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Economia
Pronto il piano vendite del Demanio. Via 1.500 immobili. Il governo accelera

Abbiamo individuato una prima lista di 1.500 beni da vendere. Di questi 1.100 hanno un valore limitato, sotto i 100mila euro: la loro cessione è di fatto una pulizia strategica del nostro portafoglio per eliminare beni di scarso interesse, come possono essere posti auto, quote indivise, poligoni di tiro, addirittura gallerie antiaeree. Che me ne faccio? Sono solo costi di manutenzione. Gli altri 400 beni costituiscono invece un vero piano straordinario di cessioni: con questa operazione metteremo in vendita quest’anno volumi 5-6 volte superiori a quanto è stato fatto negli ultimi quattro anni”.

Lo spiega il direttore dell’Agenzia del Demanio Riccardo Carpino in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore. “Il piano vendite del Demanio è pronto, nei prossimi giorni lo trasmetterò al Ministro dell’Economia”, dice il prefetto.

Carpino ha subito dato segnali di discontinuità rispetto agli ultimi dieci anni. Addio a quella paura di vendere che aveva attanagliato il Demanio da un decennio. Dei valori del piano Carpino non vuole parlare: sarà il ministro dell’Economia prima e il Presidente del Consiglio poi a definire il valore delle cessioni del Demanio, da sommare a quelle della Difesa e di altri enti pubblici per raggiungere l’obiettivo di 950 milioni di cessioni straordinarie posto dalla legge di bilancio al governo. “Sarà comunque una quota importante”, dice Carpino.

Che situazione ha trovato al Demanio e cosa ha fatto in questi mesi? “Io sogno poco e mi piace fare cose concrete. Quindi mi sono immediatamente concentrato su alcuni filoni utili. Il primo è stato quello delle operazioni di adeguamento sismico del nostro patrimonio. Avevamo quattro gare pilota già avviate soltanto per fare auditing. Abbiamo fatto 24 gare per adeguare i primi 800 immobili con uno stanziamento di 58 milioni, mentre altri 53 milioni li investiremo per avviare un’altra tornata di gara entro giugno. Nella prima tranche abbiamo avuto 1.317 offerte da 343 operatori”.

È un modo di azionare la leva pubblica per passare da un business enunciato a progetti concreti? “Esatto. Avrò un parco di interventi pronto che poi avvierò selettivamente. Per scegliere le cose più urgenti in modo scientifico ho firmato un protocollo con la Protezione civile. Seconda cosa: ho studiato il piano degli investimenti per le razionalizzazioni degli usi e i relativi risparmi. Dovrà consentire di abbattere le locazioni passive. Sono 32 piani deliberati per il prossimo triennio che hanno un costo di 210 milioni e un risparmio annuo atteso di 21 milioni”.

A proposito di investimenti e blocchi, lei che pensa del codice appalti? “Per me non è il male assoluto, ma è migliorabile: comunque una legge dello Stato da applicare. Ho fatto il commissario al G7 di Taormina e dovevo fare tutto in quattro mesi. Non ho mai usato poteri in deroga e ho rispettato i tempi”.

Torniamo al piano vendite. Come avete lavorato? “Il 3 gennaio ho mandato una circolare alle 17 direzioni territoriali cui ho dato obiettivi numerici. Da lì è cominciato un ragionamento e un confronto con le singole direzioni territoriali che sono venute qui, hanno portato le liste, le abbiamo viste insieme”.

Ha incontrato anche difficoltà, immagino. “Anzitutto il 15% dei beni individuati avranno bisogno dell’autorizzazione a vendere del ministero dei beni culturali. Poi dovevamo far fronte alla chiusura del federalismo demaniale. In particolare, il 31 gennaio era il termine per i comuni per far tornare a noi beni che non volevano più. Sono arrivati 843 beni e una quota entrerà nella nostra proposta di vendita. Poi ci sono le irregolarità, le situazioni abusive da sanare, i contratti scaduti. Un lavoro amministrativo fondamentale per rendere concretamente vendibili questi beni. Ma io sono abituato a lavorare e a stare sul pezzo amministrativo”.

E i comuni non giocano un ruolo fondamentale quando c’è da fare un mutamento di destinazione d’uso? “Certo, è così, ma quest’anno ci è venuta in aiuto la legge di bilancio che prevede premialità, fra il 5 e il 15%, per i comuni che collaborano e ci aiutano. Ovviamente per i beni più importanti questa collaborazione è decisiva anche per valorizzare l’immobile”.

Non trova ci fosse sul ‘tema vendita’ una non volontà di mettere sul mercato dei beni demaniali? “Diciamo che al Demanio non ho trovato una cultura della vendita. Ed è quella che voglio portare”. Ma a chi vendere e come? “Io dico che ora il Demanio deve mettersi a vendere. Sia chiaro: come vendere lo decide un decreto del Presidente del Consiglio e noi ci atterremo a quello. Però noi faremo le nostre proposte, avanzeremo delle idee, non staremo qui ad aspettare”. Quali sono queste idee? “Mi sto muovendo per fare una convenzione con il Notariato, per promuovere aste online. Voglio fare una clusterizzazione del patrimonio, classificare cosa è turismo, cosa è grandi complessi, per capire dove si può andare”.

 

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