, "la lista potrebbe proseguire con Fs, Enel, Snam Terna e Leonardo". Il governo progetterebbe di incassare 21 miliardi di euro entro il 2026, ma sempre secondo la Stampa "cedere quote di Eni e Poste ridurrebbe poco il debito e costerebbe la rinuncia ai dividendi Il 4% del gruppo di Descalzi vale 2 miliardi e taglierebbe gli interessi annui di appena 94 milioni". Il ministro dell’Economia vuole trovare investitori per finanziare il debito e rastrellare risorse in vista della manovra, sottolinea Repubblica, ma per ora i grandi capitali non sembrano attratti.

Privatizzazioni, Giorgetti: "Puntiamo su investitori pazienti"

E' "più corretto parlare di razionalizzazione del patrimonio delle partecipate" che di privatizzazioni "quindi il pubblico decide di entrare di più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale e al passo con i tempi". A sottolinearlo è il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che, parlando con il "Corriere della Sera" da Davos, sottolinea che il Governo punta su "investitori pazienti". "Non è semplicemente fare cassa" chiarisce il ministro. "In NetCo stiamo rinazionalizzando e - sottolinea il titolare del Mef - c'è l'auspicio che entrino investitori pazienti".

Giorgetti indica inoltre che "sulle infrastrutture o sulle società critiche, al netto del golden power è bene avere soggetti nazionali e internazionali fuori da ottiche meramente speculative". "Se il commercio mondiale andasse in crisi a causa delle guerre e delle tensioni geopolitiche, per noi - dice inoltre Giorgetti - sarebbe. Noi abbiamo bisogno di mercati globali aperti, ma anche di capire come intende muoversi l'Europa sugli investimenti. Come si finanzia la transizione in settori strategici come l'acciaio? Con le tasse tradizionali, con il concordato preventivo? Forse sarebbe il caso di pensare a forme europee di prelievo alla frontiera, oltre alla Cbam, invece di andare in ordine sparso".

Per Giorgetti inoltre "è ovvio che l'area euro sta entrando in recessione. Per adesso l'inflazione è scesa grazie ai costi dell'energia, ma se si pensa di arrivare al più presto al 2% alzando i tassi allora l'obiettivo è farlo attraverso una recessione. Sta accadendo. Sempre che funzioni, perché altrimenti saremo in stagflazione". Sul Patto di stabilità servirà un approccio flessibile: se il tasso di crescita si abbassa i requisiti sui saldi da mantenere rischiano di essere davvero molto stringenti" aggiunge ancora il ministro dell'Economia.

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